Grinta Errani, è nei quarti. Oggi tocca alla Pennetta(Martucci), (Zanni), Sara, Flavia e il reduce Todd: è l'Us Open dei veterani (Piccardi), La Schiavone si confessa «Continuare o smettere? Una sfida con me stessa» (Mancuso)

Rassegna stampa

Grinta Errani, è nei quarti. Oggi tocca alla Pennetta(Martucci), (Zanni), Sara, Flavia e il reduce Todd: è l’Us Open dei veterani (Piccardi), La Schiavone si confessa «Continuare o smettere? Una sfida con me stessa» (Mancuso)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

 

Grinta Errani, è nei quarti. Oggi tocca alla Pennetta

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 1.09.2014

 

Brava, bravissima, per la seconda volta ai quarti degli Us Open, la sesta nello Slam, eppure Sara Errani sostiene che non le piace giocare contro le bum-bum girls: «Preferisco quelle che mi fanno palleggiare un po’». Ma, è proprio con l’elmetto calcato in testa, quand’è schiacciata nella trincea di fondo campo a ribattere a respingere il bombardamento di proiettili pesantissimi, che la romagnola si esalta, schizzando poi fuori con la baionetta innestata. Così, qui sul cemento degli Us Open, col vento e il caldo umido che sconvolge molti atleti, preludendo pioggia, se non gli uragani degli anni scorsi, la piccola-grande azzurra doma i muscoli più pericolosi, compresi quelli della povera Mirjana Lucic, riciclata sul grande tennis dopo addirittura 15 anni di oblio per colpa del solito padre-padrone, e capace di volare dalle qualificazioni, per 6 match, da appena numero 121 del mondo. Così risponde a quanti le ridacchiano dietro ogni qual volta effettua un servizio, con quel movimento sbilenco, emettendo palle a velocità bassissime ed esponendosi alle rispostone delle virago avversarie: «Non servo veloce, per me è difficile, cerco di migliorarlo, cerco di farlo kick, slice, di cambiare sempre effetti e angoli, non posso battere a 180 all’ora, cerco di mettere dentro tante prime, e comunque con questo servizio sono arrivata al numero 5 del mondo, perciò non è così male. E’ un po’ diverso dagli altri. Non cerco di battere più forte che posso, non voglio, cerco di cominciare il punto come voglio io, nello scambio, certe volte più servi forte più la palla torna forte». Così, domani gioca i quarti dell’ultimo Slam stagionale contro Caroline Wozniacki che vorrebbe dimostrare all’ex promesso sposo, Rory Mcllroy, che anche lei può vincere uno Slam. Sara ha la forza dello stupore: «E pensare che quand’ho visto il tabellone ho pensato che era pazzesco già superare il primo turno, contro la Flipkens, pensando di avere poi la Giorgi al secondo, e quindi Rodionova con cui ho fatto fatica, e poi Venus Williams, con la quale ho giocato una delle mie migliori partite di sempre, e ora Lucic, che picchia incredibilmente forte. Però il suo gioco e fare vincenti o errori, bisogna darle l’opportunità di sbagliare: quanti vincenti ha? 46. E io, 4? Ma gli errori? Lei 69». E Saretta appena 4. Per confezionare il 6-3 2-6 6-0 in un’ora e tre quarti. Ha la forza dell’umiltà: «Io non devo pensare a vincere gli Slam, devo pensare al mio gioco, a lavorare bene, e cercare di fare il meglio. Vincere un match è sempre difficile, tutti gli avversari sono forti, i conti si fanno a fine anno». Perciò il suo idolo è David Ferrer: «Mi alleno con lui, a Valencia, ho visto la sua carriera, è un giocatore incredibile, lavora duro ed è concentrato sugli obiettivi»….

