Coppa Davis con polemica, rissa sfiorata tra i francesi e lo spaccone Wawrinka (Martucci)

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Coppa Davis con polemica, rissa sfiorata tra i francesi e lo spaccone Wawrinka (Martucci)

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Coppa Davis con polemica, rissa sfiorata tra i francesi e lo spaccone Wawrinka (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

«E’ vero che hai detto che noi francesi abbiamo parlato tanto prima della finale e voi svizzeri invece avete fatto parlare le racchette in campo? E vero che hai detto che sei stato il più forte, venerdì contro Tsonga, e che non sei numero quattro del mondo per caso?». Un attimo prima della cena di gala alla finale di coppa Davis di domenica Julien Benneteau, e poi Richard Gasquet hanno chiesto qualche chiarimento a Stan Wawrinka, e lui, pur ammettendo di essere stato un po’ brillo durante la conferenza stampa, pur scusandosi per il tono, ha confermato serenamente tutto ciò che aveva sostenuto, anche davanti agli altri giocatori francesi sopraggiunti, i mori di casa, Gael Monfils e Jo Wilfred Tsonga (peraltro amico del cuore di Stan). Niente di più, niente di meno. Se non per la stilettata che capitan Arnaud Clement ha riservato al numero due della Svizzera nel suo discorso, elogiando Federer «per la classe dimostrata in campo e coi media», e ignorando invece Wawrinka.

Sorpresi? Noi no. A parte la tensione di quei momenti, la delusione dei padroni di casa e l’euforia doppia degli ospiti, peraltro accentuata dall’infortunio che ha tenuto in forse Federer. D’altronde Svizzera II è fatto così. E un po’ rude. Altrimenti l’amico Roger (Federer) non l’avrebbe soprannominato «Stanimal», per la forza bruta, certo, ma anche per i modi, perché è senza misure. E il suo limite, ma anche il suo asso nella manica, come già per Robin Soderling che così, senza guardare in faccia a nessuno, è diventato l’unico a essere riuscito a buttar giù Rafa Nadal dal trono del Roland Garros. Niente fronzoli: gran prima di servizio, gran dritto e/o rovescio da fondo e, di spallata in spallata, Stanislas ha divelto, di pura potenza, un torneo del Grande Slam, a gennaio in Australia.

Perciò, conoscendolo, nessuno nel giro s’è sorpreso, due sabati fa, durante le semifinali del Masters, quando ha prima protestato con l’arbitro, in campo, e poi ha spiegato senza problemi al Magnifico, che dalle tribune la signora Federer lo disturbava, «come a Wimbledon» fra la prima e la seconda di servizio. Negli ultimi due anni, Stan è cresciuto di risultati, di considerazione, di personalità, di classifica mondiale (in questo momento è il numero quattro), ed è così come si vede: semplice e diretto. Quando perde mancando quattro match point contro Roger, e poi prende da solo il treno Londra-Lille, per la finale di Davis. Come quando è decisivo nella storica finale di coppa Davis, sopportando l’enorme pressione del numero due che rischia di doversi sobbarcare ancora una volta tutto il peso della squadra sulle spalle perché il più forte di tutti i tempi rischia di disertare a un passo dal traguardo. Del resto, se Roger è nobile di nascita, con quel talento ineguagliabile, la classe innata, e l’estrema facilità di qualsiasi gesto, Stan è il classico parvenu, viene dal popolo, si è elevato col lavoro fino a salire ai piani altissimi (…)

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