Aspettando Wimbledon, uno spettro si aggira per il campo numero 2

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Aspettando Wimbledon, uno spettro si aggira per il campo numero 2

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TENNIS – Nella terra dei racconti di fantasmi non poteva mancare il “cimitero dei campioni”: da McEnroe a Connors, passando per Becker e Sampras, tanti i giocatori che ci hanno lasciato le penne. Storia di un campo troppo scomodo per sopravvivere alla modernità e di uomini e donne puniti per averlo sottovalutato

Uno dei luoghi comuni di Wimbledon è il rispetto della tradizione. Ci si veste in bianco, solo due sponsor molto discreti, l’apertura il lunedì con il detentore del titolo maschile, il numero di fragole, la prima domenica senza partite e insomma, riti che si perpetuano diventando – a guardarli in modo disincantato – abbastanza buffi, ma che finiscono per contribuire a caratterizzare il torneo. E in Inghilterra cosa mai c’è di più tradizionale che il vecchio maniero all’interno del quale si aggira un fantasma? Dalle parti di Church Road, verso la metà degli anni ’80, cominciò a farsi strada una diceria che voleva il campo numero due frequentato da uno spirito maligno che attendeva al varco i campioni per giocar loro dei brutti tiri. E si si parla di maligni, come non cominciare con John McEnroe? Correva l’anno 1979, John due anni prima aveva letteralmente mandato in delirio mezzo mondo – e, va da sè, al diavolo l’altra metà – raggiungendo da qualificato le semifinali all’All England Lawn Tennis and Croquet Club, addirittura nel torneo del centenario. Dopo un anno sabatico, nel quale Mc perse a primo turno, arrivò il momento dell’attacco al trono di sua maestà Bjorn. Aveva vinto il master sconfiggendo Ashe, ma soprattutto era la testa di serie numero 2. Il torneo inizia bene, Mc supera al terzo Tom Gullikson e al quarto trova il fratello, il povero Tim. La partita viene programmata nel campo numero 2 e Mc subisce una lezione durissima, conquistando appena 10 game in tutto.

4 anni dopo – siamo nel 1983 – tocca a Jimmy Connors, che l’anno prima aveva vinto un incredibile finale proprio contro Mc. Jimbo è addirittura il numero 1 al mondo, il detentore del titolo, la testa di serie numero 1. Da 6 anni arrivava almeno in semifinale e quando Borg si tolse di mezzo, vinse. Pare in gran forma, arriva agli ottavi senza cedere un solo set. Trova Kevin Curren, programmano la partita sul campo 2. Curren trova una giornata pazzesca col servizio, con Connors che riuscirà a vincere un set solo al tie-break. Connors tornerà nel campo numero 2 nel 1988. Ne uscirà infuriato – e naturalmente battuto – dopo un match contro il tedesco Kuhnen,  al termine del quale dichiara chela palla sembrava avesse i fantasmi: una volta rimbalzava alta, un’altra volta non si alzava, un’altra volta ancora in faccia”. La carriera di Connors a Wimbledon si chiude proprio nel campo numero 2.

L’anno prima il campo numero 2 aveva colpito Boris Becker. Il bi-detentore del torneo gioca un semplice secondo turno contro tal Peter Doohan, un tizio che aveva vinto il match di primo turno dopo 5 mesi di sonore sconfitte. Becker perde il primo set, ma si aggiudica il secondo e sembra l’inizio di una giornata normale. Ma nei due set successivi la testa di serie numero 1 viene letteralmente travolta dall’australiano che passerà soltanto un altro turno – vincendo 12 a 10 al quinto contro un qualificato… – per poi perdere agli ottavi e sparire completamente dalla circolazione. Andava a Church Road in autobus e dormiva in un posto in cui pagava 10 sterline a notte. Becker dirà alla fine “io me lo dicevo di stare tranquillo, mica sto giocando con Lendl o Borg. Prima o poi farà un errore. Non ne ha fatto mezzo, è assurdo”.

Anche Pat Cash pagò il suo tributo al campo numero 2, perdendo nel 1991 contro il francese Champion, per 10 a 8 al quinto. Nel 1994 tocca a Michael Stich, perdere a primo turno nel famigerato campo numero 2.  Nel 1996 Ken Flach supera Agassi, vincitore 4 anni prima. E alzi la mano chi si ricorda di Lorenzo Manta, che nel 1999 superò Richard Krajicek per 64 al quinto.

Questa incredibile serie di sconfitte dei detentori del torneo – dalla quale si salvarono solo gli svedesi Borg ed Edberg – si chiude mestamente col povero Pete Sampras, che ricorderete nel 2002 preso a pallate da uno svizzero, ma non quello del 2001, uno che era numero 145, che aveva perso nelle qualificazioni, che era stato ripescato giusto in tempo per chiudere la carriera di Pistol Pete a Wimbledon.

Anche le donne hanno pagato il loro tributo al campo numero 2, ma non con la regolarità misteriosa degli uomini. Virginia Wade ci perse nell’84 a 39 anni. Nel 1998 toccò a Conchita Martinez. Poi un triennio, dal 2005 al 2007, in cui perdono prima Serena, poi Venus e infine la Hingis. In effetti ce n’era abbastanza anche per gli inglesi. Che nel 2010 presero una decisione molto semplice: costruirono un nuovo stadio e quello diventò il campo numero 2. Il vecchio campo, lo spelacchiato cimitero dei campioni rapidamente diventò il numero 3. E chi mai manderebbe il detentore di un torneo a giocare nel campo numero 3? I castelli d’Inghilterra, in fondo, sono sempre più vecchi.

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