Nadal sta per tornare: ecco perché c'è bisogno di lui

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Nadal sta per tornare: ecco perché c’è bisogno di lui

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Rafael Nadal
 

TENNIS – Rafael Nadal non gioca una partita da Wimbledon. Ha perso la leadership mondiale e rischia di finire l’anno da numero tre, scavalcato da Roger Federer. A New York anche per via della sua assenza in finale sono arrivati due tennisti fuori dalla top 10. Vediamo perché il tennis ha ancora bisogno di lui

L’ultima partita giocata da Rafael Nadal è quella di Wimbledon persa contro Nick Kyrgios. Rafa aveva sventato nel secondo incontro del suo torneo la minaccia Rosol, battendo i fantasmi di quell’eliminazione patita al secondo turno del 2012 che precedette uno stop di oltre 7 mesi per il suo problema al ginocchio. I medici dissero che si trattava della sindrome di Hoffa. Lo spagnolo era tornato poi protagonista nel 2013, quando riconquistò il numero uno del mondo dopo la vittoria allo Us Open. Dopo la partita persa contro l’Australiano Rafa si è poi infortunato al polso destro, quello che dà sostegno al suo rovescio bimane. Ha saltato tutti i tornei americani, compreso lo Us Open, e programma di tornare il 25 settembre in una esibizione in Kazakistan, per poi giocare i tornei indoor in Asia e in Europa. Deve difendere parecchi punti e deve difendersi in classifica dall’attacco di Roger Federer, che lo ha scavalcato nella Race to London e che potrebbe terminare l’anno da numero due al mondo, un sorpasso molto importante in ottica sorteggio per lo Australian Open.

Intanto, anche con l’assenza del maiorchino, Djokovic e Federer – non più Murray, ancora non ai livelli che lo hanno portato a vincere due Slam – hanno alzato il livello di allerta a Defcon 3, con Cilic e Wawrinka vincitori di due tornei maggiori su quattro in un anno. Nell’epilogo di New York il grande pubblico si è ritrovato per la prima volta dopo nove anni, dalla finale dello Australian Open 2005, senza uno fra Nadal, Djokovic, Federer e Murray in campo. In Australia  c’è stato il primo vero grande segnale del ricambio ai vertici con la vittoria di Wawrinka, ma Nadal era in campo. A New York invece la finale del lunedì vinta da Cilic in tre set senza pathos è stata veramente moscia. Non c’è nulla da fare: ad attirare le grandi folle sono sempre loro.

In questo gioco, nessuno eccita la folla fisicamente come Rafael Nadal. Il pubblico, e spesso non solo i suoi tifosi, si esalta assieme a lui nel vederlo lottare in campo a suon di grugniti, “Vamos!” e di ganci mulinati al cielo. La sua è la forza mentale più grande che si sia mai vista in questo sport. Rafa è un crogiolo di emozioni che inizia a manifestarsi non appena l’arbitro dice il fatidico “Play”. Prima e dopo l’incontro, Nadal è imbarazzato, educato, se vogliamo anche dolce e timido. Durante il gioco  si trasforma in una macchina spietata che fulmina con lo sguardo. Il suo ritorno di inizio 2013 dopo i 6 mesi di infortunio di metà 2012 è stato una storia sportiva magnifica. Un Rafael rigenerato dalla sosta fisica, lui che più di altri chiede per il suo tennis l’aiuto del corpo e che quindi più di altri è soggetto a  infortuni e a pause, cominciò a vincere e a ritrovare la fiducia in sé stesso, fino a tornare di nuovo sul tetto del ranking.

Il suo clan, con zio Toni e l’ex tennista Costa su tutti, è sempre nel suo box a condividere le emozioni e a soffrire con lui. L’altro zio di Rafael, Miguel Angel Nadal, è l’ex stopper del Barcellona e infoltisce il player box assieme a papà Nadal in occasioni importanti. Talvolta c’è anche la mamma, con la fidanzata. E quindi tre fratelli si ritrovano assieme a sostenere figlio e nipote, con l’allenatore-mentore che è di famiglia: familiarità ai massimi livelli. Emozioni e legami di famiglia intrecciati come un’elica di Dna a scrivere la storia di questo campione del tennis. Abbiamo visto allenatori esultare e soffrire per i loro giocatori ma mai nessuno come zio Toni. A Wimbledon 2014 Nadal è sotto di un set contro Rosol. Rischia di perdere anche il secondo ma lo vince infine al tiebreak, salvandosi da un possibile svantaggio di due set a zero. Guardate zio Toni come accompagna l’esultanza di Nadal per il pericolo appena scampato.

