L'Italia s'arrende, Federer alla prima finale (Martucci), L’Italia s'inchina a Federer (Semeraro), La rimonta Italia non c'è, Svizzera in finale (Clerici), Federer eroe globale. L'Italia s'inchina felice (Lombardo), Re Federer non molla. L'italia esce con onore (Azzolini), Niente miracolo in Svizzera (Perrone)

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L’Italia s’arrende, Federer alla prima finale (Martucci), L’Italia s’inchina a Federer (Semeraro), La rimonta Italia non c’è, Svizzera in finale (Clerici), Federer eroe globale. L’Italia s’inchina felice (Lombardo), Re Federer non molla. L’italia esce con onore (Azzolini), Niente miracolo in Svizzera (Perrone)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

L’Italia s’arrende, Federer alla prima finale

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 15.09.2014

Il tennis è fatto di attimi, ma anche di numeri. L’attimo del successo, per Roger Federer, è stato sublime, come il salto, il sorriso e la felicità per l’ennesimo dritto in rete di Fabio Fognini e quindi allo spettro del quarto set con la schiena sicuramente dolente che spariva: grazie a13-1 di Roger il Magnifico, la Svizzera supera l’Italia e raggiunge la seconda finale dal 1992, e lui personalmente si toglie la scimmia dalla spalla che lo graffiava dal 2003, quando crollò di fisico contro Lleyton Hewitt a Melbourne, avanti due set a zero e un break. «Gli italiani erano pericolosi perché hanno tanto talento e su uno-due match, con loro, può succedere di tutto. Oggi ho sofferto, però Fabio ha sofferto tutta le settimana e s’era stancato per il doppio. Ma, dopo 10 anni siamo arrivati a questo risultato storico. Un risultato di squadra». Stavolta, il 21-23 novembre a Lille, probabilmente sulla terra rossa, gli elvetici non saranno già condannati come nella tana di Agassi, Sampras, Courier e John McEnroe, anzi, saranno favoriti, contro la Francia degli incompiuti Gasquet, Tsonga, Monfils, Simon, ottimi giocatori ma non campioni. Perché, gli assi rossocrociati, anche se sono solo due (come hanno dimostrato il doppio zoppo per via di Chiudinelli e l’ultimo singolare Seppi-Lammer a risultato acquisito), possono essere intoccabili dall’alto dei trionfi Slam, Roger addirittura 17, Stan Wawrinka uno, ma vicinissimo, a gennaio, in Australia. Occasioni I numeri dicono che Svizzera-Italia praticamente non c’è stata, sul veloce indoor del Palexpo di Ginevra: nei quattro match che contavano il computo ace-doppi falli è stato Svizzera 53-18, Italia 15-13. Che, con la fondamentale incidenza del servizio, dice tutto. Wawrinka e Federer non hanno lasciato né break né set a Fognini e Bolelli, anche se Roger è stato trascinato al tie-break da tutt’e due. Gli attimi che cosa dicono, Fabio? «Ho dato il tutto per tutto contro un giocatore che ha fatto la storia del nostro sport, sembra strano, ma sono contento di come ho perso perché ho messo in difficoltà Federer, sono stato sfortunato nel primo set, quando m’è uscito un dritto di poco così, sul break del 4-2, e nel secondo, quando ho rotto le corde della racchetta sullo smash del break del 5-3. E nel terzo, avrei meritato più di lui di vincere. Ho ampi margini di miglioramento, soprattutto sul servizio, dovrò lavorarci molto nella preparazione di novembre-dicembre». Vero, anche se, da fuori, soprattutto a chi lo apprezza di più, Fognini fa rabbia perla genialità a intermittenza. Nervi Fabio dice: «Ero molto carico perché non avevo niente da perdere, meglio perdere giocando bene, in questa maniera, e ci ho creduto fino alla fine». Ma s’innervosisce troppo presto, dopo la partenza con fraseggi perfetti e profondi ed accelerazioni esemplari, consentendo così a Federer di amministrare la situazione senza patemi. I numeri dicono: 48 errori gratuiti contro 26 vincenti. Gli attimi sono più crudi: nel tie-break, sull’1-0, Fabio non chiama il «Falco» sul servizio di Roger che la tv dimostrerà fuori, sbaglia il passante di dritto a campo aperto dopo una volée non chiusa dal re dei re, svirgola il dritto del 2-4, sul 4-4 tira una seconda leggerina che Federer castiga con la risposta di dritto, e sul 4-6 sballa ancora di dritto sul primo match point. Peccato, avrebbe poi avuto due servizi per rientrare. Peccato, ma il tennis è fatto di attimi e di numeri. E, comunque, l’Italia che torna in una semifinale Davis dopo 16 anni è il numero che ci deve interessare di più.

