Ecco Wawrinka il cacciatore di numeri uno (Martucci), Wawrinka ha carattere e tecnica per dar fastidio a Djokovic e Nadal (Bertolucci), L'allievo uguale al maestro (Clerici), Stan, ritmo da numero 1 (Clemente)

Rassegna stampa

Ecco Wawrinka il cacciatore di numeri uno (Martucci), Wawrinka ha carattere e tecnica per dar fastidio a Djokovic e Nadal (Bertolucci), L’allievo uguale al maestro (Clerici), Stan, ritmo da numero 1 (Clemente)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Ecco Wawrinka il cacciatore di numeri uno

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 22.04.2014

 

Macché Country Club mozzafiato. Macché deliziosi rovesci a una mano, classici, tanto lontani dai primi due del mondo coi cerotti, Rafa Nadal e Novak Djokovic. I francesi sono attoniti: con l’impresa di Montecarlo, la somma dei punti in classifica dei Tre Moschettieri, Gasquet, Tsonga e Monfils, 6495 punti, è inferiore alla dotazione dello svizzero francese Stanislas Wawrinka da solo (6580). E nella Race, la classifica a punti stagionale, il guastafeste dei Fab Four è primo, con 500 punti di vantaggio su Djokovic e 600 su Federer, con lo squadrone svizzero, il «fattore S», che fa paura al tennis in proiezione Roland Garros. Ma anche all’italia, in proiezione semifinali di coppa Davis del 12-14 settembre in casa elvetica. Cosi come ai big: quest’anno, «Stanimal» ha il 100% di realizzazione contro i «top ten»: agli Australian Open, ha battuto Berdych, Djokovic e Nadal, a Montecarlo, ha superato Raonic, Ferrer e Federer. Strada facendo, dal primo Slam, vinto sul cemento di Melbourne, al primo Masters 1000, sulla terra di Montecarlo, è inciampato su Anderson a Indian Wells, Dolgopolov a Miami e Golubev in Davis: «Ho giocato due tornei così così». Confermando l’obiettivo grandi appuntamenti. Sponsor Il più attonito è lui, l’ex brutto anatroccolo Wawrinka, dopo aver abbattuto Federer, col secondo successo in 15 sfide, da Montecarlo 2009 a Montecarlo 2014: «So che, se sto bene fisicamente, sono pronto a combattere con tutti e batterli, per primo me stesso. Ma non m’aspettavo di superare già questo test e di vincere subito un altro grande torneo: sapevo che stavo giocando bene, ma il tabellone era cosa forte… La Davis mi ha dato la spinta giusta, anche se i primi due giorni in nazionale sono stati duri, vincere domenica, per la mia testa, è stato importantissimo». Solo il grande sponsor di Stan, Roger Federer, non è attonito: «E’ una di quelle finali che avrei dovuto vincere, ma mi sono sentito stanco, magari anche per i match prima sul cemento, mentre Stan è stato sempre più forte, ha preso le opportunità, che è la chiave nella carriera di un tennista. Ho sempre saputo che aveva grandi potenzialità». Alla prima finale Masters 1000 tutta svizzera, la seconda Atp Tour dopo Marsiglia 2000 — entrambe perse da Federer —, mancavano i nocchieri svedesi del Dream Team elvetico. Ma la mano di Magnus Norman s’è vista, eccome. Wawrinka ha tranciato il campo come sempre con sciabolate risolutive di dritto e di rovescio, e con servizi oltre i 210 all’ora, e ha dimostrato di saper uscire al momento giusto dalla trincea di fondocampo: «Roger ha la capacità di variare tanto il ritmo e il gioco, ma quand’è stato il momento, nel tie-break, sono andato a prendermi i punti, sono stato aggressivo. Sono sul punto di abbattere tutte le barriere: non il numero 1 del mondo, perché dovrei vincere tutti i tornei, e nemmeno i Fab Four perché non posso paragonarmi a loro. Ma non mi sorprendo della terra rossa: è la superficie dove sono nato». Al Roland Garros, ha vinto il titolo juniores, e coach Norman, che l’allena dall’anno scorso, è stato finalista fra i grandi nel 2000, contro Kuerten, che aveva appena battuto sotto il traguardo, a Roma. ….

