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Federer-Us Open: un rapporto ormai incrinato?

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Qualcuno dei suoi detrattori dirà che il dominio era “viziato”. In America infatti Federer, dal 2004 al 2009, non ha mai incontrato né la testa di serie n° 1 (e ci credo, avrebbe potuto solo nel 2008!) né la n° 2, e ha incontrato la n° 3 (che era Djokovic) solo in due occasioni, nel 2007 e nel 2008. Nel 2004 la miglior testa di serie fu Hewitt (n° 5, finale), nel 2005 ancora Hewitt (n° 4, semifinale), nel 2006 Davydenko (n° 6, semifinale), nel 2009 Djokovic (n° 4, semifinale).

Ovviamente però non è colpa di Federer se Nadal dal 2005 al 2009 e Roddick nel 2004 non sono riusciti a raggiungere la finale: al tempo erano altri i migliori sul cemento e alla fine dei conti lo svizzero sulla sua strada ha sempre trovato almeno uno tra Agassi, Roddick o Djokovic, tre assi della superficie in grado di vincere, a Flushing Meadows.

È però vero che quando nel 2010 e 2011 si è trovato di fronte un Djokovic più maturo e forte, testa di serie n° 3 e n° 1 rispettivamente, Federer ha perso. In entrambi i casi non sfruttando i match point avuti a disposizione, nel 2011 addirittura non concretizzando un vantaggio di due set a zero e il 40-15 e servizio sul 5-3 del quinto.

Storia ancora diversa nel 2012, quando Federer si ripresentava al Queens coi ranghi del favorito, dopo aver trionfato a Wimbledon e dopo aver spazzato via la concorrenza a Cincinnati, vincendo addirittura per 6-0 il primo set della finale con Djokovic. Nella Grande Mela però il fulmine a ciel sereno si chiama Berdych, nei quarti.

La triste trama del 2013 di Federer, infine, annesso uno Us Open in cui viene eliminato dalla testa di serie n° 22 al quarto turno (Tommy Robredo, solo Mirnyi nel 2002 era classificato peggio tra coloro che l’hanno battuto in America), è recente e nota.

Torniamo quindi al quesito iniziale. Come mai Roger non è più stato in grado di raggiungere la finale a stelle e strisce dopo il 2009, nonostante la sua evidente attitudine ai campi del Queens? E nonostante alcuni anni (2010 e 2012 su tutti) in cui la condizione era ottima e Federer si presentava a Flushing da campione di Cincinnati?

Noi ci proviamo: ecco qui alcune ipotesi, con l’invito ai lettori a fare altrettanto.

1) È tutta colpa di Novak Djokovic. Si sa, il tennis è uno sport che può cambiare per una folata di vento, per un medical time out al momento giusto, per una risposta tirata a occhi chiusi. Con un quindici in più e senza i miracoli del serbo nel 2010 e 2011 avremmo avuto Federer di nuovo in finale a New York anche dopo il 2009. Contro Nadal. E nessuno può dire come sarebbe andata a finire (anche se gli aficionados degli head to head non avrebbero dubbi). I punti però bisogna farli sul campo e non nelle ipotesi. E quei due Federer non li ha fatti.

2) È tutta colpa di Wimbledon. Negli ultimi anni Roger ha tarato la sua preparazione sulle (poche) settimane di erba. E non è un caso che lì, dal 2010, abbia ottenuto i suoi risultati più prestigiosi, a Londra come ad Halle, trascinandosi dietro la condizione magari anche nei 1000 americani. Il 2012, nel quale Federer ha vinto su tutte le superfici e per tutto l’anno con costanza, smentisce questa ipotesi, ma è vero che lo slam inglese è quello dove il Federer “maturo” mostra di avere ancora più possibilità.

3) È tutta colpa dell’età. E che diamine! Lo Us Open segue otto mesi di tornei estenuanti, dopo tre slam tre su cinque e in piena e bollente estate americana. Federer ormai ci arriva stanco, anche a causa delle maratone (spesso vincenti come in questo 2014) dei 1000 che seguono Wimbledon. E quando trova avversari duri, che magari lo costringono a lunghe battaglie, non è più in grado di emergere alla distanza. Le due vittorie di Djokovic, quella di Berdych e quella di Robredo potrebbero spiegarsi così, con una stanchezza forse ancora prima mentale che fisica.

4) Ha ragione il Doc Brown di “Ritorno al futuro”. Come mai Federer non ha più raggiunto la finale allo Us Open mentre negli altri slam ha fatto meglio? «Potrebbe anche essere un’incredibile coincidenza!».

In questi conteggi però gli altri tre slam partono con un punto di vantaggio, gli Us Open 2014 sono ancora da giocare. Federer ci arriva col retaggio di tre finali consecutive, una slam e due in Master 1000 e con la fiducia che le otto finali raggiunte da gennaio, il trionfo a Cincinnati e una stagione di nuovo da numero uno possono avergli instillato. E allora, che esito avrà il quindicesimo slam americano di Roger Federer? Basterà aspettare pochi giorni.

Per capire se Federer ha tenuto un’ultima cartuccia anche per il torneo d’oltre Atlantico. O se quella tra lo svizzero e gli Us Open è una storia già conclusa. In due tempi, tra i tie-break del 2009 con Del Potro e quella risposta di dritto di Djokovic (sì, proprio “quella”) nel 2011.

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