Dopo diciassette k.o. Berdych stende mezzo Rafa (Crivelli). Maledizione Australia, Nadal si fa travolgere: “Non sono competitivo” (Semeraro). Fuori dall’Open i lupi Nadal e Kyrgios, sono i giorni del tennis meno urlato (Giua)

Rassegna stampa

Dopo diciassette k.o. Berdych stende mezzo Rafa (Crivelli). Maledizione Australia, Nadal si fa travolgere: “Non sono competitivo” (Semeraro). Fuori dall’Open i lupi Nadal e Kyrgios, sono i giorni del tennis meno urlato (Giua)

Pubblicato

il

 

Dopo diciassette k.o. Berdych stende mezzo Rafa (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Il tempo restituisce l’orgoglio e lucida pensieri di grandezza anche nella serata più gelida e amara. Il momento è arrivato, il momento verrà. C’erano quattro giocatori, nell’era Open, a detenere il non invidiabile record di 17 sconfitte consecutive contro lo stesso avversario: Gerulaitis (Borg), Mayotte (Lendl), Connors (Lendl) e Berdych (Nadal). C’era una nazione intera, dentro la Rod Laver Arena, a prendere per mano il Kid di casa Kyrgios verso una semifinale che mancava dal 2005.

LUCE E OMBRA II verbo al passato, dunque, svela già il mistero: dopo 9 anni, il bombardiere ceco torna a battere Rafa, l’incubo mancino, smascherandone l’attuale, umana fragilità. Nick Mano Calda, invece, trova in Andy Murray un ostacolo insuperabile. E Tomas, futuro sposo della bellissima Ester Satorova raggiante in tribuna, si prende pure lo sfizio di un 6-0 al maiorchino stralunato terzo uomo in uno Slam dopo Roddick e Federer. Nadal, però, non è lui, né pub esserlo dopo un inverno di malanni: il successo a fatica sul carneade Smyczek era stato il segnale, le vittorie all’apparenza facili su Sela e Anderson la panacea per una condizione lontanissima. Il numero 3 del mondo è statico, lento di gambe, non regge gli scambi lunghi e per due set tira a metà campo, offrendo il petto alle bordate di Berdych. Con straordinario rendimento al servizio, solito dritto tritasassi e accuratezza alla risposta.

FATICA Solo nel terzo set, quando concede due palle break sul 4-4 e poi da 5-1 nel tiebreak si ritrova 5-4, qualche maligno su Twitter immagina che Tomas torni di nuovo «Perdych», ma il rovescio in rete di Rafa sul match point allontana gli incubi: «Sono partito alla grande, però quando giochi con un campione del genere devi essere pronto a tutto anche se sei sopra due set a zero. E infatti nel terzo lui è diventato più aggressivo, ma io sono riuscito lo stesso a gestirlo». Era il 2006, da Madrid, che l’attuale numero 7 del mondo si inchinava al guerriero, ora più che mai senz’armi: «E’ stata una pessima giornata, non ho giocato con la giusta intensità, il giusto ritmo e Tomas è stato migliore di me. Non posso essere soddisfatto di una sconfitta, ma sono arrivato ai quarti di uno Slam dopo un infortunio».

IL TERZO UOMO La semifinale tra Berdych e Murray avrà peraltro il convitato di pietra: lo spagnolo Dani Vallverdu, uno dei migliori amici di Andy e suo consigliere tecnico per anni, ora finito all’angolo del ceco pare su suggerimento addirittura di Ivan Lendl, una scelta non propriamente gradita da Muzza. Che, senza troppi squilli, si ritrova così avanti a Melbourne per il quinto anno consecutivo, magari pronto a sfatare il tabù delle tre finali perse agli antipodi. Non poteva essere Kyrgios, malgrado i voti degli aussie, a fermarne la corsa: lo scozzese serve addirittura meglio del ragazzino, risponde e passa da fenomeno (straordinario il pallonetto con cui chiude il tiebreak del secondo set) e con lo slice non dà mai una palla uguale all’altra su cui l’altro possa appoggiarsi e scatenare i muscoli (…)