L’Italia s’inchina a Federer

Stefano Semeraro, la stampa del 15.09.2014

II miracolissimo azzurro non è riuscito, nel giorno del trionfo di Valentino Rossi anche l’altro fuoriclasse trasversale come Roger Federer ha piazzato l’allungo e traslocato la Svizzera in finale di Coppa Davis, per la seconda volta nella storia do-Po il 1992. Roger ha battuto in tre set Fabio Fognini (6-2 6-3 7-6) e alla fine, issato sulle spalle di Stan Wawrinka e del capitano Severin Luthi, ha salutato un po’ commosso un Palaexpo in pieno orgasmo patriottico. L’appuntamento è a Lille, dal 21-23 novembre, contro la Francia di Gasquet, Monfils e Tsonga. Peccato che Fabio, autore di un terzo set strepitoso (quattro palle break a suo favore) e che con un Federer un po’ in calo (mal di schiena?) nel quarto set avrebbe potuto sognare la rimonta, si sia svegliato con due set di ritardo. Da Ginevra l’Italia se ne va comunque con la coscienza a posto. Il punto del doppio ha salvato l’onore e il recupero di Bolelli ad alti livelli come singolarista ci regala una dimensione in più, specie sul veloce. «Siamo una squadra forte e ancora giovane – concorda Fognini – almeno per 3-4 anni possiamo fare bene, piuttosto mi preoccupa il vuoto che c’è dietro di noi». Il suo obiettivo per il 2015 è «migliorare il servizio, ci lavorerà quest’inverno» (dopo le vacanze alle Maldive con Flavia Pennetta), quello di capitan Barazzutti è di mantenere viva la fiamma. «Questa semifinale ha confermato che siamo fra i primi quattro team al mondo, e che se i più forti ci aprono uno spiraglio siamo pronti a prenderlo. Se è la migliore squadra azzurra dopo quella del ’76? Non mi avventuro in confronti. Siamo forti, ora speriamo di restare al top».

La rimonta Italia non c’è, Svizzera in finale

Gianni Clerici, la repubblica del 15.09.2014

Stavo ammirando un Roger Federer in vantaggio di due set contro un Fognini più che dignitoso, quando il mio vicino Max, a un diritto vincente del Divino, ha esclamato, «per forza, con quella racchetta!”. Mi sono domandato se, tra le sue infinite virtù, Roger avesse avuto anche quella di una racchetta benedetta, o almeno dotata di intelligenza robotica ma, dopo un paio di altri diritti irresistibili, e alcuni aces, non ho più saputo trattenermi e ho chiesto lumi. «E un’arma che il Divino si è lasciato indurre ad adottare lasciando la vecchia che aveva un ovale di soli 90 pollici quadrati, perla nuova di 7 pollici in più, che pesa 340 grammi, è bilanciata a 30 cm dalla fine del manico. Con una fionda simile, Roger ha aumentato di molto la media degli aces, e stecca motto meno i rovesci di controbalzo, e il rovescio in generale, che era il suo punto meno forte». Ho ringraziato, per un’informazione non meno razionale che RISULTATI Cosi le semifinali: Svizzera-Italia 3-2 (Federer b. Fognini 6-2, 6-3. 7-6; Seppi b. Lammer 6-4. 1 -6, 6-41. Francia b. Repubblica Ceca 4-1. Nella foto: il giro di campo di Federer con la bandiera oggettiva, difficile da suggerire in un luogo in cui un carnevalesco patriottismo diveniva spesso insopportabile per la liceità concessa ai preservativi da elefante, inventati dalla banca sponsor della Davis, e azionati da 36mila mani dei tifosi. Gente certo civile, lontana da ogni sospetto di sciovinismo ma diversa dal pubblico di Wimbledon. Dopo aver preso nota da una simile informazione, di una racchetta che potrebbe aver concorso a togliere un anno al Federer di questa stagione, invece che invecchiarlo, ho indugiato ad ammirare l’incontro decisivo di Svizzera-Italia, un match risolto ancora prima dall’inizio, perché i miracoli non fanno parte di questo gioco crudelmente razionale. Un Fognini più che dignitoso, spesso immerso in ripetuti soliloqui, non riusciva altrettanto facilmente a dialogare col Divino. 11 solo schema in cui si permettesse di indugiare, povero Fabio, erano i reciproci scambi di rovescio, mentre sulle ribattute e sul diritto i valori si squilibravano, causa le accelerazioni e la difficile lettura delle intenzioni di Federer. Era soprattutto il diritto d’attacco del Divino a far la differenza, il diritto da sinistra a destra, in inglese inside out, che spinge la maggior parte dei tennisti a scoprire l’angolo destro, ma non il Divino attaccante, ormai giunto a rete, e li piazzato sulla intersezione dell’angolo del passante avverso. Simile abituale atteggiamento tecnico-tattico di Roger era ingigantito dal punto meno brillante di Fognini, una battutache, lo avrebbe ammesso lo stesso Fabio, non era abbastanza continua né penetrante per evitare i tre break che avrebbero, almeno in parte, squilibrato e deciso il match. Un incontro che, credo non sia ignoto al lettore aficionado, è terminato esattamente come i patiti di tennis, quali lo scriba, avevano previsto. Un match nel quale gli svizzeri sono stati finalmente eguali a se stessi, egli italiani non hanno sfigurato, anche se il risultato di 3-2 non è quello vero, con tutta la stima nei riguardi di Seppi. È finita 3-1 perché quando un incontro è vinto mi pare anche terminato, per definizione.

