Australian Open, quanto influisce il caldo a Melbourne

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Australian Open, quanto influisce il caldo a Melbourne

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Questa analisi molto interessante, spiega come i giocatori possano proteggersi dal caldo e dalla disidratazione durante lo Slam più caldo dell’anno….
Scritto da Jonny Fraser (proprietario di Science of Tennis, Itpa Master Tennis Performance Specialist GPTCA Tennis Coach) e Mike James (LTA Performance Coach, GPTCA Tennis Coach)

Con la crescita del fenomeno sportivo e delle economie emergenti, il tennis è diventato uno sport mondiale. Sia il calendario Atp che quello Wta comprendono un gran numero di tornei che si disputano in ogni continente. I tornei che si disputano su campi outdoor sono programmati a seconda delle condizioni climatiche locali per permettere agli atleti di competere in condizioni ottimali (calde). Le condizioni calde e umide consentono agli organizzatori una modulazione flessibile del calendario, e fornisce agli spettatori una più confortevole esperienza di tennis dal vivo. Inoltre, una minore incidenza della pioggia (per via delle strutture di copertura dei campi più importanti) ha permesso una più completa copertura televisiva e attratto maggiormente gli sponsor e i partner commerciali.

Giocare a temperature elevate comporta una sfida già di per sé per gli atleti. Spesso i giocatori si preparano attraverso un processo di acclimatazione, riposo e recupero fisico legato a un adeguato allenamento sul campo. Comunque, la scorsa edizione degli Australian Open, caratterizzata da diverse giornate consecutive con temperature sopra i 40° C, è stata estremamente dura per i giocatori. L’innalzarsi delle ‘temperature inumane’, come ha detto uno dei giocatori, ha portato a episodi di colpi di calore, a svenimenti sul campo, e ha portato Ivan Dodig a dire ‘di aver temuto di morire sul campo’. Il tempo di impiego dei raccattapalle in campo è stato ridotto, le bottiglie d’acqua si scioglievano e le scarpe si fondevano per via del calore. Bergeron (2014) ha affermato che praticare sport a livello professionistico in condizioni estreme può causare il fenomeno del dolore termico che può incidere sulla capacità di condurre un corretto processo decisionale, sulla percezione dello sforzo fisico in campo e causare il sorgere di problemi fisici e l’aumento della sensazione di fatica. Questo, combinato con un’eccessiva sudorazione che a sua volta conduce a diminuzione della quantità di acqua nel corpo e di elettroliti, può portare a un calo della capacità di performance e situazioni di malessere. A causa delle proteste dei tennisti riguardo a una mancanza di comunicazione, gli organizzatori hanno compreso la necessità di una più chiara regolamentazione della materia. Uno delle modifiche necessarie al regolamento riguardava le tecniche di misurazione della temperatura nel caso in cui questa superasse i 40°C e degli strumenti per la verifica dell’umidità nei casi in cui la temperatura raggiungesse i 32,5°C. in sostanza però quali effetti determina il calore eccessivo sul corpo di un tennista e quali tecniche si possono sperimentare per far sì che questi diminuiscano?

Kovacs and Baker (2014) hanno ragionato sui modi in cui si possono mantenere alte le capacità competitive in condizioni di alte temperature. Ai giocatori si raccomanda di assumere costantemente liquidi in modo da non incorrere nella disidratazione, in particolare quelli che contengono sodio per reintegrare gli elettroliti persi con il sudore. Inoltre, altre buone norme raccomandano agli atleti di iniziare ogni match perfettamente idratati, e proseguire nell’integrazione di liquidi tra allenamento e match. Ellenbecker e Stroia (2014) hanno enfatizzato l’importanza che sia l’Atp sia la Wta pongono sul tema della corretta idratazione. Essi si soffermano sulle misurazioni del livello dei liquidi effettuate in ogni torneo prima e al termine di ogni match. Questo può comportare anche il controllo del peso e del colore delle urine. Appare chiaro che un’adeguata idratazione consenta al corpo di evitare il rischio di incorrere in stati di malessere legati all’esposizione al calore.

Le altre strategie, che i tennisti possono sperimentare per prepararsi e mantenersi competitivi in situazioni di grande caldo, sono i processi legati all’acclimatazione e l’uso di strumenti refrigeranti. Bergeron (2014) ha discusso l’importanza di un acclimatazione progressiva sia legata all’ambiente sia legata all’intensità di allenamento e partita. Un processo di ambientamento al caldo richiede in media tra i 7 e i 10 giorni e spesso include una rallentamento del battito cardiaco a temperatura e intensità dell’attività sportiva costanti, un abbassamento della temperatura di sudorazione e un aumento della temperatura corporea. Ma il fatto che raramente i giocatori di tennis abbiano 10 giorni di tempo per prepararsi a un torneo rende l’acclimatazione una vera e proprio sfida. Comunque, considerando che molti tornei si giocano a temperature medie, tutto ciò potrebbe essere meno necessario di quanto precedentemente affermato.