 

Wawrinka ha carattere e tecnica per dar fastidio a Djokovic e Nadal

Paolo Bertolucci, la gazzetta dello sport del 22.04.2014

 

Frequentava il circuito tennistico da un decennio con buoni risultati ma senza acuti. Quando sembrava destinato a recitare una parte secondaria Stan Wawrinka ha deciso di ribellarsi affidandosi alle cure del miglior coach in circolazione: l’ex n.2 del mondo Magnus Norman. Le qualità dello svizzero, che domenica a Montecarlo ha battuto in finale Federer, erano evidenti fin da quando primeggiava a livello giovanile ma, vuoi per limiti di personalità e di tecnica, vuoi per l’ingombrante presenza del divino Roger, non era riuscito a mettere in mostra con continuità tutto il potenziale. Nell’ultimo anno, risolti i problemi con il dritto ballerino, registrato a dovere il servizio, sgombrata la mente e assunta una posizione più aggressiva sul campo, ha dimostrato di avere una marcia in più. Il fisico da torello ideale sulle lunghe distanze, il sublime rovescio a una mano che mortifica i tentativi di recupero e un tennis di pura pressione, che crea ansia agli avversari, completano le qualità di un giocatore che bussa con prepotenza alla porta dei primi due del ranking. Non si battono Djokovic e Nadal, non si vincono gli Australian Open, non si trionfa sulla morbida terra di Montecarlo, non si occupa la terza casella della classifica ATP senza avere qualità. In poche settimane Wawrinka ha smaltito la sbornia australiana, e in pochi giorni ha digerito il pessimo week end di Coppa Davis dimostrando carattere e spirito di adattamento…..

 

L’allievo uguale al maestro

Gianni Clerici, la repubblica del 22.04.2014

 

Quell ‘allievo che non supera il suo maestro. Leonardo da Vinci non si riferiva certo ad un futuro tennista, ma forse al suo discepolo Gian Giacomo Caprotti, detto Salai, nel pronunciare simile frase. Anche Stanislav Wawrinka e Roger Federer non ne erano a conoscenza, troppo occupati ai tempi delle medie a tracciar parallele alle righe, quelle di un court. Waw, che ormai i più alla moda pronunciano UAU, è riuscito invece a confermare un’affermazione difficilissima da realizzare, per vari motivi. Primo fra tutti, il maestro non viene per solito superato in una pur matura contemporaneità, com’è oggi accaduto con il trentaduenne Federer, ma nei negli ammirati ricordi di vent’anni per non eccedere in considerazioni forse disadatte ad una vicenda sportiva, mi par corretto ricordare che Stan Wawrinka ancora era avvinto al biberon quando il suo connazionale Roger già sconvolgeva le maestre d’asilo nella disinvoltura dei giochi di palla. Quel che di Roger mi ha sempre affascinato, in tante ore spese ad ammirarlo, è stata la sua capacità nello sviluppare un tennis tradizionale in una dissimile contemporaneità. Ho visto tennis trasformarsi da verticale, legato al polo magnetico della rete, in un robotico tran tran orizzontale. Ho ammirato lo splendido gesto del back hand, la mano rovescia atta a lanciare un guanto di sfida, trasformarsi in un movimento da camalli, sollevatori, giusto il termine bimani che son stato costretto a coniare. Nel mezzo di tutto questo Federer è non solo sopravvissuto ma prevalso, riuscendo a far si che spesso, privo di occhiali e da lontano, lo immaginassi ancora armato di una racchetta di legno, invece che di grafite odi metallo. Semi sono diffuso a parlare dello sconfitto, è forse grazie alla memoria del mio amato Leonardo da Vinci, che mi ha consentito il dimenticabilissimo lungo racconto II Sorriso della Gioconda. Stan Wawrinka è stato addirittura capace di seguire le orme di Roger, sinché qualcosa di segretissimo, mescolato ai tre anni in meno di età, ha fatto sì che riuscisse a superarlo. Nel ricadere in un difetto sin troppo spesso praticato, quello di considerare il tennis una sintetica immagine della vita, mi confesso felice di aver visto un Maestro superato da chi più gli somigliava. Non da un muscolatissimo sollevatore di racchette, quali Nadal o Djokovic, dediti tra l’altro a nutrizioni particolari, ma da qualcuno che calligraficamente ne ha ricalcato le composizioni. La distanza oraria tra il match di domenica e la pubblicazione di martedì mi evita, fortunatamente, di scendere in particolari di cronaca, attività ormai preclusa dalla prevalenza di altri mezzi di informazione. Se Federer ha tardato sino al set decisivo nel farsi superare nel suo stesso gioco, ciò è forse dovuto ad una presenza inconscia dell’antica ammirazione in Wawrinka. Pur discesi, solo in parte l’uno e in toto il secondo, da etnie estranee a quelle elvetiche pure, i due son stati allevati nel paese che pur non appartenendo politicamente all’Europa, potrebbe esserne il modello (vero Professor Miglio?). Si son serviti di mirabili scuole pubbliche sportive, e di un agio che ha loro consentito di evitare angosce ad esempio, a quelle di un Djokovic…..