Federer eroe globale. L’Italia s’inchina felice

Marco Lombardo, il Giornale del 15.09.2014

«Salve, mi chiamo Michele, vengo dall’Italia. E sono qui per vedere Federer». La semifinale di coppa Davis era cominciata così alla stazione di Ginevra, e sarebbe stato tutto normale se in campo però non ci fosse stata l’Italia. Ovvero la nazione per cui Michele avrebbe dovuto essere a Ginevra. È andata così insomma, soprattutto è finita come doveva andare perché Roger Federer ha battuto Fabio Fognini – questa volta un buon Fabio Fognini – come da pronostico: tre set a zero (6-2, 6-3, 7-6) in cui il Re ha dovuto sudare 1h e 59′. E, come ha detto Fabio, «ci sono stati momenti in cui ho giocato meglio io rispetto al giocatore che ha fatto la storia del tennis». L’eroe. Perché alla fine il sunto è questo: con Michele sugli spalti, oltre a 18mila svizzeri, c’era pure qualche centinaio di italiani con la maglia azzurra ma il cappellino targato RF. Contenti in fondo che alla fine il Mito abbia adesso la possibilità di vincere l’ultimo trofeo mancante alla sua incredibile camera in finale contro la Francia a Lille (21-23 novembre). Tifosi sì dell’Italia, ma incantati dai gesti bianchi di RF, magari a volte un po’ arrugginiti dai suoi 33 anni ma sempre unici. Tifosi dell’eroe trasversale di un’epoca che non produce più grandi eroi e contenti anche nel giorno in cui Federer ha giocato così così. E dunque, quando i compagni svizzeri lo portano in trionfo, Roger ha migliaia di occhi solo su di lui, a Ginevra, in Italia, nel mondo. Perché Federer è un marchio, un’icona, un personaggio, perfino di vignette umoristiche elvetiche – strano a dirsi – che lo rappresentano sul monte Rush-more con gli altri grandi della Terramapure perennemente maltrattato dalla moglie Mirka in preda a delirio da shopping. Federer dappertutto lui che secondo chi lo trova troppo perfettino doveva essere finito da almeno tre anni -, anche nei selfie di compagni, avversari (sì, pure Fognini) e tifosi, perché non si è mai sottratto neppure a questo, qui a Ginevra. E il più geniale è quello del suo fan che si è fatto la fotografia con lui e ha twittato: «Io e quest’uomo abbiamo vinto 17 tornei dello Slam». E allora è logico che Roger Federer abbia aspettatola fine dell’ultimo inutile match della sfida con l’Italia(perla cronaca Seppi ha battuto Lammer 6-4,1-6, 6-4 per i13-2 finale)per presentarsi in sala stampa, leader di una squadra che senza di lui non è più tale. Perché è vero che Wawrinka è il numero 4 del mondo, ma non è Roger Federer e non lo sarà mai. Così, mentre Fognini si faceva i giusti complimenti promettendo di voler migliorare presto il servizio («Ha deciso quello in fondo»), mentre Barazzutti raccontava soddisfatto di una squadra diventata ormai grande («Siamo tra le prime 4 del mondo con merito, ora dobbiamo sperare chela pattuglia di giovani che è dietro questi ragazzi maturi prima possibile»), ecco arrivare Roger, con quell’aria e quell’aurea che lo accompagna nel suo percorso tennistico,bombarda-to dalle domande dei giornalisti perché appunto la squadra, la Svizzera, è lui: «Quest’anno però abbiamo passato tanto tempo insieme, siamo stati presenti fin dal primo turno e dunque abbiamo creato il feeling giusto. Abbiamo battuto l’Italia che è una squadra piena di talento, abbiamo conquistato la seconda finale nella storia del nostro Paese». Abbiamo dice, ma quando gli chiedono della superficie su cui preferirà giocarsi la Davis, lui parla da solo: «Non è un problema mio, la Francia faccia quello che vuole. Io, come sapete, ho una mentalità vincente. E andrò lì per vincere». Cose che, lui lo sa, nel caso faranno contenti anche i francesi.

