L’amicizia degli dei: Jordan ispira Federer (Martucci). Il trailer del tennis del futuro con le Be-Be, Bencic e Bellis (Giua). Lo US Open dei Vecchi e dei Bambini (Semeraro). Errani-Giorgi, il derby che non ci sarà (Semeraro)

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L’amicizia degli dei: Jordan ispira Federer (Martucci). Il trailer del tennis del futuro con le Be-Be, Bencic e Bellis (Giua). Lo US Open dei Vecchi e dei Bambini (Semeraro). Errani-Giorgi, il derby che non ci sarà (Semeraro)

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L’amicizia degli dei: Jordan ispira Federer (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Forse è solo l’ennesimo business del solito mega-sponsor per lanciare scarpe griffate, e nuove linee. Di sicuro dev’essere esaltante avere al proprio angolo Tiger Woods, nella finale degli Us Open 2006, e Michael Jordan, nel primo turno di quest’anno. Anche il dio del tennis si emoziona un po’, ed aggiunge un pizzico di pressione in più, in quest’ultimo Slam dell’anno da favorito, dopo i guai fisici di Rafa e quelli mentali di Djokovic e Murray. Come non incrociare lo sguardo con il dio del golf, 8 anni fa, e con quello del basket, martedì, sotto le mille luci di New York? Parliamo di due immortali dello sport e della società tutta, che ti applaudono e ti sono amici. Amici dèi. Roger Fe-derer sa di essere troppo più forte dell’avversario, già battuto peraltro a gennaio a Brisbane 6-16-1, cerca soprattutto di non sprecare energie, si applica nei passanti, si accontenta di un break per set ma, mentre veleggia sicuro, sul 6-3 5-3 30-0, regala uno di quei lampi che accendono anche il famoso ospite, col famoso orecchino e il famoso sorriso: su una palla che svirgola nell’immenso Arthur Ashe stadium, e l’ha già abbondantemente scavalcato, il Magnifico, corre all’indietro verso un recupero impossibile per gli umani e tira fuori l’ennesimo, magico, passate di dritto fra le gambe, spalle alla rete. E’ un colpo difficile di suo, difficilissimo, in quell’equilibrio instabile. Eppure la palla pazza risupera mansueta e vincente il net, e colpisce clamorosamente l’avversario, il bislacco australiano Marinko Matosevic, da tergo, perché talmente sicuro del punto, e frastornato da quella girandola di magate, da riguadagnare spalle al nemico la riga di fondo. Poi, comunque, RogerExpress deve faticare per chiudere al tie-break del terzo set, deve rischiare qualche smash rischioso per la fragile schiena, ma la felicità intrinseca per lo show regalato al fantastico Air è somma.

«Davvero Jordan ha detto che gli è piaciuto come mi muovo sul campo e che sono armonioso? Beh, un complimento così da parte del numero 1, uno dei più armoniosi di sempre, vale molto». Perché Roger è un amante dello sport e aveva il poster di Jordan nella cameretta: «L’ho incontrato per la prima volta l’altro giorno e per me è stato importante, mi ha sempre impressionato la sua longevità, la maniera di far apparire tutto semplice, la voglia di vincere, la volontà di essere il migliore, eccellere sotto pressione, essere una super-star in uno sport di squadra, trascinarla per tanti anni e rappresentare al meglio il gioco: è anche per questo che è diventato un idolo». La chiacchierata Jordan-Federer dev’essere stata interessante: «Sono contento che è entrato un po’ nel mondo del tennis, ha voluto sapere come mi preparo, quanto gioco, quale torneo farò. E’ stato il mio atleta eroe, mentre crescevo, accanto agli idoli tennistici, Edberg e Becker. Sarei voluto essere lui, quando lo guardavo alla tv tedesca, mi ha ispirato». Michael dice che basket e tennis sono vicini, Roger concorda: «E’ vero, bisogna muoversi di lato in lato, avanti, indietro, sapersi fermare in un nulla e ricambiare direzione. Magari noi non saltiamo così tanto, scivoliamo di più e loro sono più grandi e forti, noi abbiamo bisogno di più resistenza e loro di esplosività. Ma sono due giochi divertenti, e hai bisogno soltanto di una palla e di un amico».