 

Errani di forza ora la Wozniackï

 

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 1.09.2014

 

Quando Mary Jo Fernandez ha chiesto a Sara Errani del primo set senza nemmeno un errore al servizio, la risposta è arrivata con un sorriso: «Il mio è lento…». Parole dette anche pensando a Brad Gilbert, ex giocatore e coach, reinventatosi in tivù, che aveva definito “di ricotta” il servizio della romagnola. Sarà anche così, ma le Errani è nei quarti degli US Open, suo miglior risultato dell’anno in uno Slam eguagliato, ci era arrivata anche a Parigi, mentre altre bombardiere sono già a casa Domani affronterà a sorpresa Caroline che in uno spettacolare incontro durato 2h37′ ha eliminato Maria Sharapova, n. 5 del tabellone. Ieri il ritorno all’Arthur Ashe Stadium dopo la battaglia contro Venus Williams è stato un altro successo per Sara: 6-3 2-6 6-0 contro la mezza connazionale Mirjana Lucic Baroni, croata, nata in Germania, sposata con un italiano che ha un ristorante a Sarasota in Florida, dove vive. Una partita dalla statistica strana: il primo errore gratuito di Sara è arrivato al settimo gioco del primo set, ma per il suo primo vincente si è dovuto attendere l’ottavo game. E se il primo errore al servizio è arrivato all’inizio del secondo set, la Lucic Baroni, partita dalle qualificazioni con la sua incredibile storia di sofferenze alle spalle, tra la prima e la seconda frazione di gioco aveva chiesto il “medical time out” La “fisio” le aveva messo una vistosissima fasciatura al ginocchio destro che poi la croata, dopo un game, si è immediatamente tolta, per andare a vincere il set. «Le accelerazioni fanno parte del suo gioco, le devi accettare e restare mentalmente nel match allungando il più possibile gli scambi, per farla sbagliare – ha spiegato Sara – lo ho accusato la stanchezza e ho cercato di ricaricarmi per ripartire al meglio nel terzo». E così è stato: 6-0 per raggiungere i quarti si tratta per l’azzurra della seconda migliore prestazione a NewYork dopo le semifinali del 2012, un risultato arrivato dopo un mese passato negli Stati Uniti non certo entusiasmante. «Avevo bisogno di partite per trovare ritmo, continuità e raggiungere la forma». QUI E FANTASTICO. Sara ieri non aveva il tifo dell’Arthur Ashe Stadium contro come venerdl, ma se ci fosse stato un applausometro, la vittoria sarebbe andata alla Lucic-Baroni, d’altra parte capita sempre così alle sfavorite. «Ma giocare qui è fantastico – ha poi aggiunto, forse anche per far dimenticare il dito alzato l’altro giorno per zittire lo stadio – non è stato facile c’era vento, ma sono felice per il risultato. È stato un incontro duro, ma mentalmente ero ok: il terzo set mi piace, se vinco».

 

Sara, Flavia e il reduce Todd: è l’US Open dei veterani

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 1.09.2014

 

