Nadal, il doping e quell'ombra sul tennis

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Nadal, il doping e quell’ombra sul tennis

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AGGIORNAMENTO: Leggi la nota del Direttore Ubaldo Scanagatta

Tutto nasce  da un’intervista di Rafa Nadal al Mundo mai smentita. Dopo però Rafa ha detto: “Meglio che d’ora in poi a parlarne sia solo il dottor Cotorro”. Meglio così. Vicenda e conseguenze altrimenti inquietanti, se il giornalista non ha capito e scritto male. L’assordante silenzio di ATP e stampa, ecco perché Rafa Nadal, per la legge italiana, non sarebbe in regola

NOTA DI UBS: Personalmente, mentre credo alla serietà della ricerca condotta da Antonio Garofalo e Roberto Salerno, fatta con grande scrupolo e con la meticolosita di un avvocato (Garofalo) e pur sapendo che mi accuseranno di essere “Ubinadal”, non credo che un atleta come lo spagnolo – di cui credo nella perfetta buona fede e che sa benissimo di essere sorvegliato speciale – voglia correre dei rischi di cui è assolutamente consapevole, altrimenti non avrebbe mai rilasciato l’intervista a El Mundo.
Come molti atleti Nadal non è certo un esperto né in questioni mediche o legali soprattutto quando queste riguardano norme di altri paesi. Nadal si fida del suo medico, tant’è che dopo la sua intervista al Mundo – peraltro, come detto nell’articolo, mai smentita (d’altra parte se Nadal dovesse smentire tutto quello che viene scritto su di lui smetterebbe di giocare a tennis) – ha poi dichiarato di non voler parlare più dell’argomento ma di rivolgersi appunto al dottor Cotorro che è certamente più informato di lui.
A chi ci accusasse di non aver voluto sentire la campana di Nadal va detto che lo stesso Nadal aveva dichiarato di non voler parlare più dell’argomento. Quindi, poiché ribadisco di ritenere l’articolo ben documentato, ho deciso di autorizzarne la pubblicazione. Se qualcuno del clan Nadal avesse qualcosa da obiettare, Ubitennis sarà ben lieto di ospitare una replica purché essa sia basata su eventuali inesattezze “giuridico-normative” contenute nell’articolo.

È appena partita una nuova stagione ma c’è un silenzio assordante, che si protrae da quella appena conclusa, da parte della stampa sportiva su un tema quanto mai importante. Ubitennis.com,  per il rispetto che deve ai suoi lettori, non può esimersi dall’affrontare il tema dei trattamenti cui si starebbe sottoponendo Rafael Nadal, se davvero avesse rilasciato quelle dichiarazioni . Abbiamo cercato di farlo in maniera più oggettiva possibile cercando di evitare di farci condizionare dall’importanza del giocatore coinvolto e dai risvolti agonistici che, come leggerete, in questa situazione non entrano per nulla.

È inutile dunque girare attorno al problema: la questione è delicata e appare corretto procedere analizzando quelli che sembrano dati di fatto incontestabili in nostro possesso, ovvero: 1) le dichiarazioni di Nadal sulle cure alle quali si sta sottoponendo; 2) il tenore letterale delle norme vigenti; 3) cosa dicono i medici e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che è l’organismo chiamato a decidere della salute di tutti noi e che stabilisce quali cure si possono fare e quali sono soltanto degli “azzardi” non giustificati dallo stato delle conoscenze mediche; è fra l’altro l’OMS a stabilire i criteri delle sperimentazioni.

Prima di cominciare varrà la pena fissare un punto. La normativa antidoping è principalmente tesa a salvaguardare la salute dell’atleta. Se si interviene è perché si ritiene che l’atleta possa andare incontro a terribili conseguenze nella sua vita post-sportiva, dall’invecchiamento precoce, alla perdita di funzionalità di organi vitali, nei casi estremi alla morte. Questo aspetto va forse ricordato più spesso, perché molte volte si scambia la preoccupazione per il doping per una semplice preoccupazione “sportiva”. In gioco c’è qualcosa di terribilmente più serio di una vittoria al Roland Garros o a Wimbledon.

1. Le dichiarazioni di Nadal

Precisiamo una cosa. In tempi di WEB è particolarmente complicato accertare la veridicità di una dichiarazione. Proseguiremo l’articolo ragionando come se Nadal avesse effettivamente detto queste cose. È vero che non esiste smentita, ma naturalmente non è possibile riuscire a smentire tutto quanto viene detto in giro.