 

Wawrinka, ritmo da n. l

Valentina, Clemente, il corriere dello sport del 22.04.2014

«Sto per abbattere tutte le mie barriere». Stanislas Wawrinka è un ragazzo di poche parole, abbastanza timido, che sembrava doversi accontentare del ruolo di eterno secondo in una carriera con molte ombre e poche luci. Il fato infatti sembrava avergli predestinato un ruolo da comparsa accanto al tennista svizzero che il mondo reputa, quasi all’unanimità, il migliore di tutti i tempi. E forse proprio a causa di questo confronto la sua maturazione ha richiesto un’attesa più lunga del previsto. A oggi peri, e soprattutto in questo 2014, è lui ad incantare le folle. E se Roger Federer è in deciso recupero rispetto al 2013, la stagione di Wawrinka è partita con i fuochi d’artificio grazie al primo titolo Slam in Australia. Ora la fiducia, percepita soprattutto nelle sue parole dopo la vittoria a Montecarlo (primo Masters 1000 in carriera), appare una conquista accertata e il futuro tutto da conquistare. La premesse c’erano tutte, perché già la scorsa stagione i segnali del cambiamento erano sotto gli occhi degli appassionati: il primo squillo fu contro Novak Djokovic in quella semifinale di Slam che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di persone nei quattro angoli del globo. In quella serata australiana infatti, per la prima volta “Stan The Man” stava mostrando al grande pubblico le sue doti tecniche e fece venire più di un brivido grazie ad un rovescio che aveva messo in difficoltà uno dei migliori giocatori al mondo. Wawrinka uscì sconfitto ed esausto da quella battaglia, durata cinque ore e cinque set, ma con la convinzione che in futuro avrebbe potuto far meglio e che tra le sue mani la racchetta gli avrebbe dato più soddisfazioni di quelle che avrebbe immaginato. A raccontare quelle sensazioni indimenticabili, oltre che Stan stesso, ci ha pensato anche Federer, il quale quest’anno più che mai ha ritrovato la giusta sintonia con il connazionale, dopo un periodo di divisione dovuto alla Coppa Davis. Proprio in nome della gara a squadre, i due ora si danno man forte in ogni momento e in quest’ottica Roger ha affermato: «Se mi avessero chiesto due anni fa quante probabilità c’erano che Stan vincesse gli Australian Open, avrei risposto che piuttosto l’avrei visto bene al Roland Garros. Il suo pero è stato un cammino progressivo e con il tempo si è imposto tra i migliori. La sconfitta contro Djokovic è stato il dedick Ha dovuto reagire e piano piano costruire il suo percorso. La vittoria in Australia non è altro che conseguenza logica del suo cammino, dopo la semifinale agli US Open». Esser stato eletto “Svizzero dell’anno; prima della sua consacrazione australiana, è stato per Wawrinka il segnale del definitivo cambio di rotta: da corsa leggera il suo percorso è diventato uno scivolo intriso di emozioni e quello che forse era un ragazzo un po’ scapestrato è diventato con il tempo un uomo con la testa sulle spalle, che sta conquistando anche la maturità sportiva. Nel 2014 ha ottenuto il 100% di vittorie contro i Top Ten e al di là dei passi falsi nei Masters 1000 amen-cani (e quello in Coppa Davis contro Golubev), Wawrinka ha una rotta invidiabile che lo mette al numero 3 della classifica mondiale e all’ 1 nella Race per il Masters di fine anno a Londra. «Sono andato a cercarmi il tie-break nel secondo set – ha affermato dopo la vittoria su Federer – e non ho atteso i suoi errori. So che posso battere i migliori e anche loro lo sanno, quindi il problema non si pone più. Tuttavia sono lontano, a livello di punti e di carriera, dai FabFour (Nadal, Djokovic, Federer e Murray – ndr), ma sono contento di quello che ho costruito e sto costruendo. Non mi sento favorito per il Roland Garros, Rafa ha sempre la precedenza e basteranno le sue prossime vittorie a Madrid e Roma per confermarlo. Voi potete mettermi trai favoriti, ma per me non cambia niente i nomi sono ben altri».

 

 

 

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