Re Federer non molla. L’italia esce con onore

Daniele Azzolini, tuttosport del 15.09.2014

L’immagine di Roger Federer sollevato sulle teste di Luthi e Wawrinka, e portato in giro per l’impianto come il drappellone del Palio nel giorno dell’Assunta, ha una duplice valenza. La prima, più sportiva, evoca una sorta di palingenesi del suo dominio su tutto ciò che di tennistico vi sia in Svizzera, con tanto di sottomissione da parte del vassallo più autorevole, in questo caso Wawrinka. La seconda, più umanitaria, suggerisce un trattamento coi guanti da parte dei suoi amici più fidati, forse per evitare a Sua Cagionevolezza ulteriori strapazzi, dato che il nostro, a quanto si dice in giro (e sono gli svizzeri a dirlo) ha avvertito qualche punturina dolorosa alla schiena già durante il primo match con Bolelli e per questo è stato risparmiato nel doppio di sabato da Luthi, nella doppia veste di capitano e coach. Verso Ulle Si chiude qui la semifinale di Ginevra, quella della speranza per gli italiani, quella della finale per gli svizzeri, che il 21 di novembre marceranno verso la Francia (4-1 ai cechi), in direzione Lille, attesi su un campo indoor ma probabilmente in terra rossa. E fra giri di campo e balletti svizzeri, fra cori frastornanti e un velo di commozione, sembra che non vi sia posto per gli azzurri, e per Fognini in particolare. Ma non è così, dato che a far sembrare più bella e agognata la vittoria è stato proprio lui, con un terzo set molto ben giocato che ha costretto sul chi vive il padrone svizzero, fino a costringerlo a un supplemento di agonismo e partecipazione per non rischiare una conclusione in volata, che chissà come si sarebbe messa fra dolorini alla schiena, fatiche accumulate negli Usa e un avversario azzurro in crescita esponenziale. Ma sapete come sono, i “Troppo Fotti’:.. Tirano fuori il meglio nelle avversità. E cos) Federer ha fatto, piazzando l’ace su tre delle cinque palle break racimolate da Fabio. Alle altre due ci ha pensato Fogni- ni, obbligato a un tennis sopra le righe per elevarsi alla pari di Federer. E c’è poco da lamentarsi. Perché quello era giusto fare, per tentare un aggancio dopo i primi due set che Federer aveva facilmente annoso: giocare il tutto per tutto, in continua accelerazione. Fognini ci ha provato e dopo due giorni e mezzo d’abulia, è rispuntata dal nulla la parte migliore di se stesso, quella che sembrava dimenticata fra le mancanze di una stagione zeppa di occasioni perdute. Un Fognini capace di brucianti raid sul rovescio, di contropiedi astuti, così come di confezionare i punti più avvincenti dell’incontro, strappandoli a Federer quasi fosse lui l’unico talentuoso sul campo. Margini per migliorare Vedremo se il prodigioso rinvenimento dei colpi migliori inviterà Fognini a giocare cos) per il resto della vita. Il suo meglio esce allo scoperto solo se le giocate sono a rischio, e i colpi inventati G per G. Federer se n’è preoccupato ma lo ha pure molto apprezzato: ..L’ho visto migliorare nel corso del match, e alla fine era davvero difficile sottrarsi ai suoi colpi. Ci sono riuscito, siamo in finale, per tutti noi è una grande chance», e per lui vale doppio, dato che la conquista della Coppa sembrava un trofeo ormai irraggiungibile. «Complimenti all’Italia», aggiunge Federer, ««ha giocatori di grande talento». Quei cornplimenti sono il nostro trofeo, per un 3-2 finale (Seppi ha battuto Lammer) non così brutto da apporre nell’albo d’oro. «Una sconfitta che mi è piaciuta», replica Fognini, rigenerato, «dirlo suona un po’ strano, ma i primi due set sono bugiardi, e nel terzo meritavo più io. Ho margini di miglioramento, questo mi fa stare bene: peccato per quella palla sul 5-4 del tie break L’ho vista fuori, ma avevo finito i challenge e non ho potuto chiamare il falco». «Siamo competitivi», chiude Barazzutti, «lo dimostra come abbiamo affrontato la Svizzera». Un buon viatico per il 2015, tanto più in una Davis che ha sempre più difficoltà a chiamare a raccolta i campioni.