L’Open Usa è quell’abnorme hamburger dove, dentro, spalmato come ketchup su diciassette campi e due settimane, ci trovi di tutto. Veterani dei courts incapaci di invecchiare lontano dalla fonte dell’eterna giovinezza (Stefan Edberg si abbevera allo stagno di Roger Federer, Note Djokovic fa la badante a Boris Becker) e reduci veri che alla guerra hanno immolato il piede destro. Todd Reed, ex sergente dei berretti verdi, nell’aprile 1991 in Iraq c’è stato davvero. I suoi capelli grigi, i suoi tatuaggi, ma soprattutto la protesi con i colori della bandiera americana, non sono passati inosservati ieri, sul campo numero 6, mentre per 8 dollari all’ora Todd raccoglieva palline — più anziano ballboy dell’ultimo Slam stagionale — per i ragazzini del torneo junior, come mille altri prima di loro sbarcati a New York per cercar fortuna. Todd, il veterano del Golfo saltato su una mina, è una storia molto americana. E una specialità dell’Us Open: nel rispetto della legislazione sul lavoro dello Stato di Ny, che limita il numero di ore dei minori sui campi da tennis, la federtennis statunitense ha allargato il raggio del reclutamento dei raccattapalle anche agli adulti, militari in pensione inclusi. «Se non fossi qui a sudare — ha raccontato Reed —, sarei a casa mia, in Carolina del Nord, a guardare alla tv il torneo, come negli ultimi trent’anni della mia vita ho la fortuna di essere in buona forma fisica, mi diverto». 274 raccattapalle, più Todd, finito in prima pagina sul New York Post. Dentro l’hamburger è viva e lotta insieme a noi Saretta Errani, sbucata nei quarti di finale domando in tre set (6-2, 2-6, 6-o) la voglia di riscatto di Mirjana Lucic, 32 anni, croata nata a Dortmund e maritata con un italiano, Daniele Baroni, ristoratore a Sarasota (Florida), l’uomo che le ha restituito la voglia di giocare a tennis dopo un’adolescenza bruciata troppo in fretta (semifinali a W mbledon nel ’99, a 17 anni), con motti ricordi da dimenticare, a cominciare dalle molestie subite dal padre Marinko. Carica come una molla, gasata dal bel successo su Venus Williams nel turno precedente, Sara si è distratta nel secondo set ma è tornata a servire all’avversaria, killer a sorpresa della testa di serie numero 2 del torneo, la romena Simona Halep, polpette avvelenate nel terzo, quando la Lucic era troppo stanca per digerirle. «Ho allungato gli scambi per portarla a sbagliare il più possibile — ha detto la romagnola dopo il match —. Nell’ultimo mese qui negli Stati Uniti non avevo giocato granché bene: avevo bisogno di macinare tennis per trovare ritmo e continuità e per entrare in forma». Le servirà, la forma, se Sara vorrà perlomeno eguagliare la semifinale conquistata a Flushing nel 2012, contro l’avversaria dei quarti di finale, la danese Caroline Wozniacki. Rinata dopo essere stata lasciata sull’altare dal golfista Rory McIlroy, Caroline ha dato una delusione in tre set a Maria Sharapova e adesso aspetta l’azzurra: «Prima mi concedo del cioccolato, poi penserò a come essere aggressiva con Sara..». L’Italia a Flushing, dopo l’ennesimo soliloquio di Fabio Fognini (eliminato dal francese Mannarino con corollario di improperi, racchetta spaccata, polemiche e mano non stretta all’arbitro di sedia, in perfetta tradizione fogninesca…), è nelle mani delle donne. Flavia Pennetta, che con New York ha un certo feeling (tre quarti di finale e una semifinale negli ultimi sei anni), scende in campo oggi contro l’americana Casey Dellacqua nel tentativo di regalarsi una missione (im)possibile nei quarti di finale, quando presumibilmente andrà a sbattere contro Serenona Williams….

 

«Continuare o smettere? Una sfida con me stessa» La Schiavone si confessa

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 1.09.2014

 

