Gala León García meglio di Moyá?

Editoriali del Direttore

Gala León García meglio di Moyá?

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TENNIS – In Spagna, il Paese più forte del mondo sebbene retrocesso in B, la nomina di una tennista che non aveva mai vinto niente ha stupito tutti, tennisti ed allenatori non solo in Spagna e non per una questione di sesso. La disinformazione favorita dalle federazioni per scopi politico-elettorali

Ne ho lette tante in questi giorni sulla imprevedibile decisione della federtennis spagnola di rivolgersi a Gala León García quale capitano di Coppa Davis per il 2015, dopo che Carlos Moyá, “bruciato” dall’eliminazione in Brasile e dalla retrocessione nella cosiddetta Serie B della Coppa Davis.

Per prima cosa ribadisco un vecchio, vecchissimo concetto: la Coppa Davis, manifestazione certamente ricca di fascino e pure di prestigio, non rappresenta assolutamente la forza tennistica di un Paese.
L’ho sempre pensato e scritto, sia quando l’Italia era in serie B – dove come forza tennistica non meritava di stare perchè non ci sono mai stati 16 Paesi più forti dell’Italia come base tennistica – sia ora che è in A.

Purtroppo il pressapochismo con cui viene seguito dai media – e di riflesso dalla gente – lo sport in Italia, condiziona pesantemente anche l’opinione pubblica.
I politici sfruttano certe vittorie per loro personali motivi propagandistico-elettorali. Ovunque.
Non solo la nostra Federtennis, quando le cose vanno bene per una squadra nazionale, sia essa junior, senior, maschile o femminile, contribuisce a creare falsa informazione.
E’ una connotazione negativa che va estesa a tutte le federazioni tennis del mondo, nessuna esclusa.

Lo premetto ad uso di quei lettori che mi attribuiscono pregiudizi quando sono loro per primi ad averli. Non si interpreti quanto scrivo per un mio desiderio di affibbiare colpe alla FIT.
Ribadisco, la nostra Fit sotto questo profilo è esattamente uguale alle altre federazioni. Se un Paese vince la Coppa Davis la disinformazione di ogni Paese farà dire ai politici di quel Paese: “Siamo campioni del mondo”.
Niente di più falso. La Spagna, con 2 tennisti, Nadal e Ferrer nei primi cinque, 4 nei primi 20 (con Bautista Agut e Feliciano Lopez), 10 nei primi 46, è la vera nazione più forte del mondo. Poi viene la Francia con 3 nei primi 21 (Tsonga, Monfils e Gasquet) sei nei primi 35 (Bennetau, Simon e Chardy) anche se il suo miglior giocatore, Tsonga n.12, è attualmente fuori dai top-ten dopo esserci stato a lungo, così come Gasquet, Monfils e Simon.

Favorita per vincere la Coppa Davis quest’anno è la Svizzera, grazie a Federer e Wawrinka, n.3 e n.4 del mondo, ma abbiamo constatato recentemente come il terzo giocatore svizzero, Chiudinelli è n. 163, e come il quarto, Marti, è 209, mentre il doppista Lammer, non rientra addirittura fra i primi 500 (è 502).

L’Italia manca di punte di valore, ma come base è molto più forte della Svizzera. L’undicesimo tennista italiano, Roberto Marcora, n.219, è ben davanti davanti al quinto tennista svizzero.
Così la Cechia che ha vinto recentemente due volte la Davis grazie a due giocatori di punta, Berdych e Stepanek, talvolta coadiuvati da Rosol, non poteva davvero aspirare ad essere considerata la nazione tennisticamente più forte del mondo.
Chiarita per l’ennesima volta questa questione che rende ridicole le affermazioni del tipo “Siamo campioni del mondo”- lo si scrive dal 1975 quando Borg vinse la Coppa Davis praticamente da solo, affiancato in doppio da Ove Bengtson che non era fra i primi 100 tennisti del mondo – può accadere che in Fed Cup le russe non giochino con le loro prime 12 tenniste e perdano dall’Italia così come perderebbero da un sacco di altre squadre.

