Quando il nostro Italian Open si apre soprattutto agli altri

Editoriali del Direttore

Quando il nostro Italian Open si apre soprattutto agli altri

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TENNIS EDITORIALI – Sette italiani nel “maschile” già tutti fuori. Solo Bolelli (con Travaglia) e Seppi, hanno vinto un set. C’è poco da ridere. Roger Federer: “Fui fischiato come Fognini!”. Rafa Nadal: “Sono pronto per Roma, per Parigi c’è tempo”. La brutta scenata di papà Giorgi.

Italian Open? Altro che, davvero Open…Per gli stranieri purtroppo anche un tantino eccessivamente open. I giocatori italiani, almeno nel tabellone maschile, infatti non ci sono più. Desaparecidos. Mai una gioia? Erano sette, ma davvero non magnifici sette, se è vero che l’unico dei sette che aveva superato il primo turno, Bolelli, lo aveva fatto (7-6 al terzo) a spese di un altro italiano, Travaglia. Bolelli, tutto sommato, è quello che se l’è cavata meglio degli altri perchè con Raonic ha avuto anche due setpoint consecutivi sul 6-5, prima di soccombere – ma senza demeritare: nel tiebreak era avanti 4-1 – con il canadese bomb-server ma anche attaccante spesso allo sbaraglio, come chi esce dalla trincea senza l’elmetto (frase il cui copyright appartiene a Rino Tommasi). Bolelli lo ha passato spesso di rovescio. Ma non abbastanza quando sarebbe servito. Non è mai riuscito a strappargli il servizio. Tre palle break costituiscono il suo insufficiente bottino: due erano anche setpoints. Dire che un Simone recuperato vale molto più della sua attuale classifica, n.162, suona banale. Però è vero. Coraggio Simone, ce la farai a tornare su. Anche se i punti importanti bisogna vincerli.

Non vorrei passar da macho, o peggio ancora da “male chauvinist pig”, se dico che ritrovarsi sempre a dover scrivere “meno male che ci sono le donne”, quando si parla di tennis italiano nei tornei che contano, alla fine è sempre più frustrante. Non è il massimo del piacere, insomma. Quegli idioti che ritengono che io possa essere contento se perde Fognini…sono appunto idioti. Alcuni si sono palesati nei commenti ai miei precedenti editoriali. Magari Fabio vincesse di più, magari infrangesse il muro dei top-ten. Ci guadagneremmo tutti noi che viviamo di tennis.

Ci vuol pazienza, con Fognini e con gli idioti. Meno male che dopo l’umido avvio del mattino, sotto le belle spoglie dell’attraente Camila Giorgi, è arrivato al Foro e sul Pietrangeli piacevolmente straboccante di bambini – vi si accede con il biglietto meno caro, il ground – quel venticello stuzzicarello e l’arietta rinfrescante di un successo per nulla scontato. E’ vero che la sua vittima, il peperino biondo slovacco Dominika Cibulkova, finalista all’ultimo Australian Open, non è propriamente a suo agio sulla terra rossa, ma Camila gioca un tennis così esplosivo (e poco riflessivo) che diverte e talvolta addirittura entusiasma (se uno non si arrabbia per i regali che fa quando meno te li aspetti).

Per seguirla il vecchio Centrale delle Statue – ribattezzato prima impropriamente il Pallacorda e poi molto più giustamente il Pietrangeli – era colmo fino all’inverosimile, quasi 4.000 spettatori, molti più di quanti sul centrale hanno sofferto insieme a Sara Errani per le crisi respiratorie che l’hanno attanagliata a metà primo set e la mostravano con il viso abbastanza stravolto quasi sul punto di soffocare (“Non m’era mai successo, non credo fosse una crisi di panico, ma non riuscivo a respirare e la sensazione era bruttissima”). Per fortuna una bella pausa simile a quella che aveva preteso al Roland Garros un anno fa nel mezzo del match contro la Suarez Navarro (“Quella volta mi pareva di avere un coltello infilato nella pancia, una cosa del tutto diversa…”) ha consentito a Sara di riprendersi e dominare alla distanza la sudafricana Scheepers, battuta 7-5, 6-3.