Il campione spagnolo, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano spagnolo e che potete leggere qui avrebbe testualmente dichiarato – rispondendo alla domanda circa il trattamento praticato e le sue differenze con le cure portate al ginocchio – che “è un po’ diverso. Sarebbe meglio che fosse Angel [Ruiz Cotorro], il mio medico, a spiegarlo, ma è semplice. Prendono il plasma del sangue, lo centrifugano ed estraggono fattori di crescita che vengono iniettati per favorire la rigenerazione delle cellule. La metodologia di trattamento non è molto diversa [rispetto a quella utilizzata per curare il ginocchio dalla “sindrome di Hoffa” ndr] solo che questa è un po’ più aggressiva perché devono praticare iniezioni nella parte inferiore della schiena per estrarti le cellule staminali dalla cresta iliaca. Poi si devono preparare colture in modo che le cellule si riproducano per cercare di rigenerare i tessuti più velocemente”.

Il fuoriclasse spagnolo in poche righe accennerebbe a due trattamenti diversi: l’emoautotrasfusione e l’estrazione di cellule staminali. Il primo trattamento (l’emoautotrasfusione) sarebbe spiegato in modo po’ impreciso. Il sangue è formato da globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e plasma. Il plasma è la parte “liquida” del sangue. A finire nella centrifuga non è il solo plasma ma l’intero sangue. E si mette nella centrifuga esattamente per separare la parte liquida (plasma) dalla parte corpuscolata (globui rossi, bianchi e piastrine). Una volta separati i due componenti, dal plasma si estraggono i fattori di crescita.

In assenza di prove dirette circa i trattamenti praticati da Nadal, sembra opportuno e corretto riferirsi a quelle che sembrano le sue parole. Se davvero avesse detto quelle parole ebbene non c’è dubbio che quel trattamento praticato comporti prelievi di sangue, trattamento dello stesso e iniezione all’interno dell’organismo.

2. La legislazione italiana

Orbene, vediamo cosa dice la legge italiana in materia. A costo di risultare un po’ noiosi ma al fine di proporre argomentazioni esaustive e corrette, vi sottoporremo gran parte della normativa che interessa il caso concreto di Nadal.
Il punto di riferimento nella legislazione italiana è la Legge n° 376 del 14.12.2000 intitolata “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”.

L’art. 1 della legge (“Tutela sanitaria delle attività sportive. Divieto di doping”) specifica che “L’attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei princìpi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping, con appendice, fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 29 novembre 1995, n. 522. Ad essa [all’attività sportiva] si applicano i controlli previsti dalle vigenti normative in tema di tutela della salute e della regolarità delle gare e non può essere svolta con l’ausilio di tecniche, metodologie o sostanze di qualsiasi natura che possano mettere in pericolo l’integrità psicofisica degli atleti.”

Con il comma 2 si entra nel vivo della vicenda ed il legislatore fornisce una definizione generica di cosa si debba intendere per “doping”: “Costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.

Il comma 4 fornisce una prima importantissima eccezione, sulla quale poi torneremo più avanti: “In presenza di condizioni patologiche dell’atleta documentate e certificate dal medico, all’atleta stesso può essere prescritto specifico trattamento purché sia attuato secondo le modalità indicate nel relativo e specifico decreto di registrazione europea o nazionale ed i dosaggi previsti dalle specifiche esigenze terapeutiche. In tale caso, l’atleta ha l’obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione e può partecipare a competizioni sportive, nel rispetto di regolamenti sportivi, purché ciò non metta in pericolo la sua integrità psicofisica”.

Esaminate le definizioni generali, entriamo nel dettaglio. Quali sono le sostanze e i trattamenti vietati per la legge italiana?
L’art. 2 della legge in esame (“Classi delle sostanze dopanti”) specifica che le sostanze e le pratiche sono suddivise in classi “approvate con decreto del Ministro della sanità, d’intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive
Le classi sono poi sottoposte a revisione periodica con cadenza non superiore a sei mesi. Ad oggi, l’ultima revisione è quella operata dal Ministero della salute con il D.M. .23/06/2014.

L’allegato III, sezione 5 (“Pratiche e metodi vietati in gara e fuori gara”, capitolo M1, “Manipolazione del sangue e dei componenti del sangue”) è quello che ci riguarda più da vicino:
“Sono proibiti i seguenti metodi: 1. La somministrazione o reintroduzione nel sistema circolatorio di qualsiasi quantità di sangue autologo, omologo o eterologo o di prodotti contenenti globuli rossi o di qualsiasi origine. È proibito l’uso di pratiche ipobariche/ipossiche.
2. Potenziamento artificiale dell’assorbimento, del trasporto o del rilascio di ossigeno ivi compresi: (…)
3. Qualsiasi forma di manipolazione endovascolare del sangue o di componenti del sangue con mezzi fisici o chimici”.

