Halep, la giocatrice che volle farsi campionessa

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Halep, la giocatrice che volle farsi campionessa

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TENNIS AL FEMMINILE – Simona Halep è stata finalista al Masters di Singapore 2014. Passato, presente e futuro di una giocatrice che ha lavorato e sta lavorando come poche su se stessa e sul proprio modo di giocare a tennis. Quanto potrà ancora crescere?

La stagione è agli sgoccioli e per le protagoniste del Masters (Kvitova esclusa, impegnata ancora in Fed Cup) ormai l’anno è finito; si possono cominciare a stilare i primi bilanci.
Sotto questo aspetto il torneo di Singapore ha offerto alcuni spunti interessanti: le delusioni di Sharapova e Kvitova (due vincitrici di Slam 2014), la conferma di Serena e del rilancio di Wozniacki. Oggi però vorrei occuparmi di Simona Halep, finalista domenica, una delle due esordienti insieme a Eugenie Bouchard.
Bouchard e Halep quest’anno hanno avuto in comune l’aver raggiunto per la prima volta alcuni obiettivi importanti per la carriera di una tennista: l’ingresso in top ten, il raggiungimento di una finale Slam e, appunto, l’accesso al Masters.

Ma se la ventenne Genie non è riuscita a confermarsi ad alti livelli (unica a non vincere nemmeno una partita, anzi nemmeno un set), la ventiduenne Simona ha saputo reggere molto meglio il confronto con le migliori.
I due match contro Serena
terminati entrambi con un punteggio nettissimo, ma con vincitrice opposta hanno contribuito a far emergere opinioni diverse sul valore di Halep e sulle sue possibilità future. E’ una prossima vincitrice Slam o solamente una solida giocatrice di alta classifica?

Di solito leggo i commenti che compaiono dopo le partite, con i giudizi dei lettori di Ubitennis. E quasi sempre la cosa che più mi sorprende è la convinzione che viene espressa nella valutazioni; notevole sicurezza sul futuro di questa o quella giocatrice.  Spesso capita che accanto a un post che preannuncia successi ce ne sia un altro, altrettanto sicuro, di segno opposto.
Per quanto mi riguarda il più delle volte sono pieno di dubbi. Nel caso di Simona Halep, se possibile, questa mia incertezza è ancora più accentuata; lo è al punto tale che mi sono chiesto se ci potesse essere una ragione particolare. Ci ho ragionato e credo di averla trovata. Per spiegarlo, però, devo partire un po’ da lontano.

Sappiamo che la carriera di Halep ha avuto una svolta repentina. Prima del torneo di Roma 2013 era una “qualunque” giocatrice del circuito: stazionava attorno al numero 60 del ranking: al suo livello sembravano esserci potenzialmente molte tenniste. Ma dopo la semifinale raggiunta a Roma (partendo dalle qualificazioni) è cominciata una escalation straordinaria che l’ha portata fino al numero 2 della classifica in un solo anno.
Apro una parentesi: quando parlo di giocatrice “qualunque” il giudizio va contestualizzato: essere sessanta al mondo è comunque un risultato notevolissimo e credo che questo non vada mai dimenticato; però rispetto alle migliori il gap è innegabile. Invece Halep improvvisamente ha compiuto un enorme salto di qualità che l’ha proiettata in una dimensione del tutto differente.

Normalmente i segni di una tale crescita si intuiscono abbastanza presto, e le grandi potenzialità si individuano nelle prime stagioni di carriera. Invece Simona è stata la numero due di Romania (dietro Sorana Cirstea) per parecchio tempo. Per due anni e mezzo (dai primi mesi 2011 fino a luglio 2013) ha veleggiato tra la 45ma e la 65maposizione. In quel periodo avevo avuto diverse occasioni di seguirla e mi ero fatto un’idea del suo modo di giocare e anche del suo carattere. E confesso che tra le tante giovani con margini di crescita (Simona era pur sempre una campionessa del Roland Garros junior 2008) non mi era sembrata quella con maggior possibilità di successo.

Il suo progresso non è stato precoce, però nemmeno particolarmente ritardato. Nella classifica attuale sette giocatrici sono entrate per la prima volta in top ten più giovani di Halep, ma due (Li e Kerber) ci sono riuscite in età ben più avanzata:

tabella 1- corretta

Ecco, questa è la premessa necessaria per spiegare le mie incertezze: l’averla seguita da diversi anni, avere abbozzato un giudizio su di lei e averla invece ritrovata così profondamente cambiata oggi, in modo davvero straordinario.

In compenso tra tanti dubbi una convinzione me la sono fatta: raramente ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad una giocatrice capace di lavorare così profondamente su se stessa.
Si ricorda sempre a questo proposito l’operazione di riduzione al seno, un segnale significativo della sua mentalità. Però a questo vorrei aggiungere almeno altri due aspetti altrettanto evidenti: il cambio di allenatore al termine della stagione scorsa, e la trasformazione del suo modo di stare in campo.

– Primo aspetto
Cambiare allenatore dopo aver vinto sei tornei in pochi mesi sembra piuttosto azzardato. Halep aveva dichiarato di volerlo fare per migliorare ancora di più. Al momento avevo pensato che fosse una dichiarazione di circostanza e che ci potessero essere ragioni personali o private dietro la decisione; oggi però non trovo più del tutto impossibile che davvero Simona ritenesse che per fare un ulteriore salto di qualità fosse utile una nuova collaborazione tecnica; probabilmente più internazionale, come poi in effetti è accaduto.
E negli ultimi tempi forse anche grazie al nuovo coach (il belga Wim Fissette) si sono visti miglioramenti in battuta, che in molte partite è diventata un’arma importante. Resta da capire se sia un progresso del tutto consolidato oppure no: per esempio nel match di finale contro Serena il servizio è stato piuttosto incerto. Così come il dritto, colpo efficace ma più falloso nei passaggi difficili dei match.