Giorgi (McHale), Pennetta (Bencic), Schiavone (Muguruza) ed Errani (Makarova) sono le ultime quattro “mohicane” che difendono oggi i colori nazionali – ma nessuna sul “centrale” che ospita i big finalmente nella Major Arena, Murray, Federer e Serena Williams di giorno, Nadal di sera – dopo che Roby Vinci ha perso dalla Makarova e sfuggendo così al derby con l’altra Cichi, e che la Burnett non è stata all’altezza della Muguruza, la bella spagnola del…Venezuela (semi-sosia della Ivanovic).

Tornando, per l’ultima volta, ai maschietti di casa nostra, dopo il n.1 Fognini dispiace che sia finito k.o. anche il n.2 Seppi (assai scontento dell’arbitro: mi dicono che non gli abbia voluto stringere la mano e se Andreas arriva ad arrabbiarsi in questo modo deve essere successo qualcosa di serio, per come lo conosco io) e di contorno tutti gli altri ai quali (da Volandri a Lorenzi e Cecchinato) non era nemmeno giusto chiedere chissà quali exploit se fanno fatica a stare nei primi 100 o non ci entrano neanche.

Non vorrei maramaldeggiare, ma solo Seppi ha vinto un set (oltre ai 2 di Bolelli su Travaglia). Un po’ poco, sinceramente per associarsi a chi intona maldestramente peana sulla rinascita del tennis italiano. Magari!

Non vedo l’ora di associarmici anch’io. Ma con più argomenti sostenibili.

E non vedranno l’ora, ne sono certo, anche quegli 8.000 bambini che hanno scorrazzato per il magnifico impianto del Foro Italico: 4 euro a bambino per le convenzioni con le scuole, 200 euro il pacchetto per 50 bambini, questa sì che è stata un’ottima ed intelligente iniziativa promozionale.

In una giornata caratterizzata dall’assenza di clamorose sorprese – e qui ribadisco sia che la sconfitta di Fognini con Rosol per me lo è stata, mentre la vittoria della Giorgi sulla Cibulkova mi ero permesso di anticiparla come più che possibile e quindi non lo è stata – forse i fatti più significativi si sono registrati (è il caso di dire) in sala interviste.

Sala straboccante di giornalisti per Roger Federer, alla prima apparizione pubblica dopo il bi-parto di Mirka e il Grande Slam di gemelli/e. Tutti a chiedere dei neonati, dei problemi logistici che gli cadranno addosso (“In questi anni mi son già allenato con i primi due…”), di quante baby-sitter dovrà assumere (basteranno 4? o ci vorrà il turn-over?) e gestire per portarsi dietro tutta la famiglia al completo fra un paio d’anni se giocherà ancora – Roger non ha espresso alcuna intenzione di smettere, Deo Gratias – e di quando ha finalmente deciso, giovedì scorso, di giocare a Roma. Ho chiesto a Mirka che cosa avrebbe preferito che facessi e quando mi ha detto ‘vai vai a Roma ‘ …ho capito che forse preferiva che io mi togliessi dai piedi!”.

Ben Rothenberg del New York Times ha finalmente interrotto la sequela di domande sui gemelli per chiedere che cosa ne pensasse Roger dei fischi piombati sul malcapitato Fognini il giorno prima. “Non lo sapevo, me lo dite voi adesso. Beh, una volta nel tennis non capitava di venir fischiati, accadeva solo nel calcio…C’erano comprensibilmente molte aspettative per lui…può succedere di sentire molto la pressione e di non riuscire a giocar bene”. Di più non poteva dire.

E quando gli hanno chiesto se a lui fosse mai toccato di uscire dal campo fra i fischi Roger si è ricordato: “Sì, nel 2001. Avevo battuto Sampras a Wimbledon (prima di perdere con Ancic) e dopo Wimbledon andai a Gstaad: persi giocando malissimo, mi pare 63 61, con Ljubicic e gli svizzeri mi fischiarono”.

Insomma, se è capitato a Federer può capitare anche a Fognini no?

Rafa Nadal, che certamente non può avere il morale e la fiducia a mille dopo aver perso da Ferrer, Almagro e quasi anche da Nishikori sulla sua superficie prediletta, non aveva voglia di rispondere alle solite domande dei colleghi francesi sull’importanza di essere a posto per il Roland Garros: “Il Roland Garros è lontano, io voglio essere pronto per Roma, non per Parigi. Non esistono solo gli Slam, anche altri tornei sono importanti”.

