La grande sfida Nadal - Djokovic, la terra aspetta il suo principe (Crivelli, Valenti); Il fattore F (Martucci); Che batosta contro Borg! Ma con Panatta ho vinto (Bertolucci); Il torneo «italiano» (Mariantoni)

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La grande sfida Nadal – Djokovic, la terra aspetta il suo principe (Crivelli, Valenti); Il fattore F (Martucci); Che batosta contro Borg! Ma con Panatta ho vinto (Bertolucci); Il torneo «italiano» (Mariantoni)

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A cura di Davide Uccella

La grande sfida. Nadal – Djokovic La terra aspetta il suo principe (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 12-04-2014)

Montecarlo chiama solo la nobiltà. Sarà per questo che in tre incroci nel Principato, Nadal e Djokovic si sono affrontati unicamente in finale, con due vittorie dello spagnolo (2009 e 2012) e una del serbo l’anno scorso. Nole, dunque, si presenta al Country Club da campione in carica ma soprattutto come l’uomo che è riuscito a interrompere il dominio di Rafa sulla terra magica della Costa Azzurra, otto successi consecutivi dal 2005. Un motivo in più per rinfocolare una rivalità divenuta sentitissima, la più giocata nella storia del tennis (40 volte, 22-18 per il maiorchino il computo delle sfide dirette).

Stimoli I loro faccia a faccia, del resto, ormai non sono più semplici partite, ma battaglie per la supremazia totale, una lotta per il trono del mondo. Curiosamente, quando uno sta davanti in classifica, l’altro appare ultrastimolato, e questo è il segno dei campionissimi: nel 2013, nella fantastica cavalcata dopo il ritorno dall’infortunio, Nadal ha perso contro Novak a Montecarlo, ma poi lo ha battuto in semifinale al Roland Garros e a Montreal e in finale agli Us Open, scalzandolo dal primo posto. Da numero due, Djokovic non ha più avuto pietà, vincendo gli ultimi tre confronti, le finali di Pechino e del Masters a fine anno scorso e di Miami quest’anno. Ora il rosso, cioè il giardino di Rafa e l’amante sempre corteggiato dal serbo, può fare chiarezza sulle gerarchie, soprattutto se Djokovic riuscirà finalmente ad imporsi a Parigi, l’unico Slam che gli manca.

Il torneo di casa Montecarlo è un torneo particolare per entrambi, e non soltanto perché è il primo a proporre la superficie più classica insieme all’erba: per loro, è come giocarlo in casa. Ecco Nadal: «Quando ero piccolo, questo è il primo torneo che ho sognato di vincere, vedevo il campo e il mare dietro e mi dicevo che sarebbe stato fantastico alzare una coppa in quel contesto. Ci sono riuscito otto volte e il pubblico mi ha adottato, questo è il mio palcoscenico perferito». La replica di Nole: «Io abito a Montecarlo, qui mi alleno quando non sono in giro per il mondo, questo è il mio Club, vincere su questi campi è qualcosa di impagabile». Una stagione sulla terra che sboccia, un confronto tra titani aspro e dalle sfumature leggendarie che prende nuova linfa. Tanto che Djokovic riconosce come certi lazzi non siano più ammessi: «In molti mi chiedono di fare ancora l’imitazione di Rafa, ma non è più il tempo per queste cose: la prima volta hanno riso tutti, anche lui, adesso non succederebbe più». Lo ammette anche il figlio di Manacor: «Quando ci troviamo uno di fronte all’altro, il match è fra il numero uno e il numero due del mondo, ognuno va oltre i suoi limiti per cercare di superare l’altro, la vittoria è l’unica cosa che conta». C’è la curiosità di capire quali consigli potrà suggerire al serbo coach Becker, che ha sempre avuto un rapporto conflittuale con il rosso (non è mai riuscito a vincere un torneo sulla superficie). Il secondo giocatore del mondo è sereno: «Boris è stato un numero uno e capisce le situazioni che debbo affrontare sul campo. E poi c’è anche Vajda, che è più di un coach, è un amico a cui posso raccontare i problemi della vita privata, perché questo influenza poi il rendimento». A voi, giganti.