Orbene, anche al lettore completamente a digiuno di competenze mediche e/o giuridiche la situazione non può che apparire del tutto evidente.
Questo è quello che farebbe Nadal per sua stessa ammissione (o meglio, quello che farebbero a Nadal): “Prendono il plasma del sangue, lo centrifugano ed estraggono fattori di crescita che vengono iniettati per favorire la rigenerazione delle cellule”. E ancora “ devono praticare iniezioni nella parte inferiore della schiena per estrarti le cellule staminali dalla cresta iliaca. Poi si devono preparare colture in modo che le cellule si riproducano per cercare di rigenerare i tessuti più velocemente”.
Per la legge italiana è doping e dunque è vietata “La somministrazione o reintroduzione nel sistema circolatorio di qualsiasi quantità di sangue autologo, omologo o eterologo o di prodotti contenenti globuli rossi o di qualsiasi origine” oltre che “qualsiasi forma di manipolazione endovascolare del sangue o di componenti del sangue con mezzi fisici o chimici”.
Dunque alla domanda “il trattamento a cui di starebbe sottoponendo Nadal è da considerare doping per la legge italiana?” La risposta non può che essere sì.
Altro discorso è valutare l’eventuale punibilità di Nadal.
Punto primo Nadal in ogni caso non è perseguibile dalla legge italiana fino a che non sia scoperto ad effettuare tali trattamenti all’interno del territorio italiano. In tal caso, la legge 376 del 2000, all’art. 9 prevede la reclusione da tre mesi a tre anni e una multa da euro 2.582 a euro 51.645.
Secondo punto, il trattamento che Nadal avrebbe praticato rientrerebbe tra quelli vietati dalla legge italiana sia durante le competizioni che fuori. In altre parole se fosse provato che un atleta italiano effettuasse la medesima pratica in Italia in qualsiasi momento dell’anno, potrebbe essere oggetto di procedimento penale. Nadal non è un atleta italiano e quindi è soggetto alle leggi del suo paese di origine, ma Fognini o Seppi, tanto per fare due esempi, lo sarebbero.
Punto terzo, come detto sopra, la legge italiana concede una derogaIn presenza di condizioni patologiche dell’atleta documentate e certificate dal medico”. Nadal è in questa situazione? Il trattamento a cui si sottopone è strettamente necessario per cause patologiche? Lo vedremo in seguito, qui basti ricordare che anche il recupero più veloce del normale da un infortunio è da considerarsi doping a tutti gli effetti.

3. Gli aspetti sanitari

Come accennato in conclusione del paragrafo precedente una possibile “linea di difesa” (giustificazione) riguarda le condizioni patologiche del giocatore. Quindi la domanda si sposterebbe dalla liceità del trattamento – che abbiamo visto non esserci secondo la legge italiana – alla giustificazione dell’eccezione. Per verificare questo, cioè per comprendere se si sia in presenza di quell’eccezione che giustificherebbe la cura, sarà il caso di focalizzare la nostra attenzione su due aspetti: a) cosa si intende per “patologia” in questo contesto specifico; e b) se sia possibile o meno “inventarsi” cure sperimentali per trattare uno specifico problema.
La patologia. Come abbiamo visto la legge parla di “condizioni patologiche”. Un equivoco abbastanza diffuso nel mondo dello sport è che l’utilizzo del termine sia “interpretabile”. Se stai male, quale che sia il tuo malessere, hai una patologia. Ma gli stessi termini che magari risultano imprecisi o vaghi nella terminologia comune, diventano di una precisione cogente all’interno di una norma di legge.
Per “condizioni patologiche” quindi, la legge italiana intende una specifica condizione di sintomi e/o segni di perdita della salute riconducibile ad un quadro morboso specifico. Esempio. Se hai mal di testa sei in una condizione patologica e devi fartelo passare. Ma il “quadro morboso specifico” che riguarda il mal di testa è stabilito dalla diagnosi. Il modo quindi che si utilizza per curare il mal di testa non è univoco. Non si va dal medico e si dice “ho mal di testa” e il medico ti fornisce un farmaco. Si vede da cosa è causato il mal di testa e si procede con la cura. Al di fuori di precise indicazioni scaturite da una precisa diagnosi non si possono somministrare farmaci. Se il mal di testa è provocato dalla cefalea essenziale il medico prescriverà un certo tipo di farmaco; se è provocato dalla meningite prescriverà un altro tipo di farmaco. Se il mal di testa è una cefalea bisogna usare degli specifici farmaci diversi da quelli usati per curare il mal di testa dovuto alla meningite.
Esemplificando (e semplificando) si ottiene un quadro del genere:

