Venti curiosità sugli Australian Open

Australian Open

Venti curiosità sugli Australian Open

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TENNIS – Fatti e aneddoti che hanno segnato la storia degli Australian Open: le lacrime di due campionissimi, un tetto per molti usi, premi simbolici e molto altro nella storia dell’Happy Slam. Daniele Vallotto

1. Gli Australian Open non fanno fare le ore piccole solo agli europei, costretti ad alzarsi ad orari improponibili. Nel 2008 il pubblico della Rod Laver Arena stette alzato fino alle 4:34 del mattino per vedere la maratona tra Lleyton Hewitt e Marcos Baghdatis. Il match era cominciato tardissimo (alle 23:47) e i due tennisti ci misero del loro, lottando per quasi cinque ore. Alla fine Hewitt ebbe la meglio con il punteggio di 4-6, 7-5, 7-5, 6-7 (4), 6-3 e pagò cornetto e cappuccino a tutto lo stadio. Qui gli highlights del match.

2. A proposito di maratone, la finale del 2012 verrà ricordata a lungo proprio perché a lungo ha tenuto sulle spine i tifosi dei rispettivi tennisti. È la partita più lunga della storia del torneo e la finale Slam più lunga di sempre. Una lotta senza eguali. L’immagine di copertina è quella di Djokovic e Nadal incapaci di stare in piedi durante le premiazioni.
Qui gli highlights. Un bel respiro prima di cliccare, si sta parecchio in apnea.

3. Non essere aggiornati sul regolamento a volte può essere fatale. John McEnroe, nel 1990, si fece squalificare dal torneo per aver commesso tre violazioni. La terza gli fu fatale e l’americano, che non sapeva del cambio di regolamento (fino all’anno prima erano necessarie quattro violazioni per la squalifica) diventò il primo a lasciare un torneo dello Slam per squalifica dal 1963. La prima violazione arriva nel quarto set. McEnroe sta giocando il quarto turno contro Mikael Pernfors, che casualmente è nato proprio nel 1963. Avanti due set a uno Mac al cambiocampo fissò per alcuni secondi facendo rimbalzare la pallina un giudice di linea che secondo lui aveva sbagliato la chiamata. Gerry Armstrong lo ammonì per condotta antisportiva. Il secondo arriva poco dopo, sul 4-2 del quarto a favore di Pernfors. L’americano sbaglia due dritti e sfoga tutta la sua rabbia sulla racchetta. Armstrong chiama la seconda violazione, facendo infuriare l’americano. McEnroe chiama in causa anche il direttore del torneo Ken Farrar, la cui diplomazia non servì a placare la furia dello statunitense. I ripetuti insulti all’arbitro costarono a Mac il match perché poco dopo l’arbitro pronunciava le parole: “Default, Mr McEnroe. Game, set and match” mentre un incredulo McEnroe stava in piedi, le mani ai fianchi, sommerso dai fischi. In conferenza stampa John dichiarò di non essere a conoscenza dell’avvenuto cambio di regola.

4. È lo Slam delle lacrime, l’Australian Open. Quelle commoventi di Pete Sampras, nel 1995, per esempio. L’americano era sotto di due set contro Jim Courier ma era riuscito a recuperare e a portare il match al quinto set. La rimonta stava esaltando il pubblico tant’è che un tifoso cercò di dare una motivazione extra a Pete urlandogli: “Fallo per il tuo allenatore, Pete”. Parlava di Tim Gullikson, appena tornato negli Stati Uniti per seri problemi di salute. Pete non resse all’emozione e scoppiò a piangere. Mescolando lacrime ed ace Pistol Pete completò la rimonta.

5. Emulando uno dei suoi idoli, anche Roger Federer ha mostrato il suo lato più debole agli Australian Open. Nel 2006, dopo aver vinto il secondo titolo a Melbourne, si fece tradire dall’emozione e quando Rod Laver lo premiò non trattenne le lacrime. “Spero che tu capisca che significato abbia per me. Penso che stia venendo fuori tutto adesso. Ho dovuto affrontare dei discorsi difficili nella mia vita ma questo è davvero tosto!”.

6. Ma nel 2006 la vera star fu Marcos Baghdatis, idolo di casa pur essendo cipriota. La comunità cipriota è molto folta in Australia e i rumorosi tifosi di Baghdatis si fanno spesso notare durante lo Slam australiano. Quello fu un anno speciale per Marcos, capace di arrivare fino in finale contro Roger Federer e di vincere il set di apertura. Un ristorante greco di Melbourne, lo Stalactites, decise allora di rinominare il suo souvlaki che da allora è ufficialmente conosciuto con il nome “Baghdatis”.

7. Ora il nome è “Australian Open, the Grand Slam of Asia/Pacific” ma ad inizio ‘900 l’Asia faceva parte integrante del nome del torneo, che si chiamava, appunto, “Australasian Open”.

8. Jim Courier vinse il primo dei suoi due titoli australiani nel 1992. Tre giorni prima della finale, mentre stava correndo con il suo coach Brad Stine sulle sponde del fiume Yarra, Stine disse a Courier che avrebbe saltato nello Yarra se avesse vinto il titolo. Courier disse che l’avrebbe seguito e dopo aver battuto Edberg mantenne la promessa e si tuffò con Stine, nonostante i quotidiani parlassero da giorni delle condizioni poco salubri del fiume. Qui il video del coraggioso tuffo.