Il fattore F contro Nole e Rafa Quale sarà il numero giusto? (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 12-04-2014)

Domenica Murray, ieri Djokovic e oggi Nadal. Dopo aver domato, in Davis a Napoli, il suo primo Fab Four, Fabio Fognini ha testato se stesso, in allenamento, contro i primi due del mondo, favoriti anche al torneo di Montecarlo al via domani. «Il prossimo sarà Roger, magari in partita», ridacchia il ligure, dopo il primo assaggio della terra nobile del Principato. «Qui mi piacciono soprattutto le palle, che volano, il campo dei Principi è il mio preferito. La superficie? Vedremo che succede col tempo. Queste condizioni mi piacciono: sono molto vicino alla mia Taggia». E sorride ancora, senza curarsi dei riflettori. Che sono puntati sui soliti due, i primi della classe, Rafa Nadal, campione ininterrotto dal 2005, stoppato in finale 12 mesi fa proprio dal rivale diretto, Novak Djokovic, ma che scrutano curiosi gli ultimi invitati, proprio l’italiano, semifinalista l’anno scorso, e Roger Fe-derer, di ritorno al Country Club dopo i quarti 2011, con una wild card. Alla roulette di Montecarlo usciranno i loro numeri, il 13 e il 4, della classifica?

Terralolo RogerExpress rispunta a braccetto della ritrovata salute (leggi schiena) e dei risultati (leggi semifinali Melbourne, finale Indian Wells e Doha, vittoria Dubai 2014). E, a legger bene, a dispetto degli appena 10 titoli sulla superficie, 78 totali, non è la terra ad andargli di traverso, quanto Rafa. Conteggiando solo le finali, infatti, se non avesse incrociato il diavolo di Maiorca, oggi Federer potrebbe aggiungere almeno altri quattro sigilli al Roland Garros, tre a Monte-carlo, due a Roma, uno ad Amburgo e uno a Madrid. Da parte sua, il ligure vola da luglio, sulla scia dei due successi nelle tre finali in tre settimane, Stoccarda-Amburgo-Umago: quest’anno è stato protagonista in Cile e a Napoli in Davis, ha vinto Vina del Mar ed è arrivato in finale a Baires, con 14 sì e appena 2 no sulla terra rossa.

Equilibrio «Ormai non ho più bisogno di vincere partite di tennis per essere felice, ho trovato il mio equilibrio», recita serafico il re dei re, Federer, che sta per ridiventare padre. «Solo dopo Basilea, mi sono accorto che il mio corpo era tornato in forma e potevo giocare tre tornei di fila». Le semifinali di Davis, il 12-14 settembre contro l’Italia, gli fanno rialzare la testa: «E’ l’anno perfetto per vincere la Coppa. Dopo gli Us Open è dura viaggiare ancora fuori dall’Europa, stavolta torneremo a casa». L’obiettivo è il solito: «Vincere un altro Slam. Le mie possibilità al Roland Garros non sono così piccole, anche se le sento maggiori a Wimbledon e Us Open. Ho già battuto Djokovic, a Dubai, mentre con Rafa è diverso perché ho sempre trovato difficile giocarci contro».

Souvenir Fabio ricorda poco di quando, bambino, veniva al torneo di Montecarlo. «Il mercoledì, mamma comprava il biglietto sempre quel giorno. Ma ci venivo anche col pulman del circolo. Per tanto tempo è stato il torneo più importante: Roma era troppo lontana. Poi ci sono venuto con Andrea Gaudenzi, che mi chiamava a palleggiare con lui, quando giocava, e poi è diventato il mio manager». Il costato, colpito da un’auto-racchettata di dritto, sta guarendo: «Mi pizzica quando starnutisco». I big gli fanno sempre un po’ paura: «Meglio giocare con Rafa e Murray, ti distruggono ma in altra maniera, mentalmente sai che ci puoi giocare. Roger e Djokovic, invece, ti tolgono il tempo, è peggio». Ma lo spirito è quello giusto: «Guastafeste io? Ci proviamo. Se riesco ad esprimere il mio livello di gioco». Perciò coach José Perlas lo fa studiare coi primi della classe.