——————————————–

Maledizione Australia, Nadal si fa travolgere: “Non sono competitivo” (Stefano Semeraro, La Stampa)

Quella terra non è la sua terra. Anche se ci ha vinto una volta ed è arrivato due volte in finale. Dagli Australian Open Rafa Nadal è uscito troppe volte con il corpo piagato o la memoria ferita. Nel 2011, con una coscia malmessa, nei quarti non si ritirò solo per amicizia verso David Ferrer; l’anno dopo finì scarnificato da Djokovic nella prima finale Slam sadomaso della storia. Nel 2014 il titolo lo aveva dovuto consegnare, con la schiena ridotta a un puntaspilli, all’incredulo Wawrinka. Eppure a Melbourne nel 2009 aveva fatto addirittura piangere Federer e se quest’anno gli fosse riuscito il bis sarebbe diventato il terzo nella storia – dopo Laver ed Emerson – a portarsi a casa almeno due coppe di tutti i grandi tornei. Rafa realista

«Se, se, se…», ha riso malinconicamente il Niño in una giornata da Grande Freddo (11 gradi e tanto vento) dopo essersi fatto brutalmente ripassare in tre set (6-2 6-0 7-6) da Tomas Berdych, il campione a metà che prima di ieri aveva battuto 17 volte di fila. Ah, se fosse riuscito ad arrivare al quarto set, se si fosse presentato in Australia in forma e non a corto di preparazione dopo l’infortunio al polso che l’anno scorso l’ha tenuto fuori dagli Us Open… «Ma i “se” non succedono mai – taglia corto Rafa il realista -. E non puoi sperare di vincere un quarto di finale in uno Slam se sei tu ad aiutare l’avversario. Ho giocato corto, nei primi due set non sono stato competitivo e questo non mi piace. Non era la mia giornata. Ma la stagione è ancora molto lunga, in fondo arrivare ai quarti senza giocare bene non è un disastro. Quando rientri da un infortunio non puoi sperare di essere subito al massimo: io non faccio eccezione».

Fa strano invece vedere uno 0-6 nello score di Nadal. L’ultimo glielo aveva somministrato Roger Federer al Masters del 2011, così come l’ultimo 0-6 in uno Slam nella fmale di Wimbledon 2006. L’ultima volta invece che né Rafa né Roger erano inciampati prima delle semifinali in un Major era il 2013, era Wimbledon. E vinse Murray: dopo aver liquidato il garzone Kyrgios, e in attesa di incrociare Berdych in semifinale, Andy starà lucidando gli amuleti (…)

————————————–

Fuori dall’Open i lupi Nadal e Kyrgios, sono i giorni del tennis meno urlato (Claudio Giua, repubblica.it)

È dal 2005 che gli australiani attendevano l’occasione di poter tifare per un proprio giocatore nelle ultime fasi della corsa verso il titolo a Melbourne. Quell’anno Lleyton Hewitt, sull’onda dell’entusiasmo per il titolo vinto due settimane prima a Sydney contro Carlos Moyá, raggiunse la finale degli Open ma fu poi sconfitto da Marat Safin (1-6 6-3 6-4 6-4). Pensarono in molti: è un incidente di percorso per il ragazzo prodigio di Adelaide, già trionfatore a Wimbledon e Flushing Meadows e numero 1 ATP per 80 settimane tra il 2001 e il 2003, che avrà ben tante altre occasioni di vincere qui. Invece non accadde più. Cominciò l’era di Federer e Nadal, poi comparvero anche Djokovic e Murray. Hewitt, classe 1981 come lo svizzero, non tornò mai ai livelli di quand’aveva poco più di vent’anni.