– Secondo aspetto
Non meno sorprendente, almeno per quanto mi riguarda, il cambio di atteggiamento in campo.
Nei primi anni di circuito l’impressione che avevo ricavato di Simona non era quella di una giocatrice che si potrebbe definire “fredda”
. Il comportamento durante i match non era distaccato, ma al contrario a me era sembrato “caldo”: le sue partite spesso erano determinate da ondate di euforia o di depressione; e il rendimento ne risentiva di conseguenza. Nei momenti positivi era capace di ottimo tennis, coraggio, grinta. Nei momenti negativi si spegneva, non solo sul piano tecnico ma anche nella convinzione e nella voglia di lottare. E ben difficilmente i suoi atteggiamenti (il cosiddetto “body language”) riuscivano a dissimulare i diversi stati d’animo che la attraversavano.

Oggi la Halep vincente, capace di entrare nell’élite del tennis mondiale, appare molto più stabile, controllata. Alcuni gesti di disappunto nei momenti negativi, ma davvero poca cosa rispetto a qualche anno fa.
Però di solito se c’è una parte davvero difficile da modificare, questa è proprio il carattere. Tanto che la domanda che mi viene da fare è questa: fino a che punto è possibile cambiare la propria indole?
Certo, apparire freddi agli occhi dell’avversaria, come ad esempio faceva Chris Evert, costituisce un vantaggio. Ma lo è anche se richiede uno sforzo straordinariamente profondo di autocontrollo?

Il comportamento ideale non potrebbe essere troppo lontano dall’autentico modo di essere di Simona? In fondo quest’anno Serena Williams è stata sconfitta due volte da Alizè Cornet, una giocatrice che appare molto lontana dal prototipo di tennista fredda e imperturbabile.

Due storici giocatori “freddi”, come appunto Evert ma anche Bjorn Borg, hanno raccontato come agli inizi i loro atteggiamenti in campo fossero diversi. Però il cambio di comportamento era avvenuto da bambini, quando la personalità è in formazione. Simona invece sta cercando di cambiare in età adulta, da ventenne.
Questo modo di Halep di lavorare su di sé sotto tutti gli aspetti a me appare davvero eccezionale, tanto da suscitarmi sensazioni contraddittorie: è un segno di grande umiltà o di grande presunzione? O in questi casi i due estremi si toccano?

Credo che da fuori sia impossibile avere certezze su argomenti di questo tipo; non penso di poter fare altro che esporre le mie sensazioni, che potrebbero anche essere molto imprecise, se non addirittura sbagliate. Ma dei giocatori vediamo solo il momento della partita, e quindi soltanto attraverso quei momenti possiamo provare a ragionare.

Per cercare di darmi risposte ho provato anche a riconsiderare ciò che è accaduto in campo nei momenti decisivi delle grandi finali, le partite che più mettono alla prova le caratteristiche dei giocatori, nei loro punti di forza ma anche nelle loro fragilità. E anche in questo caso mi pare difficile trovare risposte definitive. Nella finale del Masters le cose sono andate male: molti aspetti del suo gioco (servizio, dritto, convinzione nei propri mezzi) sono sembrati vacillare in modo grave, a mio avviso anche al di là del valore della sua avversaria. Nella finale del Roland Garros Halep è stata protagonista di una match piuttosto positivo; non completamente positivo perché si tratta pur sempre di una sconfitta, in cui le maggiori titubanze sono emerse proprio nel set decisivo; ma in fondo in quel caso era una esordiente assoluta.

E’ vero che altre giocatrici, come Azarenka e Kvitova, alla loro prima finale Slam sono state capaci di sconfiggere la stessa giocatrice (Maria Sharapova) in due soli set, ma ognuno ha i propri tempi di maturazione; e forse anche il talento naturale non è lo stesso.
E aggiungiamoci pure i differenti mezzi fisici di partenza, che nel tennis attuale non sono aspetto da poco. Con il suo metro e 68 di altezza (secondo la scheda WTA, che a me pare un po’ generosa) Halep non è nata con una corporatura ideale per generare potenza e per servire particolarmente bene.

Ma siccome ormai mi sono convinto che Simona disponga di una volontà di applicazione e di trasformazione su di sé al di fuori della media, non me la sento di confinarla definitivamente ad un livello inferiore. E’ un errore che avevo già fatto prima di Roma 2013, vorrei evitare di ripeterlo un’altra volta. E poi Justine Henin non era più alta di lei, quindi il dato fisico di per sé non è sufficiente per limitare le sue ambizioni.
Nel 2014 i grandi tornei (Slam e Masters) sono tutti stati vinti da giocatrici già titolate e quindi negli albi d’oro nessun nome nuovo è stato scritto. Tra le pretendenti Simona ha fatto un ulteriore passo avanti rispetto al 2013 proprio nel rendimento in quei tornei; manca poco per il progresso determinante, che però è il più difficile. Riuscirà Halep a compierlo nel 2015? O quello che ha ottenuto da se stessa è già il massimo possibile?

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