Australian Open interviste, Serena Williams: "Su quel let ho pensato non era destino che vincessi questo torneo"

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Australian Open interviste, Serena Williams: “Su quel let ho pensato non era destino che vincessi questo torneo”

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Australian Open, finale: S. Williams b. M. Sharapova 63 76(5). L’intervista del dopo partita a Serena Williams

Come ci si sente?
Molto bene. Ci si sente sempre molto bene a sedersi qui da vincitori. Sicuramente ad inizio settimana, o ad inizio del torneo non avrei mai pensato di poterlo fare.

Data la tua influenza di questi giorni, tutto quello che hai passato in questa settimana, è stato per te forse uno dei tornei più difficili da conquistare?
Sì, non mi sentivo proprio al massimo. Ogni volta che stavo male e poi miglioravo, il giorno dopo finivo per stare ancora peggio. Ho avuto parecchi alti e bassi. Quindi ho solo pensato – sono ancora nel torneo – e ora in qualche modo sono riuscita a vincere. È molto entusiasmante.

Quanto è stata combattuta la partita, specialmente nel secondo set?
Oh, sicuramente la partita è salita di intensità nel secondo set. Maria ha iniziato a giocare molto meglio. Ha iniziato ad essere più aggressiva, mentre io forse sono stata un po’ più passiva nell’impostazione del gioco. Provavo solo a buttare la pallina dall’altra parte della rete. Però ho anche servito meglio nel secondo set perché sapevo che nel caso in cui i miei colpi da fondo non avessero funzionato, mi sarei potuta salvare con il servizio. Per cui, sì, man mano che si sviluppava è diventata una partita interessante. Io ho attraversato parecchie fasi durante il match.. Ho sbagliato delle risposte semplici nel secondo set, e poi lei riusciva a tirare fuori buone prime quando doveva annullarmi dei break point. Ma sicuramente potrò riguardare alla partita e dire, oh, avrei potuto fare un po’ di cose meglio. Mi serve soprattutto per il futuro.

Ti era mai capitato di vomitare durante una partita?
No. No, mai successo. Beh c’è una prima volta per tutto. Credo comunque che mi abbia aiutata, mi sono sentita meglio dopo. Avevo il petto davvero bloccato in quel momento.

Hai preso qualche medicina?
Il dottore mi ha dato giusto un po’ di sciroppo e poi mi ha mandata in campo. Ne era davvero in quantità molto, molto, molto limitata, serviva giusto a reprimere la necessità di tossire. Non riuscivo a controllarmi, tossivo troppo.

Pensi che avresti avuto bisogno di una pausa nel caso in cui non avesse iniziato a piovere?
Non so.. Forse sarebbe successa la stessa cosa, semplicemente avrei vomitato in campo. Sì, credo sarebbe andata così.

Che ne hai pensato del ritardo per pioggia? Avresti preferito che avessero chiuso il tetto da prima dell’inizio della partita sapendo delle alte probabilità di pioggia?
Beh, quando abbiamo iniziato a palleggiare, scendeva un po’ di pioggia. Io mi dicevo, sta piovendo o sono io? Ho chiesto all’arbitro e mi ha detto che era tutto apposto. Credo in realtà che proprio in quel momento avesse smesso per qualche secondo e tutto sembrava ok. Poi ha ricominciato. Comunque per me il ritardo non ha fatto alcuna differenza.

Dopo il let sul match point, quanto ottimista ti sentivi a servire ancora nello stesso angolo?
Zero.. per niente. Dopo aver preso il let ho pensato: – Vabbè, non è destino che io vinca questo torneo. Ho già sprecato due match point, anche se sì, lei ha giocato bene ed ha rischiato il tutto per tutto -. Per cui dopo quel servizio sul match point ho urlato: C’mon. Poi mi sono detta: – Aspetta perché ho sentito il let? – Poi ho detto, ok, servo sulla T? O esterno? Che faccio? Poi ho solo lanciato la pallina e colpito più forte che potessi.

Oggi hai vinto il tuo 19° slam. Steffi Graf ne ha 22. Cosa rappresenta per te? Vuoi superare i suoi 22 Slam?
Sì, mi piacerebbe tanto arrivare a 22. Però per me già arrivare a 19 è stato molto difficile. CI ho messo 33 anni, quindi…. Si mi piacerebbe arrivarci. Ma devo prima vincere il ventesimo, poi il ventunesimo. Ci sono tantissime giovani giocatrici fortissime che stanno emergendo, per cui sarà molto difficile. Il mio obiettivo era solo di arrivare al diciannovesimo. E, onestamente, non credevo sarebbe successo così velocemente.

Puoi descrivere le emozioni che ti ha regalato questo 19esimo Slam?
Mi sento alla grande. Davvero, in questa settimana non sono stata per niente bene. Non mi aspettavo per niente di vincere, sul serio. Non credevo di arrivare alla fine del torneo. Ieri mentre camminavo per la hall pensavo: -Wow, sono ancora nel torneo – È passato così tanto tempo da quando sono avevo raggiunto per l’ultima volta la semifinale o la finale qui. Ero molto euforica all’opportunità di potermi giocare la finale.