sintomo–>diagnosi–>cura

Attenzione. La libertà di cura del paziente è del tutto all’interno delle prospettive di cura. La diagnosi può dirti che hai la meningite e dire ci sono X modalità per curare la meningite. All’interno di quelle X modalità il malato può scegliere. Al di fuori di quelle no, può solo scegliere di non curarsi. Se ritengo che l’aspirina curi i miei problemi cardiologi non sono libero di scegliere l’aspirina e se il medico mi prescrive l’aspirina semplicemente va in galera.

Bene, fin qui dovrebbe essere tutto chiaro.

Torniamo al nostro caso: Nadal ha il mal di schiena. Da cosa è provocato il mal di schiena (quadro morboso specifico)? Naturalmente non lo sappiamo, esiste un diritto alla privacy al quale il giocatore può correttamente appellarsi.
Ma possiamo lo stesso fare un passo avanti e visto che il giocatore avrebbe fornito delle indicazioni più o meno precise sulla sua cura possiamo ripercorrere il nostro schemino al contrario e chiederci: la cura che Nadal avrebbe detto di utilizzare per quali malattie è indicata? Quali sono i casi leciti per cui si può usare la centrifugazione del sangue e l’estrazione di cellule staminali? Ricordate che si può usare solo per casi previsti dalla legge.
I trattamenti del sangue, nelle modalità esplicitate dal giocatore. sono destinati a specifiche patologie che possiamo trovare elencate nelle linee guida terapeutiche redatte dal ministero della salute e aggiornate periodicamente. In quelle dell’aprile del 2014 noi troviamo che le patologie che devono essere trattate attraverso la immissione di fattori di crescita estratti del proprio sangue riguardano malattie come i tumori del sangue e del midollo (leucemie e linfomi) e tutte quelle forme di riduzione patologica del valore dell’emoglobina o dei globuli bianchi, generalmente associate a terapie utilizzate per la cura di tumori, di epatiti virali o altre forme morbose (per un elenco delle linee guida terapeutiche legate al trattamento del sangue vedi qui). In nessun modo è previsto che questa possa essere utilizzata per guarire da “mal di schiena”. Quindi o Nadal ha un tumore del sangue o una leucemia o un linfoma oppure non può usare quel trattamento.
Stessa cosa per quanto riguarda l’uso delle cellule staminali. Esattamente come previsto per il trattamento del sangue allo stesso modo è previsto quando le cellule staminali, di qualsiasi provenienza, hanno prodotto risultati soddisfacenti dal punto di vista empirico (significa che c’è stata una sperimentazione che ha avuto buoni risultati. Anche in questo caso esiste una precisa disposizione del Ministero della salute che spiega quando la cura con cellule staminali sia appropriata e ha avuto risultati scientificamente consolidati. E di nuovo si parla di leucemie e linfomi (l’elenco si può trovare qui).

Anche in questo caso quindi o Nadal soffre di queste patologie – ed è persino inutile dire quanto speriamo di no – oppure non può utilizzare le cellule staminali.

