Milano riscopre Bill Tilden: presentato "Il Codice del Tennis"

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Milano riscopre Bill Tilden: presentato “Il Codice del Tennis”

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Bill Tilden non fu solo un tennista ma un’artista della racchetta. Ed un teorico capace di prevedere l’evoluzione del tennis già nel 1920. Tutto racchiuso nel libro “Il codice del Tennis. Bill Tilden, arte e scienza del gioco”

L’audio della presentazione allo IULM di Milano:

 

 

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Recensione: “Il grande Bill”, il libro sulla storia di Bill Tilden

 

112\2015. Milano. IULM University. Sesto piano. Modera Mauro Ferraresi, allievo di Umberto Eco. Aula piena. Oggetto, l’attesissima presentazione del Tilden-Pensiero finalmente tradotto in italiano. Nel piccolo perimetro del mondo del tennis un grande evento. Se non sono molti quelli che conoscono fino in fondo la statura tennistica di Bill Tilden, pochi sanno che 100 anni fa quel signore che nel tempo libero scriveva spettacoli teatrali e giocava con Charlie Chaplin, ha messo nero su bianco il codice tecnico, genetico e filosofico del Tennis. Quello che per molti era ancora solo un gioco, o forse un hobby, per Tilden fu un oggetto di studio (e di gioia) e ce lo restituisce con una prosa sintetica come scienza prima ancora che come arte sportiva. Spin, slice, peso della palla, tattica, coefficienti angolari, rotazioni, dimensione psicologia, preparazione fisica, didattica e molto altro. Se il tennis, come ogni linguaggio, ha un suo vocabolario con delle regole interne, i testi di Tilden ne esplicitano e ne definiscono la grammatica. E siamo nel 1920. Raramente ho assistito a tanta enfasi intorno alla presentazione di un libro. Il piglio è quasi quello della crociata. In poche parole Luca Bottazzi e  Carlo Rossi hanno trovato la Stele di Rosetta del Tennis e hanno tradotto (e selezionato) per la prima volta in italiano quello che altrimenti, almeno in Italia, sarebbe rimasto un grande patrimonio in fondo al mare.

Non avessi letto il libro forse avrei storto il naso davanti a tutti quei superlativi, ma il libro è notevole e va letto. L’operazione editoriale ha coinvolto Clerici e Newcombe, che partecipano con due brevi scritti, e si sente che “Il codice del Tennis. Bill Tilden, arte e scienza del gioco” è il frutto di una ricerca seria sigillata da una preziosa bibliografia completa dell’opera di Tilden. Ho potuto intervistare Luca Bottazzi prima della presentazione e mi ha confermato la sensazione che il libro non è il fine dell’operazione, ma un mezzo per rimettere al centro del mondo del tennis la cultura e la storia tennistica.

Senza la conoscenza del passato non si va da nessuna parte, dice Bottazzi, “è da lì che bisogna partire”. Nel caso di Tilden la metafora è quasi clamorosa perché quando prova a immaginare il futuro del Tennis prevede l’avvento del professionismo, la quasi scomparsa dell’erba, l’omologazione delle superfici e ovviamente il ridimensionamento del gioco di volo a discapito di un attaccante coi colpi di rimbalzo. Lo ripeto, la sfera di cristallo è datata 1920. Insomma, ci dicono gli autori, non solo è imbarazzante che molti maestri di Tennis non conoscano Tilden e i suoi precetti, ma è semplicemente pazzesco che ancora oggi non ci sia un solo stadio in America dedicato a lui. Sembrerebbe quasi che il tennis contemporaneo abbia rinnegato proprio il giocatore che più di tutti ha influito nel crearlo. E dire che pochi possono raccontare di aver vissuto una vita come la sua: ha dominato il tennis per un ventennio, ha vissuto come un imperatore, ha scritto una ventina di spettacoli teatrali, compare nel libro lolita di Nabokov, subì due processi per omosessualità e morì con soli ottantotto dollari. Ma per la sua vicenda umana e sportiva vi rinvio al meraviglioso “Terribile Splendore” di Marshall Jon Fisher che non è solo un libro ma un capolavoro a cinque stelle. Il libro di Bottazzi e Rossi è un’operazione culturale sulla figura di Tilden che forse si potrebbe sintetizzare così: il tennis è scienza. Il campione è l’artista di tale scienza. L’insegnante deve trasmettere la scienza, non l’arte. Se sei un grande artista difficilmente sarai anche un buono  scienziato. Ovviamente se non ti chiami Bill Tilden.

 

Pier Paolo Zampieri

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