Può accadere, parimenti, in Davis Cup che la Spagna di Carlos Moyà non riesca a convincere nessuno dei suoi migliori giocatori -salvo l’inesperto Bautista Agut – ad affrontare a trasferta brasiliana e che di conseguenza la Spagna precipiti nell’abisso della serie B.
Anche qui, anzi in Spagna, si è gridato allo scandalo, ci si è indignati. Si è data la colpa alla federazione iberica che colpe non aveva. Moyá si è dimesso, i giocatori “renitenti” – non alla leva ma alla trasferta – lo avevano tradito, lui non ci sta più. L’amico Rafa forse non lo avrebbe abbandonato, ma poteva tornare a giocare tre set su cinque con quel problema che lo aveva costretto a rinunciare a difendere il titolo conquistato all’US Open l’anno prima? No che non poteva. Un conto è giocare un’esibizione in Kazhakstan, un altro è andare a giocare tre set su cinque contro gli arrapatissimi Bellucci e soci.
Cogliendo in contropiede tutti gli addetti ai lavori, e per primi i giocatori spagnoli – come ormai tutti sapete dalle ripetute notizie comparse anche su Ubitennis – il presidente della federtennis spagnola José Luis Escañuela ha nominato capitano della prossima Davis l’ex tennista mancina Gala León García , classe 1973, ex n.32 del mondo nel 2000 come best ranking di fine anno, appena un solo torneo vinto in carriera.
Chi ha contestato questa decisione si è sentito dare del maschilista. Toni Nadal su tutti: “Come farà ad entrare negli spogliatoi? Molte situazioni nel corso di un match di Coppa Davis vengono affrontate e gestite negli spogliatoi…E poi posso dire che semplicemente la sua nomina mi ha sorpreso e ritengo che potrebbe essere un problema. Sarò antiquato ma non di certo maschilista”.
Le donne che rivestono ruoli tecnici, da Amelie Mauresmo alla nostra Tatiana Garbin, alle mogli dei Kukushkin e alle mamme degli Istomin, si sono invece dichiarate – e non può sorprendere – a favore di una scelta consimile.
Come al solito si fa confusione. L’aspetto sorprendente e discutibile, a mio avviso, non sta tanto nella scelta caduta su una donna anziché su quella più tradizionale maschile.
Il sesso non c’entra, anche se Toni Nadal che ha sottolineato un problema concreto come quello dell’accesso agli spogliatoi, non ha detto una cosa fuori dal mondo.
Negli Stati Uniti la mamma di Alexandra Stevenson, Samantha, giornalista che ebbe una lunga relazione con Julius “Doctor J” Erving (dopo anni e anni “scoperto” padre di Alexandra da uno scoop giornalistico del collaboratore di Ubitennis Charlie Bricker del “Sentinel” di Fort Lauderdale), pretese di entrare al pari dei colleghi maschi negli spogliatoi dei giocatori della NBA. “Oppure escano dagli spogliatoi anche i miei colleghi maschi”. Mi pare che la spuntò. Perchè in qualche spogliatoio fecero entrare anche le giornaliste e in qualche altro cacciarono anche i giornalisti. Ma il problema c’è stato eccome. E ci sarà probabilmente sempre perchè molto spesso le squadre di Davis si trovano a dividere gli stessi spogliatoi. Soprattutto nelle serie inferiori, dove gli stadi sono quelli che sono.

Se la moda di scegliere capitane donne prendesse piede, il massimo del…caos accadrebbe quando una squadra capitana da una donna dovesse affrontare la squadra di un Paese musulman-integralista! Ve l’immaginate?
“Busserò alla porta prima di entrare in uno spogliatoio!– ci ha scherzato su Gala Leon Garcia – a San Paolo l’ho fatto e non è successo niente”.
Ma a prescindere dall’obiezione di Toni Nadal, sostenuta in parte da Rafa Nadal “Mio zio ha parlato solo di sport, ma qui si mette sempre in mezzo la politica. Non ho niente contro Gala León, non la conosco personalmente. E’ una strana seppur legittima decisione del presidente Escañuela…che non ci ha consultato”, mi pare che l’accaduto dimostri come i “politici” si rivelino spesso o degli sprovveduti o dei gran superficiali. La scelta di una donna di per sé può essere discutibile ma non sbagliata.

