L'anno che verrà di Andy Murray

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L’anno che verrà di Andy Murray

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TENNIS PERSONAGGI – Il vincitore di Wimbledon 2013 ha davanti l’anno decisivo. Come passare dal terribile 60 61 a protagonista del primo slam 2015? 

Il dominio di Djokovic, il solito ultimo anno di Federer, il ritorno di Del Potro ma ancora di più quello di Nadal, la consacrazione di Nishikori e – chissà – Dimitrov, i quarti di luna di Wawrinka. L’anno prossimo sembra destinato a giocarsi su questi temi ma dietro a loro, accanto a loro, c’è il più famoso dei convitati di pietra: Andy Murrray. Il britannico – meglio: lo scozzese, visto che non ha le preoccupazioni di Nadal ad esporsi – potrebbe ritrovare il filo di un discorso che si è bruscamente interrotto poco più di un anno fa, dopo la sconfitta contro Wawrinka a Flushing Meadows.

Pochi ricordano che prima di quella sorprendente, e netta, sconfitta Murray aveva messo insieme i 16 mesi migliori di tutti, cominciati con la finale di Wimbledon 2012, proseguita con la vittoria alle olimpiadi e a New York, poi la parentesi di un discreto master, quindi la finale buttata al vento a Melbourne, il salto strategico di Parigi, e l’epilogo strepitoso di Wimbledon 2013. Insomma altro che Fab discutibile. Per un anno Andy fu di una continuità negli slam strepitosa, vinse 2 slam su 5 e fece finale negli altri due ai quali partecipò. Poi, come accennato, Wawrinka, il crac della schiena, la separazione da Lendl – troppo diversi i due forse e anche dal punto di vista ideologico – il mistero Mauresmo, un recupero lento e complicato forse non del tutto concluso. Ma i suoi tifosi faranno bene a non perdere le speranza, perché anche in un anno a dir poco complicato, per usare un eufemismo, come il 2014, Murray qui è lì è stato un giocatore di un altro pianeta. In forma praticamente pietosa, con mille problemi alle spalle, lo scozzese ha ridicolizzato Nadal a Roma per un set prima di cedere ai suoi turbamenti ancora prima che allo spagnolo; senza gioco è arrivato persino alla semifinale del Roland Garros, stavolta travolto da un Rafa con poca voglia di perdere tempo. E anche a Wimbledon è servito un misterioso riscaldamento e un Dimitrov mai visto prima – né dopo, a dire il vero – per interromperne la corsa. E persino a New York contro RoboNole per un paio d’ore buone è sembrato lui il leader del ranking, prima – di nuovo – di crollare chissà se stremato fisicamente o mentalmente.

Ma Andy dietro quella insopportabile aria indolente, sempre pronto a toccarsi ora un polpaccio, ora una caviglia, ha le stimmate del fuoriclasse e persino un cuore che ha poco da invidiare a chiunque: decide di partecipare al master e vince tutto quello che serve. Barcollando, attendendo di essere proprio sul ciglio del burrone per giocare un tennis meraviglioso – guardatevi i match point di Valencia contro Robredo –  e rilassandosi una volta che il traguardo è stato raggiunto.

Adesso Andy ha approfittato dell’off season per mettere a posto alcune cose personali, il fidanzamento, il cambio di uno staff che lo seguiva da tempo immemorabile e che ha forse pagato l’aver espresso in forma pubblica le perplessità sulle modalità di assunzione della Mauresmo. Con la mente libera, con l’idea di un obiettivo alla volta, la sensazione è che sarà il caso che Djokovic, Federer, Nadal, Wawrinka, Nishikori e tutti gli altri facciano bene attenzione ad Andy Barron Murray, Ufficiale dell’Impero britannico.

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