Il segreto del suo, nuovo, successo sul cemento? «Servo più veloce sia la prima che la seconda, ma soprattutto cambio molto gli effetti, soprattutto con la seconda, è la chiave, in special modo contro i migliori. Ma in generale servo meglio grazie alla nuova racchetta, adesso trovo più potenza più facilmente». E non si fida degli avversari feriti: «Mi aspetto che Novak sia in grande condizione, se torno indietro al 2009, quando mia moglie era incinta, ho vinto Roland Garros e Wimbledon proprio perché mi ha dato l’ispirazione per grandi prestazioni, credo che sia più un vantaggio che uno svantaggio (…)

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Il trailer del tennis del futuro con le Be-Be, Bencic e Bellis (Claudio Giua, repubblica.it)

La scorsa settimana ho seguito in Toscana un bel torneo per Under 14 e Under 16. Ho visto, come sempre, molti ragazzi e ragazze ancora gracili sparare bordate micidiali senza avere idea di cosa sia un match e ho ammirato pochi talentuosi che preparano il punto come esperti professionisti. Qualcuno di loro aveva certamente incrociato in maggio, a Santa Croce sull’Arno, la californiana Catherine Cartan “Cici” Bellis, felice sintesi di potenza giovanile e tecnica da affinare, adesso diventata un fenomeno mediatico globale per aver battuto martedì al primo turno degli UsOpen – lei numero 1208 del ranking mondiale! – la finalista di Melbourne Dominika Cibulkova, WTA 13, per 6-1 4-6 6-4 (foto).

In provincia di Pisa Cici aveva raggiunto non senza intoppi la finale del locale torneo ITF, l’International Tennis Federation, finendo sconfitta per 4-6 1-6 per mano della diciassettenne russa Darya Kasatkina. Poi s’era subito trasferita a Milano per il Trofeo Bonfiglio al TC Alberto Bonacossa, dove da testa di serie numero 7 aveva stupito conquistando il titolo il 25 maggio a spese dell’australiana Naiktha Bains, 6-3 6-4 in un’ora e 27 minuti. Curioso che anche la slovacca Cibulkova abbia vinto il Bonfiglio nel 2005.

Agli UsOpen la numero 2 del ranking ITF è approdata grazie a una wild card per meriti sportivi, tra i quali il più significativo è il successo contro Tornado Black (6-3 6-1) nella finale dei campionati nazionali Under 18: impresa che a nessuna della sua età riusciva dal 1991. Non avendo assistito martedì alla sua partita nella Court numero 6 – dai cui spalti il pubblico può seguire, se ha buona vista, tre partite in contemporanea – mi riservo un giudizio tecnico dopo il secondo turno che la vedrà opposta a Zarina Diyas, kazaka ventenne, WTA 48. Nell’attesa, ieri ho deciso di non perdere sulla Court 11 il secondo turno dell’altra ragazzina delle meraviglie, Belinda Bencic, classe 1997, trionfatrice al Bonfiglio dell’anno scorso.

La svizzera, WTA 58, dopo aver superato senza problemi la belga Yanina Wickmayer (6-3 6-2) s’è trovata opposta a Kurumi Nara, 22 anni, WTA 33. Due ore e un quarto segnate dalla classe di Belinda e dalla sua precoce capacità di concentrazione nei momenti decisivi come i break point. L’ho vista servire discretamente e sbagliare poco, pur senza disporre di colpi devastanti. Ha avuto una pausa di riflessione nel secondo set per poi controllare agevolmente il gioco nel terzo. La giapponese non ha saputo reagire. Il 6-4 4-6 6-1 segnala la maturità agonistica della giovane svizzera.