Diventa sbagliata quando chi viene nominato, uomo o donna, non ha il minimo rapporto con i giocatori che deve guidare.
Quando un capitano viene calato dall’alto e su giocatori che, presumibilmente, non sono juniores inesperti ma consumati professionisti. Diventa una scelta sbagliata soprattutto quando si sa benissimo che l’aspetto più importante per il successo di una squadra oggi è proprio la capacità di avere buoni rapporti con i giocatori che vuoi poter convocare. Per evitare che si rifiutino di rispondere alla convocazione con una scusa o con l’altra. Oggi è anacronistico pensare ancora di prendere provvedimenti contro professionisti che devono pensare primariamente alla loro carriera. Nessuno ormai pensa più a punirli, a lanciare proclami come accadeva qualche anno fa. Si cerca semmai di gestire la cosa con tatto, con diplomazia, semmai…offrendo qualche prebenda.

Ma, tornando al capitano, se questi i giocatori non li conosce nemmeno? La León García è caduta dal pero quando Moyá ha dato le dimissioni e il presidente spagnolo l’ha “nominata” capitano. Tant’è che in precedenza non si era neppure sognata di cercare Rafa Nadal per chiedergli come stesse del suo infortunio al polso. Non lo conosce neppure, non ci ha nulla a che fare, perchè avrebbe dovuto chiamarlo? Da capitana già incaricata, invece di sicuro lo avrebbe fatto.

Insomma ai miei occhi – parliamoci chiaro – si tratta di una scelta forse politicamente di grande impatto, ma abbastanza demenziale, più ancora che “contro tendenza”.
Non perchè i tennisti spagnoli siano più “machos” che gli altri, ma perchè l’idea di essere guidati tecnicamente da una donna che – a differenza della Mauresmo campionessa di due Slam – non ha mai vinto niente ma ha raggiunto al massimo una volta gli ottavi al Roland Garros, sicuramente non potrà ispirare loro fiducia.
Juan Carlos Ferrero ha rifiutato la candidatura e può pure essere che nessun altro giocatore di nome (dopo che Corretja, Albert Costa, Orantes hanno già coperto quel ruolo che nel 2000 fu rivestito addirittura da quattro capitani, fra i quali anche il Perlas di Fognini) avrebbe voluto accettare di fare il capitano, ma io non riesco ad immaginare che giocatori esperti come Tommy Robredo, Feliciano Lopez, Fernando Verdasco, David Ferrer ormai ultratrentenni e sempre seguiti nella loro carriera da allenatori maschi, si sentano adesso improvvisamente a loro agio per essere guidati da una tennista che non ha mai vinto nulla, che non ha mai provato certe sensazioni, che ha frequentato principalmente soltanto le arene – per lo più secondarie – del tennis femminile.

Poi, per carità, nella vita non si sa mai. Nè i giocatori spagnoli, né tantomeno io, sappiamo quali possano essere davvero le misteriose qualità di coach della Leon Garcia. Intanto a luglio sarà lei a guidare la Spagna contro la vincente di Russia-Danimarca.
A me è sembrata la classica mossa politica del dirigente che vuol sorprendere l’opinione pubblica e far parlare di sé con una mossa inattesa, come se fosse geniale.
Pronto a ricredermi quando conoscerò personalmente “el señor” José Luis Escañuela. Ma per ora, consentitemi di dubitare fortemente della sua scelta. Ai capitani calati dall’alto non ho mai creduto.

Quando Angelo Binaghi impose Corrado Barazzutti al posto di Paolo Bertolucci – che aveva come principale difetto, più che l’essere retrocesso, di essere grande amico di Adriano Panatta – nessuno dei giocatori mostrò di gradirlo. Non lo volevano proprio. Per quella decisione, anche se non solo per quella, un gran numero di giocatori e giocatrici inscenò addirittura una sorta di sciopero bianco contro la Federtennis. A giocare la Davis in Finlandia andarono, per questo motivo, le riserve, Luzzi e Navarra in singolare, Santopadre in doppio.

Così Barazzutti ci ha messo 10-12 anni prima di conquistare la fiducia degli eredi di coloro, Gaudenzi, Sanguinetti, Pozzi, Nargiso, che – battendo gli USA a Milwaukee – avevano raggiunto l’ultima finale di Coppa Davis per l’Italia, nel 1998.

Chissà, magari se resisterà per qualche anno a chi oggi dimostra chiaramente di dubitare di lei (da Verdasco a Lopez tutti hanno fatto capire come la pensano al riguardo), anche la León García riuscirà a guadagnarsi una sua credibilità. Se è accaduto a Barazzutti perchè non potrebbe accadere anche a lei? Non certo per una questione di sesso.

 

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