9. Il 1976 verrà ricordato come l’anno della vittoria da parte del giocatore con la classifica più bassa. Mark Edmonson, che di professione puliva finestre e pavimenti di un ospedale, fu uno degli ultimi ammessi agli Open di quell’anno. Il numero 212 del mondo sconfisse a sorpresa anche John Newcombe, in finale, e rimane per ora l’ultimo australiano ad aver vinto la Norman Brookes Challenge Cup.

10. Nonostante la fama di “Happy Slam” gli Australian Open sono stato teatro di vere e proprie risse. La più famosa di tutte avvenne nel 2007, al Garden Square, dove le famiglie serbe e croate stavano tranquillamente guardando i match della giornata sui prati. Improvvisamente si scatenò una lotta che dovette essere sedata dalla polizia. Il portavoce dichiarò che i fan erano stati allontanati per “condotta non familiare” (un-family like behaviour).

11. La finale femminile del 2002 vide fronteggiarsi Jennifer Capriati e Martina Hingis. Ma le due contendenti non dovettero fare i conti solo con l’avversaria perché il caldo quasi insopportabile di Melbourne dette il peggio di sé in quel giorno. La temperatura nello stadio arrivò fino a 46 gradi e tra il secondo e il terzo set ci fu bisogno di una pausa di dieci minuti per permettere alle giocatrici di refrigerarsi e reidratarsi. Alla fine quella che seppe gestire meglio il calore fu la statunitense mentre a Martina Hingis rimarranno i rimorsi di un vantaggio cospicuo (6-4 4-0) e di quattro match point non sfruttati.

12.Bullshit” aveva elegantemente detto Marat Safin riguardo alla sua fama da playboy. Nell’anno della finale Capriati-Hingis il russo raggiunse la finale contro Thomas Johansson e ci tenne a smentire quelle voci. Nel suo angolo c’erano tre ragazze bionde, passate alla storia come “Safinettes” di cui si era chiacchierato molto durante il torneo. Nonostante fosse nettamente favorito contro Joachim Johansson il russo perse e quando pronunciò il discorso a fine partita ringraziò la sua famiglia, rivolgendosi alle tre ragazze. I più maliziosi le incolparono della prestazione incolore del russo in finale. Com’era? Chiamarsi Marat senza apparenti meriti sportivi?

13. Nel 2003 la quarantesettenne Martina Navratilova raggiunse Melbourne da Sydney in macchina (le città distano più di 800 kilometri). Il motivo? “Perché ho un cane e per qualche atroce motivo in questo motivo non permettono agli animale di stare in cabina”.

14. Martina, d’altronde, è sempre stata vicina agli animali tanto da scrivere nel 2005 una lettera al primo ministro australiano sulla pratica del mulesing (un po’ di wikipedia non fa mai male). Navratilova la definiva una pratica “moralmente scorretta” e Margaret Court Smith la invitò nella sua fattoria: “Penso che non abbia ben chiaro qual è il problema. La gente di città generalmente non capisce il problema dei mosconi della carne”.

15. I capelli di un iper-patriottico Zack Fleishman agli Australian Open 2007. Commento non necessario.

16. Si dice che nel 1954 il presidente della Lawn Tennis Association of Australia, Charles “Big Bill” Edwards (un omone alto un metro e novanta e che pesava 130 chili) arrivò allo stadio dopo un pranzo con amici e, irritato dalla presenza di un match di semifinale del tabellone femminile, nel bel mezzo della partita fece spostare le povere contendenti in un altro campo. Roba che avrebbe riempito gli editoriali di Concita De Gregorio per un paio di mesi.

17. In quella stessa edizione la vincitrice del torneo femminile, Mervyn Rose, si lamentò del fatto che commetteva troppi errori al servizio sempre dalla stessa parte del campo. Dopo un controllo effettuato dai giornalisti ci si accorse che il rettangolo del servizio era 50 centimetri più corto!

18. Il prize money totale di quest’anno agli Australian Open è pari a $33,000,000. A ciascun vincitore andranno $2,650,000, l’equivalente di circa 200.000 ombrelli. Perché questa precisazione? Perché negli anni ’50 il premio per il vincitore era un ombrello e un servizio da tè.

19. Melbourne non è solo caldo torrido. Nel 1995 un nubifragio impose la chiusura del tetto durante il match tra Andre Agassi e Aaron Krickstein. Tetto o non tetto, l’acqua entrò comunque: il sistema di drenaggio andò infatti fuori uso poco dopo la vittoria di Agassi e in breve tempo il campo centrale di Flinders Park divenne il palco di uno show interpretato dalla coppia di doppio Natasha Zvereva e Gigi Fernandez che doveva scendere in campo. Bisogna anche sapersi reinventare, dopo tutto.

20. Il tetto, però, non viene utilizzato solo contro la pioggia. Durante la finale femminile del 2003 tra le sorelle Williams, il caldo asfissiante spinse gli organizzatori a chiuderlo per concedere respiro alle due finaliste.

 

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