Toilet, toilet break, please

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Toilet, toilet break, please

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John Isner (foto FABRIZIO MACCANI)
 

TENNIS FOCUS – La pausa bagno viene spesso usata dai tennisti per spezzare il momento positivo dell’avversario. Anche Roger Federer ha ammesso d’averla usata volontariamente agli Australian Open del 2010 nel match vinto contro Nikolay Davydenko. Lo stesso hanno fatto Rafael Nadal ed Andy Murray, ignari della regola ITF che parla chiaro. C’è chi invece è riuscito a trattenerla anche per sette ore consecutive…

Le parole di Fognini tuonate a Mohamed Lahyani a Madrid, al termine dell’incontro di primo turno con Dolgopolov, sono oltremodo ingiustificabili, non solo per l’arroganza tennistica del giocatore italiano, ma perché rivolte a un giudice di sedia, tra i più competenti e professionali del circuito, che dovrebbe essere preso a modello di correttezza. Lo svedese detiene il primato arbitrando la partita Isner-Mahut a Wimbledon, la più lunga nella storia del tennis, senza andare in bagno. Lahyani in una intervista al Telegraph disse: “Poche persone mi hanno domandato come abbia fatto per sette ore consecutive. Durante una partita sono talmente concentrato che dimentico di mangiare e bere”.

Al contrario, i tennisti dimostrano ultimamente una tendenza, criticabile, d’interrompere la partita per plausibili bisogni fisiologici. Un escamotage o una reale necessità richiesta spesso in momenti col punteggio a sfavore. Tutti i grandi campioni non sono immuni da questa consuetudine. Anche un modello di fair play come Roger Federer ha ammesso che ai quarti di finale degli Australian Open nel 2010,  dopo aver perso il primo set  6-2 contro Davydenko, è andato coscientemente in bagno per poi vincere 6-3 6-0 7-5, senza particolari fastidi. “Quando il sole era dal mio lato, la pallina sembrava grande la metà ed era difficile colpirla. Non ho mai fatto pause per il bagno ma ho pensato – Perché no? -. Speravo solo che perdendo tempo, il sole potesse spostarsi di qualche centimetro” , commentava lo svizzero in conferenza stampa.

Eppure il regolamento dell’ITF, recepito da tutte le federazioni internazionali, cita chiaramente: “Il giocatore può chiedere di lasciare il campo, per un tempo ragionevole, per andare in bagno o per cambiare l’abbigliamento (per le donne) durante il riposo.  La sospensione per andare in bagno o cambiare l’abbigliamento (per le donne) deve essere data al riposo di fine partita e non può essere utilizzata per altri motivi. Nelle gare di singolare femminile la giocatrice ha diritto a due sospensioni per incontro. Nelle gare di singolare maschile, il giocatore ha diritto a una sospensione per andare in bagno negli incontri al meglio delle tre partite e a due sospensioni negli incontri al meglio delle cinque partite. La sospensione presa dopo il palleggio preliminare è considerata come una delle sospensioni permesse. Ulteriori sospensioni sono pure permesse, ma sono anche penalizzate se il giocatore non è pronto a giocare entro il tempo assegnato“.

Sebbene ci siano le regole, rimane comunque un problema di discrezionalità da parte dell’arbitro a concedere una pausa. Non è semplice intuire qual è il limite tra la finzione, un’impellente esigenza e la nascita di un disturbo di matrice fobica (paura di farsela addosso ) che cronicizzata degenera in dei veri e propri attacchi di panico. Non è un paradosso psico-fisiologico l’andare in bagno perché un evento stressante o un eccesso di adrenalina in corpo, può risolversi con uno stimolo incontrollato dell’apparato urinario. Ma non è certamente il caso di Rafael Nadal.

Il vincitore del Roland Garros al terzo turno di Wimbledon contro il kazako Mikhail Kukushkin, dopo aver perso il primo set al tie-break per sette punti a quattro in 56 minuti di gioco, si avvicina all’arbitro chiedendo la possibilità di allontanarsi. Ritorna rinsavito in campo e rifila all’avversario un triplo 6-1, in poco più di un’ora e mezzo. “Avevo bisogno di andare in bagno. Ho preso una maglietta pulita e la bandana da cambiare. Non volevo interrompere la partita” , ha dichiarato il numero due al mondo, dimostrando di non conoscere la regola che permette la sospensione del gioco solo alle donne per il cambio di abbigliamento.

I tennisti sfruttano, per non dire abusano, questo diversivo per spezzare il momento positivo dell’avversario, parlare con l’allenatore, rimettere ordine i pensieri o ritrovare la felicità perduta. Infatti Bertrand Russell nel 1931 scriveva profetico al suo editore “Io non credo che la scienza per sé sia fonte di felicità, né credo che la mia mentalità scientifica abbia contribuito gran che alla mia felicità, che io attribuisco al fatto che vado di corpo due volte al giorno, con immancabile regolarità”. Una scelta felice per Andy Murray, nella finale degli US Open nel 2012.

Avanti di due set a zero, lo scozzese non riesce a respingere il ritorno di Novak Djokovic che con un 6-2 6-3, pareggia i conti. I fantasmi della finale persa nello stesso anno agli Australian Open contro il serbo prendono i sopravvento e Murray si dirige verso il bagno in un visibile stato di nervosismo. Queste le sue parole. “Ero di fronte allo specchio col viso gocciolante di sudore. Ho incominciato a parlare ad alta voce – Tu non perderai, tu non perderai la partita. E’ il tuo momento -. Ho sentito qualcosa cambiare dentro di me e alla fine sapevo che avrei potuto vincere”. Con un secco 6-2, Murray vincerà il suo primo titolo slam riuscendo a eliminare finalmente la nomea di giocatore perdente.

E le donne? Il gentil sesso è meno audace rispetto ai colleghi ma non mancano gli esempi. Serena Williams si concede spesso e volentieri una pausa in bagno alla fine del palleggio di riscaldamento. Un artificio per creare una sorta di ritardo prima dell’inizio della partita e generare maggiore tensione all’avversaria. L’algida Maria Sharapova, nell’ultima finale del Roland Garros, al tie-break del secondo set, in vantaggio 5 a 3, sbaglia i successivi 4 dritti, permettendo il rientro in partita a Simona Halep. Si è sentita particolarmente indisposta la russa che con piè veloce si è diretta verso la toilette. Nel parziale decisivo, una ritrovata fiducia nei colpi le permetterà di ripetere il successo del 2012.

Strategia e tattica sembrano ormai includere la scelta propizia di fermare brevemente l’incontro (per non parlare degli interventi del fisioterapista che a volte hanno avuto benefici a dir poco miracolosi). In un periodo dove anche nel tennis sono più frequenti i casi di doping, il richiamo alla regola “la sospensione per andare in bagno non può essere utilizzata per altri motivi” è quantomeno necessario per non dare adito, estremizzando, all’assunzione di sostanze proibite. Non è detto che l’occasione faccia l’uomo ladro ma a pensare male ci si azzecca, spesso.

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