Banzai, Nishikori sponsorizzato da Agassi e Chang (Crivelli), Una Venere d'annata va nei quarti Agli Aus Open (Semeraro), La battaglia di Venus non è solo un gioco (Azzolini), Melbourne ritrova la Venus smarrita (Mancuso)

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Banzai, Nishikori sponsorizzato da Agassi e Chang (Crivelli), Una Venere d’annata va nei quarti Agli Aus Open (Semeraro), La battaglia di Venus non è solo un gioco (Azzolini), Melbourne ritrova la Venus smarrita (Mancuso)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Banzai, Nishikori sponsorizzato da Agassi e Chang

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 27.1.2015

 

Quando hai vinto, è il momento di serrare l’armatura. Il Bushido, il codice d’onore dei samurai, è innanzitutto elevata pratica di vita: mettiti in guardia, invece di pensare che l’avversario sia già annichilito. Kei Nishikori, una racchetta al posto della ka-tana, è un moderno e solitario guerriero che ha fatto della battaglia aspra, della conquista di ogni palmo di terreno, della resistenza sovrumana agli attacchi del nemico una filosofia vincente: «Io non sono alto come i miei avversari, non picchio forte come loro, e allora devo provare a batterli con il gioco di gambe, la tattica, la difesa che si trasforma in attacco». BASSO PROFILO Andre Agassi, antico signore dell’anticipo, ha appena sostenuto che il giapponese è uno dei pochi giocatori per cui valga la pena pagare il biglietto. Benevolenza per la comune militanza da Bollettieri? Semplicemente, il riconoscimento che nessun punto è perduto quando Kei è in campo: «Io mi esalto nella battaglia». II match come contesa, conquista, avanzamento intelligente. II piccolo samurai di Shimane, approdato in Florida a 14 anni con qualche dollaro in tasca e solo «thank you» nel bagaglio delle parole inglesi non conosce l’arrendevolezza quando gioca, ma senza gli strumenti di lavoro è un docile ragazzo di 25 anni addirittura fin troppo deferente verso gli altri, come gli ha ricordato spesso il nuovo mentore Chang: «Giocava contro Federer o Nadal ed era estasiato per il solo fatto che stava nello stesso spogliatoio con loro, era in soggezione prima ancora del primo scambio». Una finale Slam (persa in settembre a New York) e una classifica da top ten ormai consolidata (ora è numero 5) hanno cambiato solo un po’ la sua enorme cultura, tutta orientale, del rispetto. Tanto che neppure la netta vittoria di ieri su Ferrer in tre set, che lo riporta ai quarti australiani dopo 3 anni, accende la miccia delle ambizioni: «Preferirei avere un’altra classifica, magari fuori dai 10, per gestire meglio le pressioni. Devo ancora costruirmi l’esperienza per il livello in cui mi trovo adesso». POPOLARITA’ Un understatement che tuttavia comincia a non conciliarsi troppo con l’enorme popolarità che lo ha travolto dopo i grandi Us Open e la storica qualificazione al Masters: Time Asia gli ha dedicato la copertina di gennaio e dopo il ritiro di Li Na è lui che gli sponsor spingono come nuova icona di un continente in straordinaria ascesa di passione tennistica. E anche la residenza ormai fissata negli Stati Uniti non è più vissuta come un tradimento dagli orgogliosi figli del Sol Levante: «Sono tornato a casa durante la pausa invernale, è stato divertente vedere così tanta gente che mi fermava per strada, non me lo aspettavo»…..

 

Una Venere d’annata va nei quarti Agli Aus Open

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 27.1.2015

 

