(S)punti tecnici: Miami, secondo turno

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(S)punti tecnici: Miami, secondo turno

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TENNIS – Nella seconda puntata della nostra rubrica tecnica analizziamo il servizio anomalo di Alexandr Dolgopolov e le ragioni della crisi del tennis statunitense. lucabaldi

Il mulinello (ultraveloce) del servizio di Alexandr

In occasione della sua vittoria contro Rafael Nadal, a Indian Wells, ci eravamo soffermati sull’efficacia e la duttilità del dritto di Alexandr Dolgopolov.
Grazie alla velocità di braccio (o meglio, capacità di accelerazione del braccio) assolutamente fuori dal comune, l‘ucraino è in grado di ottenere traiettorie e variazioni di rotazione letali anche con il servizio.

Il caricamento delle gambe, la rotazione e l’ingresso della spalla, lo swing che segue una perfetta “trophy position”, e il follow-through, sono tutti movimenti ottimi e standardizzati, se osservati e analizzati separatamente. Nulla di diverso dalle esecuzioni “normali” della gran parte dei suoi colleghi.

Quello che rende unico il servizio di Alexandr è il ritmo con cui esegue tali movimenti, in particolare l’anticipo con cui entra sulla palla con la testa della racchetta, velocizzando il mulinello finale e la pronazione polso/avambraccio, e aggredendo il colpo in modo contemporaneamente strappato e improvviso.

Il lancio di palla, seppure corretto e nei limiti, è piuttosto basso, ma l’anticipo con cui Dolgopolov accelera il movimento a colpire impattando nel preciso istante in cui la palla stessa termina la fase ascendente, e a volte addirittura ancora mentre sale, compensa il minore spazio che il braccio-racchetta ha a disposizione per entrare sviluppando il mulinello.

In passato ci sono stati diversi esempi di servizi a “lancio di palla basso” (che non significa assolutamente “punto di impatto basso”, attenzione!) compensati da mulinelli a colpire maggiormente anticipati, il primo e probabilmente più famoso era quello di Roscoe Tanner, poi la grande “scuola croata” che ha prodotto Ivanisevic e Ljubicic, e ricordiamo con piacere anche i nostri Paolo Canè e Diego Nargiso.

A patto di essere in grado di controllare un ritmo del movimento a colpire tanto sincopato e rapido, con questo tipo di esecuzione si producono grandi velocità, e soprattutto si danno pochissime possibilità di lettura, e conseguente anticipo nella risposta, agli avversari. Gesto tecnico estremo, difficile, delicato e soggetto a cali di rendimento se non si è al massimo, ma che se entra con continuità può letteralmente nascondere la palla a chi si trova a fronteggiarlo.

Alexandr, per di più, grazie alla incredibile capacità di flettere il polso violentemente ma senza perdere precisione, da questo servizio ottiene una rotazione in kick della seconda palla semplicemente assurda, con rimbalzi tanto alti ed esterni da poter essere paragonati a quelli prodotti da gente come Karlovic o Isner, pur essendo l’ucraino alto solo 1.80.

Nel quarto game del match contro Nieminen, Alexandr ha piazzato un ace esterno da sinistra, con la seconda in kick, che ha superato in altezza l’allungo massimo (con il dritto, Jarkko è mancino!) dell’avversario. Statistiche finali della partita, 77% di realizzazione con la seconda palla, contro uno che da buon doppista non risponde male per nulla.
Pazzesco.

La leggerezza di Donald e Ryan

Il tennis americano, purtroppo, sta attraversando un pessimo periodo in particolare pensando alle prospettive future. “Long John” Isner a parte, non si vedono giovani in grado di essere competitivi a livelli davvero alti.

Gli ultimi due yankee in tabellone a Miami (oltre a Isner) sono stati sconfitti ieri senza attenuanti. L’ex promessa Donald Young, opposto proprio a “Long John”, ha dimostrato tutti i suoi limiti di pesantezza di palla, e di incapacità di sfruttare le occasioni. Perchè se ti trovi davanti un Isner decisamente non al meglio, e che si fa brekkare una volta a set, in qualche modo la devi portare a casa. Certo, Donald ha qualche buon angolo mancino, si muove bene, ma non ha un colpo uno che faccia davvero male, e in assenza di un’arma affidabile o di uno schema efficace e consolidato, nei momenti difficili va in crisi e non concretizza nemmeno i regali avversari.

Ryan Harrison, rispetto a Young, ha una palla più pesante, classico americano da cemento servizio-dritto, ma non ha la minima varietà di colpi o schemi, fa davvero sempre e solo la stessa cosa, e di conseguenza a certi livelli diventa leggibile e poco pericoloso.
Il suo avversario Benjamin Becker, entrato da lucky loser, ha 32 anni, è 93 del mondo, al massimo è stato nei 40, ha esperienza ma non è un fenomeno, insomma un avversario decisamente favorevole per un secondo turno in un Masters 1000. E invece, alla fine di un match pieno di errori e di alti e bassi, Harrison si è fatto sorprendere al tie-break decisivo.

Temo che, dopo Andy Roddick, il prossimo top-player “Born in the USA” rischieremo di attenderlo a lungo. Peccato.

One-Handed Backhand appreciation corner

Per ora, niente male.

I Guerrieri della Luce a una mano si presentano al terzo turno del tabellone maschile in nove, e va sottolineata la sorprendente prestazione della Brigata Iberica, forte di ben quattro rappresentanti: Feliciano Lopez, il ritrovato Nico Almagro, Tommy Robredo e Guillermo Garcia-Lopez.

Perdiamo Dominic “Dominator” Thiem, Horacio Zeballos, e per ririro l’Highlander Teutonico Haas, ma almeno al posto dell’Eroe infortunato accogliamo con piacere lo Scudiero Serbo Dusan Lajovic.

Ma attendendo le imprese delle Leggende Rossocrociate Roger e Stan, dell’Apprendista Bulgaro Grigor, e del Cavaliere Transalpino Richard, trepideremo soprattutto per le sorti della nostra prediletta Carla Suarez Navarro, attesa dalla Nemesi Bimane Kanepi.

Vamos, Carlita, sei l’Ultima Speranza tra le donne, dopo di te, solo il buio e la barbarie.

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Indice della rubrica:

Miami, primo turno

 

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