Il mio caro amico Carlo Annovazzi, che guida la cronaca milanese di Repubblica ed è un conoscitore profondo del tennis, ha avuto modo di vedere Bencic e Bellis al Bonacossa, a dodici mesi di distanza l’una dall’altra. Il suo giudizio è netto: “La californiana ha più numeri, se non la bruciano potrebbe essere una protagonista dei prossimi decenni”. Per ora non ho elementi per controbattere, ma la Bencic mi sembra davvero solida. Il confronto diretto tra le due potrebbe non arrivare presto perché Cici non salirà a breve ai piani alti del ranking mondiale: le regole WTA sull’età le consentono di giocare solo dieci tornei “pro” da qui all’estate prossima.

Per dedicarmi a Belinda ho trascurato Roberta Vinci, impegnata in contemporanea sul campo 7 contro la rumena Irina Begu, WTA 61. Leggo dai colleghi ed evinco dalle statistiche che la nostra numero 3 ha una carburazione lenta, con un tasso di errore molto alto nel primo set che le fa subire due break non più recuperati (2-6). Nel secondo set (6-4) le parti si invertono e Begu sbaglia troppo, forse anche perché soffre più di Roberta il grande caldo di Flushing Meadows. Il terzo set è senza storia (6-1). Al prossimo turno la tarantina troverà la cinese Shuai Peng, nota per essere bimane di rovescio e di diritto, che ieri nel Louis Armstrong Stadium ha maltrattato (6-3 6-4) Agnieszka Radwanska, la polacca testa di serie numero 4.

In chiusura di pomeriggio, quando in Italia è notte fonda, Sara Errani scende in campo per affrontare Anastasia Rodionova, che lunedì ha malamente mandato a casa Camila Giorgi. Raggiunto il tabellone principale passando dalle qualificazioni, la veterana russo-australiana, 31 anni, WTA 221, impone all’inizio un gioco muscolare e d’attacco in sintonia con la divisa altrettanto aggressiva, calze fin sotto le ginocchia, occhiali tattici, cappellino calato. Sia al servizio sia alla risposta tenta di conquistare la rete, come ha imparato nella lunga carriera da doppista. Esibisce incrociati violenti e precisi e volée non raggiungibili. Nota alla WTA per le frequenti proteste e intemerate, le hanno assegnato ad personam, come già martedì a Fognini, l’arbitro forse più stimato del circuito, Pascal Maria.

Sotto subito di un break, Sara approfitta della propria eccellente forma atletica per recuperare palle al limite e si riporta in pari grazie ai troppi errori dell’avversaria nel quinto e nel sesto game. Da lì imposta una tattica basata sulla lunghezza degli scambi per costringere Rodionova a forzare insensatamente. La scelta paga, sul 4 pari arriva il break per l’azzurra e il set si chiude 6-4 in 43 minuti.

Il secondo set sul campo 5 si apre con Rodionova che mima Fognini dei giorni peggiori: polemizza con Maria, recrimina su palle palesemente fuori, non riesce a giocare serenamente. In questa fase Sara è perfetta, piazza passanti deliziosi, precede l’avversaria nel presidio della rete. Avanti 3-0 ha una pausa e restituisce il primo dei due break di vantaggio. Si limita per quel che riesce a contenere le sfuriate agonistiche dell’australiana, che però nel frattempo ritrova le misure del rettangolo di gioco e si riprende anche il secondo break: 4 pari. Nel nono game Sara, alla risposta, conquista il punto da 40-0 a sfavore e va a servire per il match. Niente da fare, ancora una volta deve pagare care le difficoltà di lancio della prima palla e di piazzamento di una seconda decente. Si va al tie-break, che la romagnola controlla senza alcuna fatica. 7-6 in 57 minuti. Ora l’attende Venus Williams, che non ha mai sconfitto.