la Williams fa piangere la Radwanska dl Stefano Semeraro Vintage Venus, l’hanno ribattezzata così. Visiera, ricciolo selvaggio, un po’ più di ruggine nei colpi e di anni nelle gambe da predatrice (appena dopo Wimbledon saranno 35, nel prossimo luglio), ma sempre la stessa classe sovrana. Al quarto turno si era estratta da un match perso contro la nostra Camila Giorgi, bella e ingestibile (soprattutto da se stessa), negli ottavi ha fatto piangere Aga Radwanska, la maestrina polacca che quest’anno ha ingaggiato una antenata tennistica di Venere, la grande Martina Navratilova, nella speranza di sgraffignare finalmente uno Slam, ma che davanti alla Williams ha fatto la figura dell’allieva a corto di preparazione e si è poi anche sciolta in lacrime. Così eccola qui, Venus, di nuovo nei quarti di finale di uno Slam – non accadeva dagli US Open 2010, quando si arrese in semifinale a Kun Cljisters – e di nuovo in teorica rotta di collisione in semifinale consister Serena, che ieri si è liberata con qualche patema di Garbine Muguruza, la contundente spagnola che l’aveva sorpresa l’anno scorso al Roland Garros. Corsi e ricorsi tennistici: per sperare di incrociare di nuovo le racchette con la sorellina (il bilancio è 14-11 per Serena, l’ultima volta vinse Venus a Toronto nel 2014, l’ultimo confronto in uno Slam risale a Wimbledon 2009) Venus dovrà battere anche Madison Keys, la ragazzina americana cresciuta proprio nel suo mito e che oggi si fa allenare da una delle sue grandi ex avversarie, l’altra n. l americana Lindsay Davenport (27 scontri diretti fra le due): le altre passano, Venus rimane. Serena invece dovrà vedersela con Dominika Cibulkova, la slovacca tascabile che l’hanno a Melbourne fu finalista contro Na Li la maggiore delle Williams negli ultimi 4 anni ha dovuto lottare contro la sindrome di Sjogren, una malattia autoimmune che le toglie energie e la obbliga ad una dieta molto attenta (è diventata vegana), e moti la davano ormai definitivamente sulla strada del tramonto, sprofondata oltre quota 70 nel ranking. love-ce è risalita al n.18 del mondo e due settimane fa ha vinto il suo 46 esimo titolo Wta, (battendo in finale la n.7 del mondo Caroline Wozniacki) ed i suoi ultimi 6 ultimi incontri con giocatrici compresi fra le prime 10 ne ha vinti 5, e soprattutto non ha perso una stilla della grinta di famiglia «Magari potrò non sembrare così entusiasta di questa vittoria – ha spiegato – ma è solo perché sono già stata in questa posizione. Se non ml metto a saltare su e giù come una matta (come fece dopo una famosa finale di Wimbledon, vinta proprio contro la Davenport – ndr) non significa che non sia contenta. La verità è che questo è il mio momento, e ho l’intenzione di farlo durare più a lungo possibile. Ma dovrò lavorare duro. Come ho fatto a resistere nei momenti più difficili di queste ultime stagioni? Pensando a mia sorella Serena, la campionessa delle campionesse».

 

La battaglia di Venus non è solo un gioco

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 27.1.2015

 