Questo leit-motiv Nadal – per la verità – lo ha ripetuto spesso anche in passato. Nihil novi sub sole, solo che gli anni scorsi molti ascoltavano queste sue stesse parole come quelle di chi interpreta “Cicero pro domo sua”.

Vinceva tutto il resto Rafa, Montecarlo, Barcellona, Roma, anno dopo anno, e secondo i maligni lui parlava così per mettere le mani avanti in caso di debacle al Roland Garros.

Ma adesso Rafa dice le stesse cose pur avendo perduto quei tornei che era uso dominare. Pura cortesia verso gli organizzatori del torneo cui sta prendendo parte? Assist all’Atp che sognerebbe per i suoi Master 1000 di accostarsi sempre di più agli Slam?

Non so, ma credo che se una squadra di calcio al completo pensa ad una partita successiva a quella imminente (Champions invece del Campionato o viceversa) immancabilmente la perde. Figurarsi un tennista che, sempre solo in uno sport individuale, si concentrasse su Parigi mentre gioca Roma. Farebbe meglio a non venirci nemmeno, sulle sponde del Tevere.

Il discorso vale per tutti, ovviamente, non solo per Nadal.

Altra scena in sala interviste, ma alla quale però non avrei voluto assistere, quella di papà Giorgi che ha insultato pesantemente un giornalista, Riccardo Bisti. Qualcuno ricorderà che Bisti è stato a lungo un mio vice a Ubitennis. Ma saprà anche che ora lavora per la FIT…come diversi altri miei ex, che forse qui hanno imparato qualcosa. Bisti si è reso reo di aver ripreso come tanti lo scoop di Jon Wertheim e Sports Illustrated che pubblicò all’epoca dell’ultimo US Open tutta una serie di rimostranze e rivendicazioni da parte di presunti creditori ed ex sponsor di Camila Giorgi.

Bisti per la rivista on line di Lorenzo Cazzaniga approfondì la vicenda, appurò che c’era stata una sentenza che condannava la famiglia Giorgi al pagamento di certe spese – nemmeno una cifra esagerata, peraltro, mi pare intorno ai 25.000 dollari, noccioline oggi per una che guadagna quanto lei- e lo scrisse in un modo tale che a papà Giorgi deve essere piaciuto talmente poco che si è sentito in diritto di gridargliene pubblicamente (e con tanti microfoni e registratori aperti) davvero di tutti i colori (anzi, per la verità di un colore solo: “Sei una mie…a”, in spagnolo), insultando pesantemente e in maniera francamente inaccettabile in un qualunque luogo si fosse trovato, ma soprattutto, in particolare, in una sala interviste davanti a una trentina di giornalisti, anche il suo direttore Cazzaniga. Una scena francamente imbarazzante (anche e sopratutto per chi non poteva sapere cosa esattamente fosse stato scritto nell’articolo incriminato). Lì per lì mi sono detto: “E meno male che oggi Camila ha vinto..e Sergio Giorgi avrebbe dovuto essere più rilassato!”.

Aggiungo che una volta Atp, Wta e Itf avevano immesso una regola che impediva a parenti, coach, manager, di intervenire alle conferenze stampa dei “loro” giocatori.

Ma la regola non è quasi mai stata rispettata. Benito Perez Barbadillo assiste spesso, quasi sempre, a quelle di Rafa Nadal, Dodo Artaldi a quelle di Djokovic, la moglie di Andy Roddick era talvolta presente a quelle del marito, Tony Godsick, l’agente di Roger Federer, a quelle dello svizzero. L’elenco potrebbe continuare. Però, in tanti anni, non avevo mai assistito ad una scenataccia del genere in una sala interviste. E spero di non assistervi più. Se papà Giorgi ha motivo per avercela con Bisti o con chiunque altro, lo prenda da una parte, gli dica quel che gli vuole dire, ma non lo faccia in quel contesto. Questo è quel che penso. E, come sapete, scrivo sempre quel che penso. Mi convenga o no.

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