“Come on” urla zio Toni e poi “Vamos”. Rafael ha bisogno di lui. Ha bisogno di più di un semplice coach che gli mostri il pugno dopo un punto. Lui esige il sostegno di chi l’ha visto crescere sui campi da tennis per realizzare il suo sogno. Hanno lavorato giorno dopo giorno per questo sogno, il sogno di tutti e due. E se lo ricordano a vicenda quando si puntano contro il dito dopo il break del terzo set che di fatto fa capire a Rosol che la sorpresa della vittoria 2012 non si ripeterà quel giorno. L’intensità di questi gesti, che sono anche di altri giocatori e allenatori, raggiungono il culmine nel box dello spagnolo.

Rafael Nadal manca anche alla sua nemesi, Roger Federer. Le loro partite sono il contrasto di stile più evidente emerso nell’ultima decade del tennis. Lo Svizzero delizia sul campo con il suo stile. Colpisce con una naturalezza propria di chi non sembra nato altrimenti che per giocare a tennis, rendendo comprensibile e avvicinabile questo sport a tutti. Lui è l’eleganza sul campo da gioco. A Wimbledon indossa anche una giacca vecchio stile per mostrare il legame con la tradizione, cosa a cui tiene. In campo non si arrabbia quasi mai. Le sue esultanze sono sempre contenute; anche il sudore si mostra con parsimonia, vergognoso forse di imperlare la fronte del campione. Nadal è la sua antitesi. Il fisico straripante dello spagnolo si manifesta con grossi bicipiti, esaltati da quelle orribili canotte smanicate cui abbinava dei pinocchietti da periferia degradata di città – e se vogliamo l’unica nota positiva del suo forfait allo Us Open è non averlo rivisto vestito così. I suoi tic ossessivi compulsivi passano dal rituale delle bottigliette posizionate con le etichette rivolte sempre verso la stessa latitudine, all’uso dell’asciugamano secondo uno schema predefinito. I due sono all’opposto su molti fronti, e anche il nuovo numero uno del mondo, Novak Djokovic, non è riuscito a intaccare il dominio di Federer e Nadal fra gli appassionati in quanto a popolarità. La loro sfida è Borg-McEnroe degli anni 2000, e può regalarci nuovi entusiasmanti capitoli anche negli anni a venire.

Rafael Nadal manca anche a Novak Djokovic. In molti hanno accostato le loro lunghe sfide a incontri di boxe. Alcune loro partite, su tutte la finale in Australia di quasi sei ore di gioco, sono state epiche in quanto all’eccezionale indole dei due alla sofferenza e alla capacità di non arrendersi mai. Abbiamo assistito a sfide interminabili, lunghissime, combattute e decise solo per pochi punti. È tennis anche questo ovviamente, diverso da quello che vorrebbero vedere in molti, ma pur sempre in grado di tenerci incollati a vedere chi dei due mollerà per primo il punto. Queste sfide servono all’uno e all’altro anche per testare le loro capacità migliori. Confrontarsi sullo stesso piano, con le stesse armi pesanti ed eleggere ogni volta il migliore, fra l’incredulità del pubblico quando guarda il cronometro e vede 4, 5 ore di gioco. Assurdo: solo loro sono capaci di fare questo.

Rafael Nadal manca al tennis perché un mancino ai piani alti deve esserci. A parte lui, Feliciano Lopez è il tennista attualmente più forte fra i migliori 30 a giocare con il braccio sinistro. La sua competitività contro i più forti è però nulla. Nadal invece è il mancino più forte degli ultimi dieci anni, ed ha sfruttato questa prerogativa ai piani alti, dando vita a sfide interessanti anche per questo aspetto tecnico. Chi gioca a tennis sa come cambiano strategia e tattica quando di fronte c’è uno che gioca con la sinistra, che spariglia quindi quelli che sono gli schemi comuni nel tennis dominato dai destrorsi.

E quindi, questo tennis non ha bisogno di Rafael Nadal? Con Murray che non è ancora tornato quello capace di vincere Us Open e Wimbledon, e con i newcomer chiamati a confermare prossimamente di essere meritevoli di aver vinto uno Slam, Rafael di sicuro potrà regalare nuove fantastiche sfide a questo sport. Potrà perdere e perderà ancora dai giovani che dovranno prendere il suo posto prima o poi. Ma poi scenderà in campo sempre da favorito numero uno al Roland Garros e siate certi che dopo ogni infortunio tornerà in campo per rincorrere gli avversari in classifica uno alla volta, finché non riconquisterà la cima. La caccia sta per ripartire.

 

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