Non c’è il miracolo in Svizzera
Roberto Perrone, il corriere della sera del 15.09.2014

Non c’è miracolo, c’è Roger Federer. L’unica apparizione, ahinoi, è quella del numero 3 del mondo, del tennista più vincente della storia Anche con un tennis riservato, talvolta a bassa intensità, o ben contrastato da Fabio Fognini finalmente fuori dallo spleen, vicino a quello di Napoli con Murray, RF è di una categoria superiore. La resa è onorevole, l’Italia di Coppa Davis ferma il suo cammino alla semifinale, troppo forte la Svizzera che sente di avere la grande occasione, alla seconda finale della storia (a Lilla con la Francia), 22 anni dopo quella persa nel 1992 negli Stati Uniti dalla squadra guidata da Marco Rosset, ora commentatore tv. Fabio Fognini ha perso giorno dopo giorno quella flaccidità manifestata con Wawrinka all’esordio e ora si prende gli applausi del pubblico e i complimenti di Federer che si getta sul capitano Séverin Lüthi in un abbraccio liberatorio. Fabio combatte, estrae dal suo repertorio più di un buon colpo, regge perfino lo scambio prolungato con sua maestà (ottimi e abbondanti quello del quinto gioco del terzo set e quello nel tie break quando recupera un mini break, 3-4), prende i suoi rischi. Troppi, però, sono gli errori non forzati, soprattutto con il diritto, e la vera differenza la fa il servizio. Quello di Fabio è lento e prevedibile, soprattutto con la seconda Federer, invece, si aggrappa alla battuta quando si trova a dover affrontare una palla break. Fognini ne ha 5, ma non ne sfrutta neanche una, mentre le 4 del terzo set, se trasformate, avrebbero potuto aprire uno scenario diverso: Federer non è impeccabile, appare incerto, soffre il ritorno di Fabio che in questo set gioca un tennis che non mostra da tempo. Peccato. Ma il senso di questa semifinale è che i nostri dovevano essere perfetti, stare sopra le nuvole e non fare neanche un errore. Ia prova dell’Italia è sempre nella ridotta, mai all’attacco. Possiamo sono resistere e lo facciamo come possiamo dimostrando una certa solidità di squadra «Abbiamo dimostrato di esserci» conferma capitan Barazzutti. Fognini si spinge fin dove può, 6-5 del terso, recuperando da o-3o e portando Roger 17 al tie break. Qui lo svizzero viene anche aiutato dalla sorte e da Fognini che, dopo aver chiesto il challenge senza mai essere aiutato dall’aggeggio, evita di reclamarlo proprio quando viene convalidato un ace di Federer con palla abbondantemente fuori. La fine è nota (6-2, 6-3, 7-6) ma meno lineare di quello che si legge. Roger viene portato in trionfo dai suoi compagni. C’è molta goliardia svizzera e RF se la ride. «Fa un enorme piacere dividere con tutti. E con la squadra si può fare finalmente i cretini. Bene. Spero di fare una buona finale. Non l’abbiamo ancora vinta? Certo che no, ma io ho una mentalità vincente, non vado certo a giocare per perdere. Ora festa, ma poi concentrati». Fabio Fognini si consola. «Ho messo in difficoltà Federer, non l’ho visto tranquillo, soprattutto da fondocampo. Certo c’è sempre qualcosa da migliorare, a cominciare dal servizio, questa è la mia priorità, ma esco a testa alta». È stata la miglior Davis italiana dal 1998 ma dietro quel risultato (finale) c’era un ambiente litigioso e avvelenato. Meglio questa squadra, meglio questi tempi.

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