La lunga attesa è finita oggi con il quarto di finale tra Nick Kyrgios, vent’anni ad aprile, 53 ATP, e Andy Murray, classe 1987, 6 ATP, protagonista delle finali nella Rod Laver Arena nel 2010, nel 2011 e nel 2013, la prima persa con Federer, le altre con Djokovic. La speranza di milioni di australiani di vedere il ragazzone di origini greco-malesi in semifinale è durata però poco, 124 minuti, il tempo di tre set molto tirati: 6-3 7-6 6-3. Lo scozzese ha disputato un match intelligente, soprattutto difensivo, impostato sui frequenti cambiamenti di ritmo con l’obiettivo di contenere l’esuberanza fisica e l’aggressività dell’avversario, peraltro meno efficace al servizio (9 ace) rispetto all’ottavo di finale con Seppi. Andy ha sfoggiato un colpo per lui non frequente come il back di rovescio sul quale Nick è andato talvolta in confusione. Oppure è ricorso ai lob: i due strepitosi con i quali s’è preso il tie break del secondo set, che Kyrgios ha potuto solo seguire, basito, da sotto rete, e quello che ha dato il primo break del terzo set a Murray, portandolo sul 4-2.

L’altra arma vincente di Murray è stato il servizio (13 i suoi ace, 63 per cento la quota di punti ottenuti con la prima), che ha ceduto una sola volta nel terzo set, cui ha peraltro immediatamente rimediato.

A Kyrgios è visibilmente mancata l’esperienza, come dimostra l’eccesso di fiducia negli attacchi a rete che l’hanno visto decine di volte superato dai passanti. Resta il fatto che questi Open l’hanno consacrato tra i protagonisti del circuito. Ha i numeri per arrivare lontano negli Slam e nei Masters e un ampio margine di miglioramento: sarà lui, come scrivo da tempo, uno dei principali protagonisti del prossimo decennio tennistico. Al suo fianco, probabilmente, avrà presto Thanasi Kokkinakis, il greco-australiano di un anno più giovane.

Sbaglia chi pensa che, nell’altro quarto di finale di oggi, Rafael Nadal abbia perso in tre set da Tomas Berdych (6-2 6-0 7-6) solo perché ancora lontano dalla migliore forma dopo la lunga sosta per infortunio. Non è così. Il ceco, che aveva lasciato allo spagnolo tutti i 17 confronti precedenti (più uno per forfait), sta giocando in questi Open il miglior tennis di sempre, accoppiando alla potenza e alla precisione la tranquillità e la sicurezza che spesso gli sono mancate. Tomas (1985) mi ha dato oggi le stesse sensazioni di Andreas Seppi (1984) giorni fa contro Federer e Kyrgios, nonostante la sconfitta, o di Stan Wawrinka (1985) un anno fa qui a Melbourne e poi a Monte Carlo: a trent’anni o giù di lì si può trovare la propria migliore condizione psicofisica e cominciare una nuova stagione di successi. C’è chi consuma tutte le proprie chance quand’è giovanissimo, come Hewitt, e chi riesce a sfruttarle solo con l’esperienza e la maturità. Nadal ha saputo nel terzo set ritrovare un equilibrio che era sembrato inevitabilmente precario nelle prime due frazioni di gioco. Avesse vinto il tie break, forse avrebbe portato Berdych al quinto. Onestamente, tuttavia, ritengo che lo spagnolo abbia fatto tutto il possibile considerando le sue condizioni non ancora perfette. Lascia Melbourne a testa alta.

Una delle semifinali maschili del Melbourne Park sarà dunque un classico degli ultimi anni, con Murray che sfiderà per la undicesima volta Berdych. Il parziale è a favore dello scozzese (6-4) ma nelle due ultime occasioni, a Madrid 2013 e Cincinnati 2013, ha prevalso il ceco. Poiché entrambi sono fisicamente e psichicamente in crescita rispetto alla scorsa stagione, sarà una partita che non si deciderà in tre set.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement