La WTA "cattiva": perfidie, dispetti e cadute di stile delle top ten

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La WTA “cattiva”: perfidie, dispetti e cadute di stile delle top ten

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TENNIS AL FEMMINILE – Da Serena Williams a Maria Sharapova, da Simona Halep a Petra Kvitova, fino alla attuale numero dieci Dominika Cibulkova. Per ognuna delle prime dieci giocatrici del mondo episodi e situazioni di cui non andare particolarmente orgogliose

Prima o poi capita a tutte: il punteggio, le chiamate dubbie, la stanchezza, la carica agonistica, sono condizioni che rischiano di far perdere il contegno ideale su un campo da tennis. Ecco per ciascuna delle attuali top ten alcuni comportamenti di cui non andare particolarmente orgogliose.

1) Serena Williams
Foot fault 

In una serata newyorkese di cinque anni fa Serena Williams è riuscita a far diventare famosa una giudice di linea. Shino Tsurubuchi, giapponese: questo è il nome della malcapitata scelta per sorvegliare la linea di fondo durante il servizio, e che chiamando un fallo di piede alla numero uno del mondo le fece perdere le staffe. Ancora oggi riconosco Tsurubuchi quando viene inquadrata in occasioni di chiamate particolari; ad esempio era al Masters ATP di qualche giorno fa.

US Open 2009, semifinale contro Kim Clijsters. Serena è indietro nel punteggio: 4-6, 5-6. Serve per stare nel match ed è sotto 15-30; sbaglia la prima di servizio e sulla seconda le viene chiamato foot fault: doppio fallo e 15-40. Serena reagisce malamente nei confronti della giudice di linea e l’arbitro le assegna un warning.
Però un warning Serena lo aveva già avuto in precedenza per aver rotto una racchetta al termine del primo set. Si tratta quindi del secondo richiamo, che diventa per forza un punto perso; sul 15-40 si trasforma automaticamente in sconfitta. In pratica Clijsters ottiene i due punti conclusivi del match senza aver bisogno di colpire una palla, da spettatrice attonita.
Il fallo di piede mette in moto una piccola catena di eventi disastrosi, che determinano la fine della partita e che avranno anche come strascico una multa di oltre 80 mila dollari.
Tra audio riascoltati mille volte e ricostruzioni del labiale, si è arrivati alla conclusione che Serena avesse detto alla giudice di linea all’incirca questo: “Ti infilo questa f*** pallina giù per la f*** gola”.

2) Maria Sharapova
Aspettando la seconda palla

E’ notizia recente: Maria Sharapova è la giocatrice più seguita su Facebook (quindici milioni di fan). Per quanto riguarda il social network americano nessun tennista (maschi inclusi) fa meglio di lei.
Il gradimento non è però altrettanto alto tra le colleghe: Sharapova in passato ha avuto qualche attrito con alcune di loro. Con Serena Williams, ad esempio, tramite conferenze stampa. O con Dinara Safina al Roland Garros. O con Ana Ivanovic a Cincinnati. O con Jullia Goerges a Tokio. O con Vika Azarenka a Roma…
Vabbè, si è capito che non è quella con i rapporti più gioviali nel circuito. Forse molte non amano il suo grunting, particolarmente intenso. Ma sul grunting non ci si riesce a mettere d’accordo per definire se sia un disturbo reale o meno, e se possa essere utilizzato con cattive intenzioni; quindi al di là di proclami sul futuro, nessuno interviene.

Per certi aspetti Maria sembra avere un talento nello sfruttare le pieghe del regolamento.
Mi riferisco ai tempi di ripresa del gioco; come si sa, infatti, c’è l’obbligo esplicito di non superare l’attesa di 25 secondi (20 negli Slam)  tra uno scambio e l’altro. Entro questi limiti si deve servire.
Ma se la prima palla è sbagliata? Il regolamento non dice nulla in merito, e così tra prima e seconda di servizio Sharapova si prende tutto il suo tempo; a volte anche qualcosa di più. Pause snervanti per le avversarie, che gli arbitri fanno fatica a sanzionare proprio perché nel regolamento non se ne parla.
Contro Maria in molte hanno sofferto questa situazione; recentemente ricordo la finale del Roland Garros, con Simona Halep obbligata ad attese particolarmente dilatate tra un servizio e l’altro.

3)  Simona Halep
“La gamba mi fa male”. O forse no

Sul “medical time out” si è dibattuto infinite volte, perché si ha l’impressione che in alcune occasioni sia richiesto in modo strumentale. In più agli spettatori spesso sfuggono alcuni passaggi di quanto accade in campo, nei dialoghi tra protagonisti, e questo rende ancora più difficile valutare la situazione.
Ma a volte le riprese televisive riescono a restituire per intero cosa si dicono arbitri e giocatori, e il quadro si fa più chiaro. E’ accaduto quest’anno a Simona Halep nel match di semifinale a Doha contro Agnieszka Radwanska.
Ecco gli avvenimenti.

– Indietro 2-5 nel primo set, Simona si rivolge alla giudice di sedia chiedendo un intervento del fisioterapista. E infatti l’arbitro lo richiede via radio per il cambio campo successivo.
– Poi però Halep vince entrambi i game: dal 2-5 recupera sino a 4-5. Ed ecco che Simona fa un gesto inequivocabile alla giudice di sedia dicendo “Next, next”. Vale a dire: rimandiamo l’intervento medico.
– Halep si aggiudica anche i due game successivi; ora il punteggio è di 6-5 per lei. Deve servire per il set e non ha la minima intenzione di fermare l’andamento favorevole del match. Altro rinvio: la fisioterapista aspetta sulla soglia dell’ingresso in campo…
– Halep vince il set: cinque game di fila da quando ha fatto la prima richiesta di intervento medico.
Dal 2-5 al 7-5. Finalmente è arrivato il momento di far entrare il soccorso. Dal filmato non capisco bene le parole della fisioterapista: suppongo che le chieda se le fa male la caviglia. La risposta di Simona invece è più chiara: “No more” (“Non più”).
E infatti il tutto si limita ad un giro di bendaggio attorno alla fasciatura esistente.
Nessun MTO quindi: perché allungare la pausa in un momento del genere? Halep vincerà il match 7-5, 6-2, e poi anche il torneo.
C’è qualcosa di meglio di una mano esperta per curare un problema alla gamba? In alcuni casi sembra che il punteggio faccia miracoli.

4) Petra Kvitova
Toilet break, please

Nel circuito WTA ci sono giocatrici allenatissime, che possono correre la maratona senza problemi (come Caroline Wozniacki) e ce ne sono altre che hanno difficoltà a reggere i ritmi di una partita intensa e combattuta. Kvitova appartiene a questa seconda schiera. Sfortunatamente per lei, però, nel 2013 Petra ha disputato moltissimi match che si sono conclusi al terzo set, ben 37. Un numero record, che le è valso l’appellativo di P3tra, con il numero 3 scritto al posto della e.
In tutti questi incontri Kvitova ha mantenuto praticamente sempre la stessa linea di condotta: due set giocati e poi richiesta di toilet break prima del set decisivo.

Se ne parlava anche per il MTO; se per il time-out medico è difficile dire quando la richiesta sia strumentale o meno, figuriamoci stabilirlo per la pausa fisiologica. A volte si ha l’impressione che possa costituire un modo per riassestarsi mentalmente o per recuperare fisicamente E visto che Petra non ha nella resistenza fisica il suo punto forte, è comprensibile che si insinui il sospetto che nel suo caso i toilet break diventino una soluzione alternativa per cercare di compensare quanto non si è riusciti a ottenere con il fitness trainer.
Sui forum il dubbio è venuto a molti, e così il nickname di Kvitova è stato completato in questo modo: P3tra Toiletova.

5) Ana Ivanovic
Ajde, ajde!  Idemo!

Che il tennis negli anni sia cambiato, e che fra i cambiamenti ci sia anche il modo di comportarsi in campo, non lo scopro certo io.
Non è più il tempo dei “gesti bianchi”: anche il galateo tennistico si è evoluto; atteggiamenti un tempo considerati riprovevoli oggi sono accettati senza particolari problemi.
Molto tempo fa era considerato poco elegante festeggiare addirittura sui propri vincenti. Poi si è passati a considerare sbagliato farlo sui punti vinti grazie all’errore altrui. Oggi ormai si tende a esultare in qualsiasi situazione, senza preoccuparsi delle modalità di ottenimento del punto.
Queste evoluzioni accadono perché c’è qualcuno (o qualcuna) che si spinge più in là nel modo di fare.
Tra le attuali top ten segnalerei Ana Ivanovic per quanto riguarda le esternazioni sui punti vinti grazie all’errore altrui; secondo me è quella che lo fa più spesso e in modo più plateale. Appena la partita si fa un po’ combattuta, Ivanovic si esprime a colpi di “Ajdeee!”,  di “Idemoo!” e di esultanze a ripetizione con il pugno. Eccoun solo game della finale di Stoccarda 2014 in cui si vede che non conta come si è ottenuto il punto, ma solo che lo si sia vinto. Tra Ajde e Idemo, non manca nulla.
A chi piace Ana non darò fastidio, ma forse qualcuno non avrà gradito.