Cosa è successo quando ti è stato chiamato l’hindrance (disturbo del gioco)?
Beh, ero sovraeccitata. Avevo tirato un gran servizio, ma Maria aveva risposto ancora meglio. Non me l’aspettavo ed ho urlato C’mon un po’ troppo presto. C’è una regola per cui non lo puoi fare, per cui non ho avuto problemi. Ho giocato subito il punto successivo, ho provato a restare il più concentrata possibile.

Ti era mai successo prima?
Segui il tennis?

Il pugnetto che hai fatto dopo che t’hanno chiamato l’hindrance è gia diventato virale su Internet, con il C’mon sarcastico che è seguito..
Ma dai.. fa solo vedere che mi diverto di più in campo. 3-4 anni fa non l’avrei mai fatto. Sarei rimasta concentrata, non ci avrei trovato nulla di divertente. Ora me la godo di più. Ogni volta che gioco mi diverto. Che io vinca o perda, voglio solo divertirmi. Ecco perché ho fatto un po’ di sarcasmo. E non volevo che mi chiamassero un altro hindrance, quindi sono stata attenta a non fare lo stesso errore.

Puoi descrivere come ti senti dal punto di vista emotivo durante partite del genere?
Ora come ora nelle finali divento un po’ più nervosa. Come agli US Open lo scorso anno, ero più tesa di come di solito non sia nelle finali Slam. Di solito le gioco come se fossero altre partite, invece le ultime due sono state un po’ diverse. Ho fatto degli errori strani nel tiebreak, errori che se non fossi stata nervosa e mi fossi mossa bene non avrei mai fatto. Comunque oggi ero molto più calma rispetto agli US Open, di gran lunga, e spero che questo trend continui nel caso in cui raggiunga un’altra finale Slam.

Probabilmente è stato il tuo discorso più lungo in una premiazione. C’è qualche motivo in particolare? Te lo sei preparato prima della partita?
No, in realtà uno o due mesi fa ho pensato: se vincessi gli Australian Open, avrei così tante cose da fare e da dire, perché sarebbe davvero speciale, sarebbe il diciannovesimo, qualcosa di incredibile. Ed ho avuto parecchie cose da dire. Volevo ringraziare molte persone; la folla soprattutto, che qui in Australia è sempre stata fantastica con me. Come ho detto, non ricevo questo trattamento ovunque. Sento davvero di avere il mio cuore qui. E poi c’erano anche altre cose che volevo dire per motivare quelli che magari non hanno mai avuto molto nella vita. Ce la potete comunque fare, se perseverate e credete in voi stessi. Credo fosse un buon messaggio da far passare. E poi, come ho detto, ho fatto anche una campagna per combattere la malattia del motoneurone (MND), ed è molto importante sensibilizzare su temi come questi, perché chiunque la può contrarre. Affligge i nostri amici, le persone nel circuito, e anche persone che conosco personalmente. Ci tenevo a parlarne

Ti andrebbe un bicchiere di champagne?
No, per ora sto bene così.

Dopo quanto riuscirai a riconcentrarti per Parigi?
Quando penso a Parigi, non penso allo Slam numero 20, penso solo a vincere lì. E l’unico Slam in cui non ho più di due titoli, e non mi piace questa cosa. Sto facendo fatica sia lì che a Wimbledon. Ora, grazie a questa vittoria, sono più al sicuro con il mio ranking, e posso giocare più libera. L’anno scorso ho giocato terribilmente sia a Parigi che a Wimbledon. Ora ho gli occhi su quei due tornei, perché vorrei fare molto meglio. E so di poterlo fare. Non andrò a Parigi per vincere il mio ventesimo Slam, ma per vincere il Roland Garros.

Avrai una programmazione di gioco diversa quest’anno? Ti concentrerai di più sui major?
Sì, sicuramente quest’anno non giocherò così tanto, andrò solo dove avrò voglia di andare. Mi concentrerò di più su quei tornei che alla fine giocherò.

Continuerai ad allenarti con il tuo nuovo sparring partner, Jonathan?
Mi ci sono trovata molto bene. Abbiamo avuto due settimane fantastiche, ci siamo divertiti. Devo parlare con Sasch, ora è infortunato. Dobbiamo vedere come starà. Lui mi è molto vicino, mi scrive ogni giorno e non vede l’ora di tornare.  Io sono estremamente fedele, anche se sarà strano, perché mi piace lavorare con Jonathan. È fantastico, divertente. Poi è francese e mi sta aiutando con la lingua. Odio essere in questa situazione.

In campo durante la premiazione hai parlato di Patrick. Come ti ha aiutato?
Mi ha aiutato tanto. Ci sono dei momenti in cui un giocatore non crede in se stesso. Anche io a volte mi dico: non riuscirò a battere questa persona. Non riuscirò a giocare bene, non mi sento fiduciosa nei miei colpi, o robe del genere. Lui in queste due settimane invece si è fatto sentire, anche allenandosi con me e facendo cose che non aveva mai fatto prima, incoraggiandomi e dandomi degli eccellenti piani tattici prima di ogni partita. Abbiamo preparato strategie meravigliose, mi ha detto cosa fare, cosa aspettarmi, e come migliorare il mio gioco, non per il presente, ma per il futuro.

 

Traduzione di Lorenzo Dicandia

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