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Lo US Open dei Vecchi e dei Bambini (Stefano Semeraro, La Stampa)

Per ora sono gli Us Open dei Vecchi e dei Bambini. Paolo Lorenzi, anni 32, e Victor Estrella Burgos, 34 primavere dalla Repubblica dominicana, a Flushing sono riusciti per la prima volta a passare un turno in uno Slam. Lorenzi, simpaticissimo senese nato a Roma, ci aveva provato, fallendo, ben 13 volte e a maggio a Parigi aveva dovuto pagare la cena a Marinko Matosevic, altro rimandato cronico, che era riuscito nell’impresa prima di lui. Per anni Paolo aveva pagato sorteggi crudeli – Federer, Djokovic, Nadal – stavolta gli si è ritirato davanti il 18enne qualificato giapponese Yoshihito Nishioka, n.261 mondiale. «Alla fine gli ho detto che è molto giovane e quindi ha fatto bene a lasciarmi vincere», ha scherzato Lorenzi, che al prossimo turno incontrerà il n.14 del mondo Richard Gasquet. «Richard l’ho incontrato l’altro giorno in allenamento e gli avevo detto che se ci incontravamo doveva darmi delle chance. In tre precedenti sono riuscito a stento a strappargli tre game per set…».

Di ottimo umore anche Victor Estrella Burgos, dopo Stepanek e Karlovic il veterano del circuito. “Viti” ha iniziato a giocare a 11 anni, ha provato fra mille difficoltà (soprattutto economiche) la via del professionismo ma nel 2002 si era arreso ed era tornato a fare l’allenatore a casa sua, a Santiago. Nel 2006, dopo essersi trasferito a Miami ci ha provato ancora e dopo aver vinto 18 Futures nel 2011 ha acchiappato il suo primo Challenger, a Medellin. Quest’anno è diventato il primo dominicano della storia a entrare fra i top-100 vincendo un altro Challenger a Salinas, in Ecuador, poi è riuscito a qualificarsi a Miami. Ieri il primo centro in uno Slam ai danni dell’olandese Igor Sisling. Nella Repubblica dominicana il tennis è ancora uno sport per ricchi mentre Estrella viene da un ceto popolare e dopo il trionfo ha fatto un giro di campo distribuendo lacrime e “high five” agli immigrati dominicani venuti ad applaudirlo. «E’ un momento davvero felice per me – ha detto commosso – spero di aver aperto le porte per una una nuova generazione di tennisti del mio Paese».

Una nuovissima generazione toutcourt (e tout pays) è quella che ha battuto già alla porta a Parigi – vedi il bel torneo di Muguruza, Tomljianovic e Mladenovic nel femminile – e che ora vuole definitivamente entrare in scena. Nel maschile il ragazzino di punta è Borna Coric il 17enne croato che al primo turno ha fatto fuori un tipo tosto come Lukas Rosol (il ceco che due anni fa eliminò Nadal a Wimbledon) e punta a raccogliere l’eredità di Goran Ivanisevic. Un buon match l’ha giocato, ma perso contro quel volpone di Gael Monfils , anche l’altro 17enne Usa Jared Donaldson.

La star di giornata è però senza dubbio Catherine “CiCi” Bellis, 15enne streghetta felice della Napa Valley che ha terremotato il tabellone femminile eliminando la n.12 del mondo e finalista degli Australian Open Dominika Cibulkova. «Non credevo che una 15enne potesse giocare un tennis così aggressivo», ha mormorato Dominika mentre Cici – che in Italia abbiamo conosciuto quest’anno quando ha vinto il prestigioso Trofeo Bonfiglio a Milano – deliziava la stampa. Il campo dove ha giocato non era neppure coperto dalle telecamere, tanto che la Espn ha inviato in tutta fretta una troupe a raccogliere qualche immagine della più giovane vincitrice di un match agli Us Open dai tempi di Anna Kournikova (15 anni e 96 giorni nel ’96).