6) Agnieszka Radwanska
Ancora sul MTO

Come ho raccontato sopra, Radwanska è stata in un certo senso la vittima del match contro Simona Halep perso a Doha, in cui la sua avversaria ha attuato una gestione dell’intervento medico piuttosto discutibile. Ma, come direbbe qualcuno, chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Nel caso di Agnieszka bisogna tornare agli Australian Open 2011. Siamo al primo turno e l’avversaria è Kimiko Date. Quella partita era diventata famosa perché Radwanska nell’eseguire una rispostaaveva perso l’ovale della racchettarimanendo con solo il manico in mano. Questa è la parte divertente di un match che però pochi avevano seguito nel suo svolgimento. Avendolo visto tutto, posso raccontare qualcosa in più.

La racchetta non si era rotta per un difetto di fabbricazione, ma perché alcuni game prima Radwanska in un momento di frustrazione aveva ripetutamente colpito il terreno con il suo attrezzo.
E la frustrazione era salita perchè in quel match sembrava proprio non riuscire a venire a capo della sua avversaria. Ecco, tenendo presente questo, si capisce anche la scelta di chiamare un MTO (medical time out) in un momento di punteggio disperato: sotto 1-4 nel terzo set.
Un MTO motivato? A me era parso piuttosto sorprendente; ma, ancora una volta: come dimostrarlo? Sta di fatto che si rivelerà un MTO “assassino” per Kimiko Date.
Kimiko soffre particolarmente le pause nel match; infatti perde sei dei sette game successivi e di conseguenza la partita (7-5 al terzo). E nelle dichiarazione post-partita non mancherà di segnalare l’episodio.

7) Eugenie Bouchard
Stringere la mano? Assolutamente no

Eugenie Bouchard è molto giovane; in pochissimi mesi è stata catapultata al centro dell’attenzione e a volte l’inesperienza emerge anche nelle situazioni più banali. Per esempio in una normale giornata di sorteggio di Fed Cup.
Aprile 2014, il Canada ospita la Slovacchia. Quante volte abbiamo visto le immagini delle avversarie che si stringono la mano in occasione del sorteggio?E’ un gesto ovvio, un semplice atto di reciproca sportività.
Ma non per Bouchard, che non vuole assolutamente stringere la mano a Kristina Kucova.

All’imbarazzo del momento si aggiunge quello della successiva conferenza stampa; Eugenie pensa di cavarsela con una soluzione a metà strada tra la battuta e la goliardia di squadra; e infatti mentre si giustifica attribuendo alla stretta di mano un segno di debolezza (usa il termine “lame”) si gira verso le compagne cercando solidarietà.
Agghiacciate dalla risposta, invece, le compagne rifiutano di accennare anche solo un minimo movimento verso di lei: tutte con lo sguardo fisso in avanti, attente a non dare l’impressione di una possibile sintonia con l’idea appena esposta.

Bouchard è considerata una potenziale miniera d’oro dai pubblicitari e dai vertici del tennis femminile. Ma forse la sua connazionale a capo della WTA, Stacey Allaster, dovrà farle capire che certi atteggiamenti non migliorano l’immagine.

8) Caroline Wozniacki
Gli arbitri ce l’hanno con me

Sembrerà strano, considerato il buon carattere fuori campo che un po’ tutte le giocatrici le riconoscono, ma non credo di sbagliare se dico che, tra le attuali top ten, chi più spesso si lamenta degli arbitri, va a controllare i segni, esaurisce anzitempo i challenge è Caroline Wozniacki.
Eccola appunto senza più challenge a disposizione sul match point della semifinale di Miami 2012. Caroline non ha la possibilità di verificare l’overrule del giudice di sedia, e non accetta la cosa affatto bene, tanto da rifiutarsi di stringere la mano all’arbitro al termine della partita.
Questo atteggiamento di diffidenza diffusa di Wozniacki emerge particolarmente nelle partite su terra battuta. La ragione è semplice: siccome sulla terra la palla lascia un segno molto chiaro ed evidente, per Caroline è possibile non solo controllare i rimbalzi della parte di campo in cui gioca, ma anche quelli nella metà opposta.
La ricordo al torneo di Roma 2011 andare a verificare sistematicamente tutte le palle dubbie sul suo servizio. Uno stillicidio di camminate a ridosso della rete per accertarsi che le chiamate fossero corrette o meno.
Oppure eccola al Roland Garros 2012 arrivare a dire al giudice di sedia “Sei mai stato a scuola?” dopo una decisione a sfavore.

