Marin Cilic: quello strano Us Open e il sogno Wimbledon

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Marin Cilic: quello strano Us Open e il sogno Wimbledon

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“Il mio sogno è vincere Wimbledon”, ha le idee chiare il croato Marin Cilic, nonostante un periodo non positivo per lui. Può replicare il successo agli Us Open in quel di Londra o il trofeo di Flushing Meadows è stato un caso isolato? Ivanisevic, che ha trionfato a Church Road nel 2001, può giocare un ruolo fondamentale. Quali sono inoltre, i giocatori che come Marin, hanno avuto un stagione deludente dopo il primo successo Slam?

E’ il 9 Settembre del 2015, il rovescio di Marin Cilic taglia l’aria come un gancio destro in pieno volto e consegna al croato il primo Slam della sua carriera sportiva, il più sorprendente degli ultimi anni, anche più dei successi di Del Potro e Wawrinka, che pur avevano mostrato qualcosa prima della loro vittoria più bella. Quelle di Marin a New York, sono state 2 settimane semplicemente fuori dal comune: un giocatore che per larghi tratti della stagione in questione, aveva deluso gli addetti ai lavori, ha tirato fuori dal cilindro un tennis perfetto, imprevedibile e completo, in grado di annientare le speranze di Federer in semifinale e di fermare il prorompente Nishikori, anche lui autore di un match sublime contro Djokovic. L’inarrestabilità del suo schema principale, servizio-dritto, ha steso chiunque gli si parasse davanti. Insomma, in una sola parola: pazzesco.

Il tennis, a far da sfondo ai grandi campioni dell’epoca degli australiani Laver e Rosewall, fino ai moderni Federer e Nadal, ha sempre avuto quei personaggi per alcuni versi un pò inaspettati e guastafeste, per altri semplicemente originali e freschi, che hanno illuminato la loro carriera tennistica con un solo successo nei tornei del Grande Slam. Per cui quello del croato non è di certo un caso isolato, anche se un periodo così buio dopo una grande vittoria, non si ricordava da tempo.

Dopo la vittoria a Flushing Meadows, Cilic è stato protagonista di un un calo, se vogliamo fisiologico, ma un quarto di finale a Pechino e una vittoria a Mosca non bastano per definire l’allievo di Ivanisevic un giocatore che ha fatto della continuità la sua forza. Il Masters di Londra è stato da dimenticare, con un solo set vinto in tre incontri (contro Wawrinka) e il 2015, per via dell’infortunio alla spalla, lo ha visto scendere in campo solamente ad Indian Wells, battuto al secondo turno da Juan Monaco.

Dicevamo come il suo calo non possa certo essere definito un caso remoto, vista la buona compagnia che i tennisti del passato sono in grado di fargli. Se infatti i successi di Juan Martin Del Potro (Us Open 2009) e di Stan Wawrinka (Australian Open 2014) sono stati seguiti da risultati di tutto rispetto, vedi la finale alla Masters Cup per l’argentino e la vittoria a Montecarlo e in Davis per lo svizzero, lo stesso non può dirsi per gente come Petr Korda, Thomas Johansson, Yannick Noah e Goran Ivanisevic. Se per Korda, trentenne all’epoca del successo in Australia nel 1998, la situazione è stata un pò più delicata, visto il bilancio di 34 vittorie e 21 sconfitte nell’arco della stagione, e la squalifica per doping (che tanto fa adirare il povero Marcelo, ancora oggi) di cui è stato protagonista l’anno successivo, per Ivanisevic la vittoria a Wimbledon è stato il coronamento di un sogno in una finale mozzafiato. Pubblico in visibilio, fazioni opposte manco avessero confuso il tempio del tennis con il tempio del calcio (Wembley); le immagini di Goran che solleva la coppa, dopo un torneo iniziato grazie ad una wild card concessa dagli organizzatori, mettono ufficiosamente la parola fine ad una carriera che, fino a quel momento, non aveva dato la forza al croato di superare l’ultimo ostacolo prima dell’apoteosi (vedi Wimbledon 1992-94-98). Anche le vittorie di Yannick Noah e Thomas Johansson fanno parte di quelle impronosticabili dai più alla vigilia del torneo. Di Johansson è facile ricordare il successo sul favoritissimo Safin a Melbourne, nel 2002 (la partita delle famose Safinette) ma poi il buio più totale in quella stagione: 20 sole vittorie e 22 sconfitte, dopo aver messo in ginocchio quel matto del russo. Di Noah invece, è rimasto indelebile nella memoria dei francesi, quel fantastico pomeriggio di Giugno del 1983 in cui un giocatore da serve and volley, per di più transalpino (e i francesi amano il patriottismo e il gioco d’attacco) aveva la meglio su un regolarista come Mats Wilander, campione uscente: solo 6 vittorie nello stesso anno, dopo aver sollevato la Coppa dei Moschettieri (anche se poi il francese si riprenderà con delle buone performance nell’anno successivo).

Il periodo post-sbornia, dovrebbe essere oramai terminato per Marin Cilic, che si dice pronto per scendere in campo, non appena avrà smaltito gli ultimi postumi dell’infortunio alla spalla, con un obiettivo ben preciso: “Ho intenzione di trovare la forma migliore per Wimbledon”. Già, Wimbledon: il prato verde su cui il suo attuale maestro trionfò partendo dalle ceneri, è il principale obiettivo del croato, che ha le potenzialità per arrivare al successo. Lo scorso anno il croato fu fermato da un Djokovic in stato di grazia, ai quarti di finale e al quinto set, ma prima di allora e dunque prima dell’avvento di Goran Ivanisevic, l’erba è stata per anni indigesta al povero Marin: tre primi turni (2007-10-11) un secondo turno (2013), un terzo turno (2009), due ottavi (2008-12). “Quando hai Goran nel tuo angolo, tutto è diverso. Con i suoi consigli, appena sono sceso in campo a Wimbledon, lo scorso anno, tutto è cambiato, mi sono sentito subito a mio agio”. Il suo gioco ben si adatta all’erba: i miglioramenti apportati dal suo coach sul servizio e sul dritto fanno di lui un giocatore completo e pronto per questa superficie ma, se vuole bissare il successo a Flushing Meadows, Marin dovrà avere la fortuna di trovare 2 settimane di tennis senza sbavature, con continuità, elemento fondamentale per far si che il buon Goran possa godere di un altro successo sui prati di Church Road, questa volta da allenatore.

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