Caso Harman: punire ma senza infierire?

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Caso Harman: punire ma senza infierire?

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TENNIS FOCUS – Ubaldo Scanagatta, forse condizionato dall’aver conosciuto per anni un ottimo professionista come Neil Harman, non se la sente di condannare senza attenuanti. Forse più grave la scorrettezza nei confronti di Barry Flatman. Che pensate dell’inchiesta di Ben Rothenberg? Doverosa?

La fretta tante volte è pessima consigliera. Ti chiedono di scrivere un libro senza darti il tempo necessario per farlo e la tentazione di arrangiarsi in qualche modo per rispettare i tempi tipografici può essere irresistibile. Per 2 anni Neil l’aveva fatta franca, ma tanto va la gatta al lardo che prima o poi ci lascia lo zampino. E al terzo annuario in cui si è aiutato con quel sistema ce lo ha lasciato. Sarebbe bastato citare gli autori di quei pezzi “ricopiati” e – anche se forse non avrebbe potuto metterne così tanti per non perdere la faccia – nessuno avrebbe potuto dire nulla.

Ci si può adesso mettere a discutere, in tempi internettiani in cui con un clic tutti copiano tutti, magari cambiando due o tre righe perché chi scrive essendo presente sul posto viene ripreso e “plagiato” da agenzie e siti concorrenti – scagli la prima pietra chi non lo ha mai fatto, per fretta, distrazione, buona fede o malafede – dei principi etici che dovrebbero ispirare ogni buon giornalista.
Ma i confini sono molto labili. Quante volte per esempio i giornali, legittimamente abbonati alle agenzie di stampa, riciclano articoli e “pastoni” scritti da inviati e corrispondenti di quelle stesse agenzie proprio per essere ripresi e utilizzati con integrazioni, esclusioni, stralci.

Il saccheggio dei siti internet è clamoroso e continuo. Non voglio assolutamente qui fare autocelebrazioni e autoreferenzialità, ma è indubbio che dagli audio di Ubitennis agenzie e giornali hanno spesso preso a piene mani. Ed è abbastanza normale che sia così. Ricordo che l’anno scorso fui talmente sorpreso nel vedere che finalmente un collega – non a caso corrispondente dagli Stati Uniti, e per il Corriere dello Sport più di altri quotidiani – aveva citato Ubitennis come fonte delle informazioni che gli avevano consentito di scrivere un articolo più completo, che decisi di chiamare il quotidiano sportivo romano per ottenere il suo contatto e scrivergli per ringraziarlo. Non lo ha quasi mai fatto nessuno.

Citare un articolo di qualche altra testata, evidentemente, costa tantissimo a taluni. Lo considerano una diminutio. Devo dire che una delle rare eccezioni nel panorama giornalistico italiano è costituita da Gianni Clerici, che se ti chiede qualcosa, almeno una volta su tre poi ti cita. Gli altri? Nessuno.

Ciò detto è chiaro che Harman ha quindi sbagliato due volte, nel copiare pari pari interi pezzi di articoli scritti da colleghi (non sempre neppure meritevoli di essere copiati peraltro: e questo significa che doveva avere proprio fretta, che aveva l’acqua alla gola) e poi nei rifiutarsi psicologicamente di citare quegli autori (cui avrebbe potuto far piacere a costo zero) dimostrando anzi di aver compiuto delle ricerche per scrivere i suoi articoli.

In America condannano severamente anche chi copia a scuola, fin dalle elementari. In Italia sotto questo aspetto siamo certamente più…elastici. Chi non ha mai copiato dal compagno di banco più bravo se poteva farlo? O chi, avendolo fatto, si è sentito davvero colpevole di un grosso misfatto durante un compito in classe? I distinguo a quest’ultimo proposito sono sempre stati tanti. All’esame di Maturità e ai concorsi pubblici chi viene beccato viene espulso e bocciato (anche se tali casi mi risultanto rarissimi), e naturalmente anche i mezzi tecnologici più recenti – come l’uso del telefonino e le scopiazzature conseguenti direttamente da internet – vengono giustamente punite con maggior severità, perché in quei casi c’è proprio la premeditazione dolosa (o solo preterintenzionale?).

Chi scrive ha sempre tenuto tantissimo all’idea di avere propri corrispondenti dai teatri delle scene tennistiche privilegiando i contributi originali a quelli inevitabilmente ripresi da altre fonti. Però non tutti (e non sempre) se lo possono permettere, anche e soprattutto per una questione di costi.

Sarei curioso di sapere cosa pensano i lettori di questa vicenda. Magari allargando il caso Harman dal suo contesto, ampliando l’argomento a temi etici e deontologici che riguardano la professione giornalistica e non solo quella. Senza, se posso permettermi un indirizzo, eccedere nelle pulsioni moralistiche – che ne pensaste del “politico” tedesco Guttenberg costretto alle dimissioni perché aveva copiato la tesi? – né a contrario alla flessibile permissività di tante situazioni italiane. Chiedo scusa per queste righe scritte in fretta…e senza troppo tempo per rifletterci su. Ho solo suggerito qualche spunto di discussione.

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