La sfida infinita dei soliti noti (Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport, 12-04-2014)

La terra rossa ricomincia da Montecarlo con la solita coppia Djokovic-Nadal. I possibili guastafeste non mancano ma tutto lascia pensare che alla fine sarà sempre un loro testa a decidere il torneo. Il serbo porta ancora i galloni dell’anno passato quando in finale negò a Rafa la nona vittoria consecutiva. I! Principato è materialmente casa sua e anche per questo cerca di fare sempre bella figura. Arriva di corsa dal cemento americano dove ha centrato il bersaglio sia a Indian Wells che a Miami. E’ in forma, da una settimana si allena con vigore sui campi che ospitano uno dei tornei più belli del circuito e sembra aver già assorbito il jet lag del cambio di superficie. Sa bene Nole che non sarà facile. Il rivale spagnolo porta nel borsone assieme alle racchette tanta voglia di rivincita. Poco gli importa che comunque vada resterà serenamente inchiodato sul trono di numero uno del mondo. Nadal tenterà di mettere una pezza al passo falso del 2013 per raggiungere un altro traguardo storico della sua incredibile carriera. Essere l’unico giocatore della storia del tennis open a far suo per nove volte un torneo del circuito mondiale. Il primo successo risale al 2005: da li è partita una striscia che si è arrestata solo nel 2013. Non è tutto: Rafa ha una tale confidenza con questa terra rossa che in quattro occasioni ha vinto senza perdere neppure un set. C’è poi un altro fattore, più personale. Il maiorchino è a caccia di un segnale forte per se stesso. L’astinenza da grande vittoria dura ormai dagli Us Open del settembre scorso. Troppo tempo per uno come lui.

Volée di rovescio – Che batosta contro Borg! Ma con Panatta ho vinto (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport, 12-04-2014)

Da sempre il torneo di Montecarlo inaugura !’annuale campagna europea sulla terra battuta. Molti tennisti, reduci dal cemento americano e dagli impegni in coppa Davis, affrontano il rosso dopo molti mesi di assenza. Gli amanti del veloce quasi sempre disertano questa prova, ma gli specialisti della terra si radunano in forze e l’albo d’oro della manifestazione è pieno di nomi che hanno fatto la storia di questo sport. I giocatori che prediligono i recuperi, i lunghi scambi e i cambi di ritmo adorano la prova del Country club per la meravigliosa e impagabile location, per la perfetta organizzazione, per il fascino degli eventi collaterali e per la familiarità con la struttura che spesso li vede protagonisti negli allenamenti invernali. Per gli italiani, vuoi per la vicinanza con il confine,vuoi per il richiamo del Principato, vuoi per la possibilità di toccare quasi con mano i tennisti, il torneo ha da sempre assunto un ruolo importante, secondo solo al Foro Italico. Anch’io e non potrebbe essere altrimenti, sono molto legato a Montecarlo. Sono tre gli avvenimenti che mi tornano sempre in mente quando salgo i gradini che conducono alla club house. Il primo riguarda la lapide di marmo che ricorda la vittoria in doppio con Adriano, Panatta, ottenuta contro la coppia americana McEnroeGerulaitisne11980, uno dei successi più prestigiosi della nostra carriera. Il secondo, non in ordine di tempo, ma di gradimento, come atleta, mi aveva visto coinvolto (nel 1979, a fine carriera, almeno come singolarista di livello, ma non è una scusante) in un terribile frontale sul campo centrale contro quel diavolo di Bjorn Borg. La memoria in questi casi è spesso labile, ma se non ricordo male, raccattaipochipunti. Dico punti, non giochi. Perché quello fu solo uno. Capii in quel frangente che ero ormai molto vicino ad appendere la racchetta al chiodo. Dopo l’esperienza da tecnico, optai per un comodo (non sempre) sgabello e una cuffia in testa per commentare agli sportivi italiani le gesta dei loro idoli. Esi arriva al terzo indelebile ricordo. Seduto in cabina di commento in un freddo, tardo, pomeriggio, sotto le luci dei riflettori, ho assistito all’esplosione della stella nascente di Rafa Nadal che all’esordio tra i big collezionò il primo scalpo battendo il campione in carica del Roland Garros, Albert Costa. Manca un solo avvenimento per chiudere il cerchio e per legarmi ancor di più a Montecarlo: la possibilità di vedere un giocatore italiano alzare le braccia al cielo e ricevere il trofeo dalle mani del Principe Alberto. Perché i tre successi di Nicola Pietrangeli non li vidi. Non sono un giovincello, magari il mio desiderio sarà accontentato da Fabio Fognini che ha mezzi e qualità sulla terra per annodare e confezionare il fiocco finale.