L’era delle baby campionesse sembrava tramontata, ma CiCi è la prova del contrario. Mamma Lori è stata una giocatrice di livello nazionale (e per la tensione non guarda mai i match della figlia), papà Gordon un ricco finanziere. Lei è cresciuta idolatrando Kim Clijsters e Justin Bieber («ma da due anni twitto meno su di lui»), agli Us Open è approdata con una wild card grazie al successo nel campionato americano under 18 di Kalamazoo. A 10 anni ha dovuto scegliere fra calcio e tennis (e ha scelto bene), ora è decisa a rimanere dilettante, e quindi rinuncerà ai 60 mila dollari di premio per il 2° turno, perché «un giorno vorrei sventare professionista, ma preferisco tenermi aperta anche la strada dell’Università». Un destino da predestinata il suo: su internet sono iniziate a circolare foto di lei piccolissima in compagnia di tenniste famose, come quella che la ritrae mentre nel 2011 lancia la monetina del sorteggio proprio a New York prima del match fra Sharapova e Hantuchova. Ma se “CiCi” è arrivata fin qui non è certo per caso.

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Errani-Giorgi, il derby che non ci sarà (Stefano Semeraro, http://curiosidisport.com/)

Sara Errani contro Càmila Giorgi, ovvero il derby che (a New York) non ci sarà. Le due azzurre al primo turno avevano avversarie diverse e diversamente pericolose – il furetto Flipkens, semifinalista a Wimbledon due anni fa per Sara, la ultratrentenne qualificata australiana Rodionova per Camila -, due ostacoli non impossibili da superare per apparecchiare un succoso derby italiano al secondo turno degli Open. Progetto sfumato per colpa di Camila, la ragazza dal tennis no-limits che odia la tattica (e spesso le righe del campo). Nel 2013 proprio a Flushing Meadows la Giorgi conquistò il pubblico di New York, che stravede per gli “underdog” di carattere, schiantando Caroline Wozniacki e guadagnandosi gli ottavi. Impresa ripetuta a New Haven la settimana scorsa dove oltre alla ex-fidanzata di Rory McIlroy Camila ha stesso anche una giovane rampante come Garbine Muguruza, salvo poi incepparsi in semifinale contro la Rybarikova. Agli Us Open è arrivata da n.31 del mondo, quarta azzurra nel ranking a un passo da Roberta Vinci, e da lei ci si aspettava un torneo scintillante. Invece, come spesso le capita quando invece che un match di cartello su un campo prestigioso le tocca una partita rognosa, da vincere sfoderando umiltà, magari anche giocando male ma portando a casa il risultato, Càmila si è fatta buttare fuori dal torneo dall’australiana d’importazione Anastasia Rodionova, n.221 del mondo. Càmila aveva un dolore al piede ma il primo set lo ha comunque vinto 6-1 mentre gli altri due in buona parte li ha regalati alla riconoscente avversaria. E ora pagherà caro (in termini di punti) il passo falso.

Insomma l’esatto contrario di quello che ha fatto Sara Errani, che scesa in campo contro la Flipkens in una serata umida, infestata di moscerini e disturbata dalla cerimonia di inaugurazione sul centrale, dopo un primo set vinto facilmente ha saputo tener testa alla belga nel secondo. La Flipkens si è trovata anche a servire sul 5-2 ma Sara, tignosa come un terzino d’altri tempi, non ha mai mollato la presa, le si è attaccata come carta moschicida. Attaccando quando doveva ma accontentandosi anche di contenere, parare, è risalita caparbiamente lungo il match infilando una serie di 5 game consecutivi, senza farsi distrarre da niente e da nessuno, e mandando in crisi la Flipkens. Del resto Sara è una tennista che ha vinto tante partite che (sulla carta) avrebbe dovuto perdere, mentre Càmila per ora ne ha perse molte che avrebbe potuto portarsi a casa. Peccato, per il derby sfumato. Speriamo di vederlo in un prossimo futuro, con la Errani sempre Formichina Atomica, e Càmila un po’ meno cicala.

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