Quella formula impropria che impoverisce il Masters (R. Tommasi)

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Quella formula impropria che impoverisce il Masters (R. Tommasi)

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TENNIS – Rino Tommasi ci racconta la Storia del tradizionale appuntamento di fine stagione che si porta appresso il peso di una formula inadatta al tennis e che fa quasi sempre rimpiangere quella classica

Non c’è niente da fare. Ogni volta che il tennis cerca nuove strade e propone nuove formule per rispettare l’antica regola che dice che chi vince va avanti e chi perde va a casa impedisce di mandare in archivio senza rimpianti una competizione sportiva.

Purtroppo l’infortunio di Milos Raonic ha sottratto al pubblico un incontro ed una verifica importante per completare un programma che potesse chiudere la stagione assegnando quel titolo di campione del mondo che il tennis non ha mai avuto né voluto.
Il Masters pur regalando alla storia del tennis grandi partite e grandi campioni non ha mai raggiunto il fascino e la credibilità dei tornei del cosiddetto Grande Slam, una definizione rubata al bridge un gioco di carte diffuso neri circoli più privati e ricchi della buona società.

È stato Jack Kramer, il grande campione al quale la guerra ha impedito di vincere i tornei che il suo talento avrebbe meritato, ad avere avuto l’idea – oltre ad aver trovato lo sponsor e la sede – per far decollare una gara che alla fine si è conquistata un proprio spazio nel calendario del tennis.

Purtroppo (o per fortuna) il tennis è uno sport individuale difficile da ingabbiare negli schemi degli sport di squadra anche se la Coppa Davis ha costruito una tradizione interessante per seguire l’evoluzione e tecnica e geografica di questo sport.

Il Masters è nato a Tokyo nel 1970 poi ha girato il mondo: Parigi, Barcellona, Boston, Melbourne, Stoccolma, Houston prima di fermarsi per 13 anni al Madison Square Garden di New York. Grazie a Boris Becker il Masters ha trovato una comoda ospitalità a Francoforte e ad Hannover prima di riprendere a girovagare (Lisbona, Sydney, Houston e Shanghai) fino a trovare pubblico ed attenzione mediatica a Londra dove è felicemente rimasto fino a quest’anno.

Sono 21 i giocatori che hanno vinto il Masters almeno una volta. Federer vi è riuscito sei volte, Lendl e Sampras 5, Nastase 4, Djokovic, McEnroe e Becker 3, Borg e Hewitt 2.
Con una sola vittoria abbiamo Edberg, Agassi, Stich, Corretja, Connors, Orantes, Kuerten, Vilas, Nalbandian, Smith, Davydenko.

Purtroppo la formula del Masters non prevede che un giocatore non possa giocare un incontro, un problema che non disturba i tornei che si giocano con l’antica formula dell’eliminazione diretta. L’infortunio di Raonic non ha quindi sottratto al pubblico un incontro ma ha consentito alla riserva Ferrer di avere la possibilità di incassare un piccolo gettone di presenza e al giapponese Nishikori di giustificare la sua qualificazione e la sua classifica.
Per fortuna ne è venuto fuori il miglior incontro del torneo il primo che si sia allungato al terzo set ed offerto qualche emozione.

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