L’ace vincente arriva mentre sul cielo di Melbourne esplodono i fuochi artificiali dell’Australian Day. Venus confeziona la sua resurrezione con la festa già incorporata. Mancava dai quarti di finale di uno Slam dal 2010, quando era ancora una delle grandi del tennis. «Mai voltarsi indietro», ammonisce sorridendo, lo sguardo morbido di una signora che molto ha visto e molto ha fatto. Era una tennista, allora A Melbourne i quarti, a Wimbledon pure, agli Us Open la semifinale. Oggi è una donna che usa il tennis per combattere, una scelta chissà quanto condivisa dai medici Però coraggiosa, come sempre è stata Venus Nell’estate del 2011 le diagnosticarono la sindrome di Sjogren, una malattia autoimmune per la quale non esiste una terapia sicura. Senso di stanchezza, dolori alle articolazioni e ai muscoli. Colpisce soprattutto le donne. Molte ci convivono, qualcuna guarisce, una soltanto, lei, ci gioca contro, convinta di batterla sei zero sei zero. La malattia Ne parla senza remore. «La malattia ha cambiato la mia vita. Sono diventata persino vegetariana, anzi, vegana Ho pensato fosse una buona scelta per spegnere l’infiammazione che sentivo bruciarmi dentro. Ora va meglio». I periodi di stress fisico si sono distanziati, fra l’uno e l’altro Venus trova più tempo per se stessa e per le mille cose che fa. Anche per il suo tennis. È una donna alla testa di due aziende importanti, viaggia con la segretaria al seguito e di mattina, prima del caffè, passa in rassegna i progetti che i collaboratori le inviano. Gli interni delle ville in Florida che i facoltosi connazionali chiedono di far ristrutturare ai designer della sua V Starr (Starr con due erre, chissà se per sbaglio, è il suo secondo nome), e le nuove linee fashion della sua azienda di abbigliamento, la EleVen. Dicono ci sappia fare. Anzi, dicono sia addirittura geniale. Imbattuta Finita la colazione torna tennista, e degente. «Se salgo in classifica significa che sto meglio», assicura. Ha affrontato quattro anni lontana dalle prime 50, ed era un dispiacere vederla battere le più forti nei giorni in cui la sindrome la lasciava in pace e subito dopo sparire. Quest’anno però non è come gli altri, Venus è ancora imbattuta Nove match, a oggi. Ha vinto ad Auckland, in finale sulla Wozniacki, e qui è nei quarti. La spagnola Torro Flor, la connazionale Davis, poi la Giorgi, «ma dove prende tanta forza, quella ragazza?», ieri, insieme, Agnieszka Radwanska e Martina Navratilova, allieva e coach, che chissà chi è più pericolosa delle due. Ha condotto lei il gioco. Ha trovato la forza per recuperare il secondo set e il break subito all’inizio del terzo, che poi ha dominato. Ha variato i colpi, cosa che un tempo non tentava nemmeno. Anche contro la Giorgi aveva fatto vedere di essere disponibile a venire a patti con la pallina, persino ad alzare qualche pallettone, per riprendere posizione sul campo. Un tempo Venus picchiava. Poi la malattia ha picchiato lei. Ora dice di aver capito come difendersi. Nel prossimo match trova un’altra coppia curiosamente assortita, Madison Keys e coach Lindsay Davenport, la ragazza che ha imparato a giocare osservando le Sister, e la vecchia rivale che Venus superò a Wimbledon, nell’ultimo Slam vinto.

 

Melbourne ritrova la Venus smarrita

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 27.1.2015

 

Con quel che sta accadendo a Melbourne la canzone che WyclefJean, noto rapper haitiano, ha dedicato alla maggiore delle sorelle Williams, “Venus (I’m ready)”, potrebbe diventare la colonna sonora degli Australian Open. I due si sono conosciuti durante le riprese di un reality show al quale partecipava anche la cantante colombiana Shakira. A 20 anni dall’esordio nel circuito professionistico Venus ha ripreso a ruggire. Un paio di settimane fa, a 34 anni, ha conquistato a Auckland il 46esimo titolo della carriera battendo in finale Caroline Wozniacki. Ieri è tornata nei quarti di un torneo dello Slam dopo oltre 4 stagioni battendo la polacca Agnieszka Radwanska, n.6 del mondo: 6-31-6 6-2. L’ultima volta era accaduto agli US Open del 2010, quando si era spinta fino alle semifinali. Da 3 anni l’americana ha scoperto di essere affetta dalla Sindrome di Sjogren, una rara malattia autoimmune: sentirsi sempre affaticati non è certo l’ideale per una sportiva d’alto livello. Tra lunghi stop, attività extra tennis e sconfitte era finita nell’anonimato: la sorella meno forte di Serena. I suoi scivoloni contro improbabili avversarie neppure facevano più notizia: intanto la sua classifica era crollata, tanto da finire fuori dalle prime 100 (alla vigilia degli Australian Open era tuttavia risalita al n.18). Ci si era dimenticati troppo in fretta che Venus, vincitrice di 7 titoli nei Major, aveva sempre raggiunto almeno i quarti in tornei dello Slam dal 1997 al 2010: 14 anni consecutivi. Soprattutto ci si era dimenticati che Venus, ancor prima della sorella minore, ha rappresentato una rivoluzione unica nel tennis femminile: colpi potenti, a tratti devastanti, come mai si erano visti prima. Con la malattia è iniziato un capitolo nuovo della vita e della carriera di Venus, che nel frattempo è diventata fervente testimone di Geova e vegana adottando una nuova dieta.

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