Insomma Caroline quando gioca a tennis sembra essere di quelli che pensano “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. Considerati gli avvenimenti recenti, verrebbe da dire che se nell’adagio popolare c’è del vero forse però sarebbe meglio applicarlo, più che agli arbitri, ai fidanzati.

9) Angelique Kerber
Daniela, non lamentarti per le ingiustizie

Angelique Kerber è una giocatrice che ama la battaglia. Anzi, direi che li suo meglio lo dà proprio quando la tensione sale sul piano dell’incertezza e della combattività.
Ma come si comporta in una situazione conflittuale in cui è coinvolta solo indirettamente? E’ quello che vediamo in questa partita del Roland Garros 2014, in cui la giudice di sedia sta prendendo una decisione clamorosamente sbagliata contro la sua avversaria, Daniela Hantuchova.
La situazione è descritta nel dettaglio in questo breve articolo di Ubitennis.
Ovviamente la povera Hantuchova non ci sta, e le prova tutte per cercare di avere giustizia. Prima si lamenta con l’arbitro, poi richiede (come al solito senza che cambi nulla) anche il supervisor.
Pretendere che di fronte a questa situazione Kerber intervenisse per restituire il punto ingiustamente concesso sarebbe troppo: non viviamo nel mondo ideale, e tra professionisti di solito vige la regola di prendere tutto quanto un arbitro concede a proprio favore. Ma che addirittura Angelique si avvicini alla rete per lamentarsi del comportamento di Hantuchova, appare come un ulteriore beffa per la povere Daniela (min 3’50).

10) Dominika Cibulkova
Un ultrà come fidanzato

Cibulkova è una giocatrice di carattere; spesso le piace mettere un po’ di pepe nei suoi match, incitandosi con molta frequenza ed esultando con degli “olè” sui punti importanti.
Ma sotto questo aspetto ultimamente la sua “marcia in più“ è fuori campo: del suo entourage fa parte anche il fidanzato, che più volte si è fatto notare per un tifo sfrenato. In questa intervista Cibulkova lo descrive come ”shy” (timido), ma evidentemente la timidezza scompare durante le partite.
Non sembra essere una novità quindi, il partner in tribuna che infastidisce l’avversario, come si dice sia accaduto proprio l’altro giorno tra Wawrinka e Mirka Federer. Nel caso di Cibulkova, però, i dubbi non ci sono. Il fidanzato di Dominika ha una caratteristica particolare: si presenta a fare il tifo anche in altri match, studiando il tabellone in funzione della sua amata; specie se la speranza è di evitare una giocatrice con cui ha perso negli ultimi quattro confronti.

E’ quanto accaduto a Wimbledon 2013 con Roberta Vinci. Nel match di Roberta contro Cepelova il più accanito in tribuna era proprio Miso Navara, il fidanzato di Cibulkova.
Purtroppo per lui questo non è bastato ad evitare il passaggio del turno di Vinci; non solo in quel match, ma anche nel successivo confronto diretto. Portando (allora) il bilancio delle vittorie consecutive a cinque.

Ecco dalla stessa voce di Roberta Vinci il racconto (dal minuto 9’22” dell’audio).

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Una piccola nota in conclusione.

Evidentemente le giocatrici non escono particolarmente bene dagli episodi raccontati; mi spiacerebbe però se si dimenticasse che questa è solo una ridottissima parte del loro modo di essere tenniste. E sappiamo tutti che il tennis è davvero lo sport del diavolo: in alcune situazioni sembra che sia stato concepito apposta per tirare fuori il peggio di ciascuno di noi.
Ecco perché mi auguro che questo articolo venga preso senza eccessi, e non diventi l’occasione per lasciare il campo libero agli “odiatori” di professione, che qualche volta affliggono i forum di sport. Non credo che le protagoniste citate lo meriterebbero.
Perché ho scritto questo articolo? Perché il buonismo a tutti costi lo trovo non solo noioso ma anche poco veritiero. E poi sappiamo tutti che nella realtà nessuno è perfetto.

P.S. Per martedì prossimo una specie di seconda puntata: valutazioni per gli arbitri WTA. Come si comportano i giudici di sedia sulle chiamate difficili, quali sono i migliori e i peggiori. Perché in campo non solo le giocatrici possono sbagliare o avere ragione nelle situazioni controverse.

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