ATP Finals, i protagonisti. Ancora tu? È sempre il tempo di Roger Federer

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ATP Finals, i protagonisti. Ancora tu? È sempre il tempo di Roger Federer

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TENNIS MASTERS – Vecchio. La schiena a pezzi. Lento. Alla ricerca del dritto perduto. Padre di famiglia. Battuto da gente che lo vedeva col binocolo. Finito. Finito? Il Re è ancora vivo. 

La testa di serie numero 1 del gruppo B ha avuto una buona annata. Se riuscisse a vincere almeno 3 incontri il bilancio tra vittorie e sconfitte sarebbe uguale a quello del 2012, l’anno migliore di questo ormai non più giovane tennista che calca i campi da tennis dallo scorso millennio. Sarebbe un risultato davvero di tutto rispetto anche se in linea con la posizione di classifica, un lusinghiero numero 2 dietro a quello che da 4 anni – con qualche amnesia – è il dominatore del circuito.

Oppure.

Roger Federer, l’uomo rapito dagli alieni nel 2003 e rilasciato nel 2007, si appresta per la tredicesima volta a cercare di vincere quello che una volta era – e ancora lo è, lasciate perdere i nomi – il “torneo dei maestri”. Lo fa essendo quello che lo ha vinto più volte, che lo ha vinto da più anziano, che per 5 volte di fila lo ha vinto senza perdere neanche un set.

Ancora.

Non poteva capitare sorteggio peggiore a Roger Federer, che avrà il dubbio privilegio di ospitare nel proprio girone gli unici due giocatori – dei 7 presenti al master – con cui non è avanti negli scontri diretti.

Come vedete è innaturale parlare di uno che è famoso più di Santa Claus, che più che tifosi è circondato da adoratori, che ha ispirato versi e romanzi, che cammina su una nuvola, che vince anche quando perde, che nessuno ma proprio nessuno dimenticherà mai, che tutto quello che volete aggiungere…, è innaturale si diceva parlarne come di un tennista. Eppure al netto dell’aura divina che lo circonda Roger Federer alla fine è uno che tira dei colpi ad una palla con un attrezzo. L’aver trasformato questa ludica attività in  qualcosa di indefinibile, l’aver preso uno sport rendendolo del tutto imprescindibile da lui – ci saranno a lungo “quelli che hanno visto giocare Federer” e ci saranno quelli del “che ne sarà del tennis quando quelli che hanno visto giocare Federer non ci saranno più?” – ha prodotto delle reazioni che non sappiamo quanto comuni in altri settori della vita sociale, non solo dello sport. E per rendersene conto, posto che ci sia qualcuno che non se ne sia reso conto, basta aggirarsi per una qualsiasi sala stampa quando si vocifera che sta passando Roger Federer o quando sta giocando Roger Federer. Persino l’ammiratore più sfegatato verrà attraversato da un brivido la prima volta: “dio mio, ma che succede? cos’è questa cosa che ho attorno?” Ma di questo avremo modo di parlarne, per adesso siamo invece in piena epopea con l’eroe che cade dietro i colpi del tempo e degli acciacchi e che si rialza, ammaccato e invecchiato, ferito e mai domo, per riprendersi lo scettro.

E non è con i numeri che si può rendere conto di cosa accade, non con la finale sulla terra lenta di un master mille o con la vittoria di un altro, non con la sconfitta di Wimbledon o la solita contro il vile Satana che scappa quando il confronto sarebbe impari. Ci si deve rifugiare nella retorica, sperando di tenerla sotto controllo, che sia meno innaturale della semplice descrizione:

“domani Roger Federer affronta Milos Raonic per il secondo incotnro del gruppo B. Lo svizzero è il naturale favorito del girone, ma sia Murray che Nishikori possono dargli seri grattacapi, e lo stesso Raonic è uno che lo ha appena battuto a Bercy. Federer non ha ancora perso le speranze di diventare numero 1 del mondo, ma troppe cose dovrebbero incastrarsi, a partire da un improvviso disastro del suo rivale, Novak Djokovic.”

Ma chi ci crede ad un racconto così?

 

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