In questo periodo non esaltante della sua carriera: mi sento bloccata, vorrei tornare al top ma potrei lasciare Francesca Schiavone a 34 anni riflette sul perché andare avanti, sul perché continuare a giocare pur essendo scivolata dietro nel ranking (è n.77). Lei che è stata regina del Roland Garros nel 2010 salendo fino alla quarta posizione mondiale e protagonista di tre trionfi in Fed Cup con l’Italia. Quest’anno non ha mai superato il primo turno in un torneo dello Slam. L’ultima sconfitta agli US Open contro la statunitense Vania King: era alla 57esima presenza consecutiva nei major, la 15esima a Flushing Meadows, un record tra le giocatrici in attività. Si è fermata per qualche giorno a New York, una città che ama contraccambiata. Qui vanta due quarti di finale: il primo addirittura ne12003, 11 anni fa, il secondo nel 2010. Qualche anno fa nell’immenso Arthur Ashe Stadium scatenò l’entusiasmò del pubblico con un colpo sotto le gambe alla Federer. Il suo tennis vario, capace di mandare in tilt qualsiasi avversaria, è sempre piaciuto agli appassionati americani: in fondo negli States losportè soprattutto spettacolo. «Ognuno di noi ha delle sfide – ribadisce – la mia nasce da una nuova possibilità che mi dò in ciò che ho sempre amato». La capacità di soffrire, di cambiare marcia quando serve, c’è ancora? «Se avessi 25 o 26 anni mi fareste questa stessa domanda? Ci sono atleti che hanno centrato record a 37, 38 anni. Venus Williams, che è mia coetanea, poche settimane fa è stata finalista a Montreal. L’unica vera differenza, fisicamente, è che ora ho bisogno di più tempo per recuperare. Ma per fortuna ho una fascia muscolare molto forte che mi permette di chiedere ancora tanto al mio corpo. L’età media delle giocatrici tra le prime 100 si è alzata, tutte ora sono seguite da uno staff, fanno attenzione all’alimentazione, si allenano bene. Oggi è una guerra dal primo all’ultimo punto non solo con le più giovani». Riavvolgiamo il nastro dei ricordi e ripercorriamo i 4 anni trascorsi dallo storico titolo parigino. Nel frattempo c’è stata un’altra finale sempre al Roland Garros e tanti alti e bassi. «Sono cresciuta come donna. Ho avuto momenti sereni e altri meno, ma questo fa parte della sfera privata, personale. Anche se ovviamente incide su ciò che ti porti in campo. Però quando dopo un match vai in conferenza stampa non puoi dire ‘oggi ho perso perché mi sta capitando questo o quello…’. E’ più importante vivere il momento e farlo in modo speciale. Mi emoziono a vedere in campo Federer e Serena, li ammiro e loro mi ammirano. Si parla tanto di ricambio generazionale, ma due come loro devono ancora nascere, stanno scrivendo la storia del tennis, sono due leggende non solo perché vincono tantissimo. Quando sei giovane non cogli certe sfumature. Oggi mi rendo conto dell’importanza della vita, che non esiste solo il campo da tennis». E’ stato complicato gestire il successo al Roland Garros, l’improvvisa notorietà? Tutti la cercavano, la volevano. E lei non ha mai amato le copertine, i media… «Certo, è stato difficile perché non si trattava solo di tennis ma della mia vita. Ora, a qualche anno di distanza, posso dire che il dopo Parigi lo vivrei con più attenzione, con più ordine. Se avessi tra le mani una ragazza o un ragazzo che sta provando ad emergere in questo sport bello ma crudele, lo allenerei ad essere pronto a vincere. E non è detto che nel dopo tennis non possa capitare. Se arriva l’occasione giusta…». Ha detto che continuare è una sfida con se stessa. Ma dubbi ne ha? «Quelli ci sono sempre e sono forti. Magari decido di smettere da un giorno all’altro…». Ha fissato una scadenza? «Scadenze no, obiettivi sì. Desidero tornare a esprimermi come intendo io su un campo da tennis. Mi sento bloccata, devo lasciarmi andare di più, godermi quei momenti che solo un atleta può capire. Sono attimi unici». Soprattutto per una tennista che vive di emozioni e che le sa trasmettere quando è in campo. A cominciare da quel magico rovescio a una mano… «A volte guardo le mie avversarie che giocano facile, che servono a 200 all’ora, che tirano siluri con il loro rovescio a due mani sulle righe. Un po’ le invidio, ma poi capisco che non è roba per me e che mi annoierei a morte, sai che rottura… Io sono fatta così, ogni atleta ha le sue caratteristiche. Peso quel che peso e va bene così». Il problema, questa è l’impressione, è nella testa. «Dovrei vincere qualche partita in più per ritrovare la fiducia. Sto lavorando giorno dopo giorno per questo con il mio staff, da Laura Golarsa a Max Tosello. Adesso vado in Asia, la loro cultura e il loro stile di vita mi affascinano. Sono tutti molto gentili e quando mi vedono giocare, quando ‘sclero’, mi guardano come una extraterrestre…».

 

 

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