Le cure sperimentali

Una delle obiezioni che più spesso vengono adottate dagli sportivi discussi è che si starebbero sottoponendo a cure innovative non disponibili a comuni mortali per cui ci sarebbe una sorta di segreto attorno alla cura. È fondamentale specificare con chiarezza che – a livello legale – non è così che funzionano le cose. Non esiste una cura “misteriosa” tenuta segreta e non esiste la possibilità per un medico di fare sperimentazione su un soggetto particolare. Se il Dottor Cotorro, nel nostro caso specifico, volesse “testare” una cura non potrebbe dire a Nadal “proviamo questa modalità” senza che questa non sia stata ritenuta congrua dall’OMS. E anche in quel caso va testata tenendo conto di numerose variabili come il tipo di patologia che andrebbe curata e il tipo di cura previsto. Sempre tornando al nostro caso, il prelievo di sangue con conseguente re-immissione è “approvato” soltanto nel caso si soffra di malattie legate al sangue, come leucemia e tumori. Non certo per un mal di schiena sia o meno grave il danno.
In Europa esiste un organismo di controllo che si chiama EMA (European Medicines Agency). Questa agenzia ha lo scopo di valutare l’immissione in commercio di tutti i medicinali e le procedure terapeutiche di qualunque natura. Per approvare un qualsiasi protocollo terapeutico presentato dai paesi dell’Unione Europea richiede la presentazione di tutti i dati relativi a 4 diversi livelli di sperimentazione (sicurezza, uso negli animali, tollerabilità e dose efficace) del procedimento adottato. La valutazione è effettuata sul riscontro delle 4 linee terapeutiche e su un numero di soggetti ritenuto congruo. Quindi è impossibile che un medico decida di iniziare un’attività di sperimentazione al di fuori delle procedure EMA.
La sperimentazione per definizione è pubblica. Cioè non è possibile sperimentare alcun tipo di trattamento al di fuori delle regole e della normativa previste dai singoli stati. Queste regole (materiali e metodi, scopo della sperimentazione, popolazione oggetto dello studio) sono identiche in tutti i paesi occidentali e devono essere rese pubbliche alle autorità. Nessuno può fare di testa sua. Il vecchio caso Di Bella si giocò proprio sull’incongruenza della sperimentazione. Il medico sosteneva di aver avuto dei risultati ottenuti al di fuori dei protocolli sperimentali previsti per legge. Giova forse ricordare che quando lo stato italiano fu praticamente costretto dall’opinione pubblica a sperimentare la cura Di Bella il risultato fu una catastrofe: il metodo Di Bella non serviva a niente.
Si ricorderà forse anche quella serie televisiva di grande successo che aveva come protagonista il Dottor House. Quando il medico aveva il colpo di genio basato sulla intuizione (una cosa praticamente senza senso nella vita reale) specificava sempre che quello che stava facendo era illegale e che poteva portarlo alla prigione. Lui e i suoi superiori.

Conclusioni
Giova ricordare una volta di più che la certezza delle dichiarazioni di Nadal non esiste, e che anche ad Abu Dhabi il maiorchino ha detto di non volerne parlare, e di chiedere al Dottor Cotorro. In ogni caso a noi sembra del tutto inverosimile che queste pratiche possano essere di esclusiva pertinenza del maiorchino e crediamo che gli atleti dovrebbero stare molto attenti e circondarsi di persone che abbiano a cuore prima che i loro risultati sportivi la loro salute. Il clan di Nadal – da quanto si evince da numerose dichiarazioni – è molto unito ma rischierebbe di pagare carissima l’asimmetria informativa di cui sarebbe vittima se davvero le cose stessero come potrebbe sembrare. Come dicevamo all’inizio il problema non è né vincere il Roland Garros né primeggiare, il problema sono i terribili rischi a cui gli atleti vengono sottoposti. Abbiamo lasciato sullo sfondo il caso della macchina ipobarica e non abbiamo informazioni su quasi nessun tennista. Paradossalmente l’attenzione che si è venuta a creare su Nadal potrebbe essere d’aiuto per cercare di comprendere alcune stranezze che cominciano ad uscire dal territorio delle semplici anomali per diventare dei veri e propri indizi. Forse ci si dovrebbe interrogare meglio sui motivi per i quali è cambiato il ciclo di vita della professione tennistica o su alcuni risultati decisamente insoliti seguti da numerosi ritiri. Ma le notizie su cui ragionare sono decisamente frammentate, ed è tutto sommato encomiabile che Nadal si sia “offerto” alla curiosità della pubblica opinione, aprendo uno squarcio sul quale abbiamo provato a indagare. Ma gli atleti non possono farcela da soli. Che ci sia un certo cinismo da parte degli sponsor, interessati soltanto al fatto che il giocatore raggiunga i risultati previti dai contratti ci può anche stare. Ma il pubblico, i tifosi, dovrebbero considerare cosa ci potrebbe essere dietro un’affermazione che sembra innocente ma non lo è: “l’importante è che si riprenda in fretta” virando su un più maturo “l’importante è che stia bene e che non corra rischi”. E l’ATP dovrebbe essere enormemente più cauta nel tutelare la salute dei propri associati. Ma sono soprattutto gli operatori dell’informazione terrorizzati dall’” effetto ciclismo” che porterebbe forse ad una crisi un movimento oggi molto florido che devono assumersi la responsabilità di vigilare. Ma il silenzio degli altri organi di stampa sulla questione è assordante e non fa certo onore alla categoria.

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