Metodi di refrigerazione sono usati molto spesso dagli atleti. Lo sfruttamento delle zone d’ombra è un tipico esempio. Anche in casi di temperature e umidità alte si possono vedere tennisti con borse e asciugamani riempiti di ghiaccio intorno al collo, in particolare durante cambi di campo. Nonostante ci sia bisogno di maggiori ricerche (e quindi prove) su questo argomento, anche altri studi tendono a dimostrare miglioramenti sia fisiologici sia in termini di performance. Hunter, Hopkins e Casa (2006) hanno dimostrato che gli sciatori di fondo che indossano una maglietta termica nelle ore precedenti alla loro attività fisica hanno un certo calo della temperatura corporea riducendo così i casi di dolore termico. Inoltre, Webster e altri (2005) hanno dimostrato che indossare abbigliamento termico prima di sottoporsi a uno sforzo aerobico massimale porta non soltanto al miglioramento della resistenza ma anche a una minor percezione del calore. Si può immaginare quanto siano positivi gli effetti di queste pratiche refrigeranti sui tennisti. Questi potrebbero includere una riduzione della fatica, migliori capacità di recupero tra un punto e l’altro, mantenimento della velocità e della potenza in campo oltreché a una conservazione della capacità decisionale. Similmente a quanto detto per le tecniche di acclimatazione, anche quelle di refrigerazione possono diventare estremamente complesse per i giocatori i cui programmi di gioco variano continuamente a livello di luogo e ora.

Bergeron (2014) ha riflettuto fino a che punto i giocatori possono avere l’intenzione di modificare il proprio gioco per ridurre al minimo gli effetti delle alte temperature. Questo può essere ottenuto attraverso l’applicazione di uno stile di gioco mirante a ridurre il più possibile il tempo passato in campo. Negli ultimi anni lo stile di gioco, però, può essere solamente adattato e non cambiato del tutto. Giocatori come Djokovic, Nadal, Williams e Sharapova sono giocatori a tutto campo. È importante che, quando ci si muove dietro alla linea di fondocampo, si sviluppi un gioco in profondità e ampiezza. Per qualunque giocatore coinvolto in un torneo che si svolge in condizioni umide come quelle degli Open australiani il piano di gioco deve essere sviluppato in termini di pro-azione e non di reazione. Per esempio, Federer, nel suo match d’esordio vinto per 6-4 6-2 7-5 contro Lu giocava in posizione molto avanzata in risposta, quando possibile. Ha anche utilizzato la tattica del serve&volley in alcuni punti chiave sia sulla prima sia sulla seconda di servizio cercando di colpire in maniera molto aggressiva. Questo esempio è sia l’esempio dell’evoluzione del gioco di Federer negli ultimi 12 mesi, da quando si accompagna al suo coach, Stefan Edberg, ma è anche una strategia utilizzata da numerosi top players in questi primi turni.

I giocatori che raggiungeranno le fasi finali del torneo quest’anno potrebbero avere sulle spalle un minor tempo di gioco in campo e migliori condizioni climatiche. Murray, dopo aver sconfitto il suo avversario di primo turno, ha alluso alle migliori (più fresche ) temperature di quest’anno dichiarando: “se fa più fresco, è chiaro che il match ti prende meno energie. La tattica e la scienza potrebbero giocare un ruolo vitale per chi arriverà a sollevare i trofei del 31 gennaio e dell’1 febbraio”.

 

Traduzione a cura di Maurizio Riguzzi

 

Bibliografia: 

Bergeron, M.F (2014). Hydration and thermal strain during tennis in the heat. British Journal of Sports Medicine, 48, i12-i17.

Ellenbecker, T.S. and Stroia, K.A. (2014). Heat research guides current practices in tennis. British Journal of Sports Medicine, 48, i5-i6.

Hunter, I., Hopkins, J.T.and Casa, D.J. (2006). Warming up with an ice vest: core body temperature before and after cross country running. Journal of Athletic Training, 41(4), 371-374.

Kovacs, M.S. and Baker, L.B. (2014). Recovery interventions and strategies for improved tennis performance. British Journal of Sports Medicine, 48, i18-i21.

Webster, J., et al. (2005). A light weight cooling vest enhances performance of athletes in the heat. Ergonomics, 48(7),821-837.

Jonny Fraser (Owner of Science in Tennis) has an MSc in Sport and Exercise Science and is a Master Tennis Performance Specialist with the International Tennis Performance Association (www.itpa-tennis.org).

Mike James (Owner Matchpoint Management) is a GPTCA Level B coach and Level 4 LTA Tennis coach. He coaches at the LTA centre at Loughborough University.

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