Il torneo «italiano» Quante emozioni! (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 12-04-2014)

A Montecarlo i tennisti italiani hanno sempre respirato un’aria speciale, a metà tra quella di casa e quella surreale delle vacanze. Come se la Costa Azzurra fosse un luogo fuori dalla realtà e avesse la capacità di togliere la pressione che gli azzurri accusano immancabilmente al Foro Italico o al Roland Garros.

II Conte e Nicola Sulle terrazze del Country Club gli italiani hanno ottenuto il primo riconoscimento internazionale grazie al conte Giovanni Balbi di Robecco, campione nel 1922; successo bissato nel 1935 da Giovannino Palmieri. Nicola Pie-trangeli, negli anni 60, dopo le 2 affermazioni agli Internazionali e le 2 al Roland Garros, è riuscito a firmare uno strepitoso tris ¡Film Dal grande Nicola a Fognini, quel legame speciale con il Country Club 37 Gli anni dall’ultina Nel 1977 l’ultima finale con un Italiano: Barazzutti perde da Borg 6-3 7-5 6-0 divertendo la famiglia Reale al gran completo. Sfugge alla regola monegasca, che fa del torneo il trampolino di lancio di tutti i più forti azzurri, solo Adriano Panatta, re di Roma e di Parigi, ma con una sola semifinale e cinque quarti di forale a Monte Carlo.

Corrado Barazzutti nel 1977 gioca la finale più importante della carriera, perdendo dall’impossibile Bjorn Borg, ma cominciando lentamente quella scalata che lo porterà in semifinale a Forest Hills 1977 e Parigi 1978. Francesco Cancellotti nel 1985 annienta lo svedese Joakim Nystrom, poi finisce la corsa in bocca a Ivan Lendl e a ridosso dei primi 20 del mondo. Tre anni dopo, nel 1988, è la volta di Claudio Pistolesi che arriva nel Principato da n 154 e va via da n 82 grazie alle vittorie su Peter Lundgren, Aaron Krickstein, ma – soprattutto Mats Wilander numero 2, e capace in quella stagione di portarsi a casa 3 Slam.

Ultimi fuochi Il faentino Andrea Gaudenzi nel 1994 batte Richard Krajicek e lotta alla pari con Jim Courier. Poi l’anno seguente gioca il torneo della vita infilando con la baionetta — oltre a David Rild — tre vincitori di Slam come Korda, Kafelnikov e Bruguera. Nel 2003 il livornese Filippo Volandri si presenta da n. 131; ma a forza di sbracciate di dritto mette in fila Stepanek, Naldandian (12) e Norman, cedendo poi nei quarti per stanchezza al modesto Spadea; quarti per Volandri anche nel 2005 (Ferrero). Infine Fabio Fognini: nel 2009, dalle quali (n. 108) ai quarti, persi con Murray e poi cozzese la semi dell’anno scorso.

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