La storia di Xu Shilin, fra America, Cina ed il pesante paragone con Li Na

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La storia di Xu Shilin, fra America, Cina ed il pesante paragone con Li Na

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Da quando Li Na si è ritirata, nel settembre 2014, la Cina ha perso la più grande campionessa della storia del tennis cinese. Fra le giovani in ascesa, brilla la 17enne Xu Shilin, già n. 1 junior; una ragazza dalle idee e dagli obiettivi molto chiari

La Cina è alla ricerca di una valida sostituta di Li Na, e fra le principali candidate dotate del talento necessario per prendere il posto della bicampionessa Slam, c’è una ragazza che molto probabilmente trova più semplice conversare in inglese che non in mandarino.
Xu Shilin, neo diciassettenne che preferisce presentarsi come Coco, il suo nome americano, dopo aver già trionfato lo scorso anno alle Olimpiadi Giovanili, è diventata la prima ragazza cinese ad essere numero 1 al mondo junior. Il suo obiettivo dichiarato è quello di trionfare in un Grande Slam prima dei vent’anni.
“È un obiettivo ed un sogno. Ce la sto mettendo tutta per raggiungerlo”, ha dichiarato agli Australian Open, dove, da prima teste di serie del tabellone juniores, è stata sconfitta al terzo turno. “Credo che niente sia precluso in partenza.”
I genitori di Xu hanno scelto di coltivare il suo talento fuori dal sistema sportivo cinese, facendo armi e bagagli e trasferendosi in Florida, dove le è stato possibile allenarsi in alcune fra le migliori accademie private.
Certe libertà sono state garantite in passato solo alla Li ed a pochi altri temerari giocatori, desiderosi di allontanarsi dal sistema statale, e di conquistarsi la garanzia di poter gestire personalmente la propria carriera e di poter trattenere il 100% dei guadagni.

La famiglia della giovane cinese decise di prendere questa sofferta decisione quando la Xu aveva solo 8 anni e mostrava un talento già molto promettente. Suo padre, Xu Yang, mise in vendita il piccolo circolo tennistico che possedeva a Guangdong, andando a vivere in Florida per 6 anni.
“Il padre ci ha scommesso tutto”, dice il manager della giocatrice cinese Terry Rhoads, direttore della Zou Marketing, compagnia di consulenza dello sport con sede a Shanghai, “erano in difficoltà, non vivevano bene.”
Rhoads racconta che la Xu si conquistò le attenzioni dell’USTA, la federazione tennistica statunitense, dopo essere stata invitata ad allenarsi in diverse accademie e dopo aver scalato le classifiche juniores degli Stati Uniti. Comunque, la famiglia ha deciso di tornare in Cina, invece di farla giocare per gli Stati Uniti. Il ritorno in patria non è stato semplice; il mandarino della Xu si era arrugginito, al punto da farle avere paura d’esprimersi. Da allora, tuttavia, ha sconfitto questa timidezza, attirando parecchi sponsor, tra cui Adidas e Vivo, compagnia cinese di telefonia mobile.
Rhoads paragona la storia della Xu a quella della ormai affermata stella giapponese Kei Nishikori, che anche ha trascorso buona parte della sua vita tennistica negli States: “A mio parere, la Cina dovrebbe adottare questo metodo anche nel maschile, con un gruppo di ragazzi selezionati” – continua –  “Coco è maturata. È cresciuta. Ha visto quanto è stata dura per i genitori.”
Altre giocatrici junior di vertice hanno preso la scelta di allenarsi, invece, in accademie private cinesi dove oltre all’allenamento, viene anche fornito l’alloggio, le spese viaggio, e l’istruzione, in cambio di una percentuale sui guadagni futuri.

Agli Australian Open, la Xu ha giocato in doppio contro una di queste ragazze, la sedicenne Zheng Wushuang, numero due cinese nel ranking juniores, che si allena alla 1123 Junior Tennis Academy di Pechino.
Seduta fuori, Yi Peng, fondatrice dell’accademia, dice di allenare solo sette ragazze, in modo tale da massimizzare le risorse a disposizione. Lo sponsor principale dell’accademia è la compagnia di assicurazione Ping An, e Nike e Babolat forniscono vestiti ed attrezzatura.
“Grazie al successo che stiamo avendo, attiriamo sempre più ragazzi” dice la Yi,  “ma noi scegliamo di prendere solo quelli che crediamo abbiano un potenziale serio.”
La Xu crede che la decisione del padre sia stata quella corretta per la sua crescita: “È un percorso molto diverso rispetto a quello tradizionale seguito in Cina” sostiene la Xu,  “ho acquisito molte esperienze positive in quegli anni americani.”
E, sebbene ammiri la carriera di Li Na, non vuol sentir parlare di paragoni:  “Mi piace tanto, ma io voglio essere me stessa”

 

Traduzione a cura di Lorenzo Dicandia

 

Serve una nuova Li Na per il futuro del tennis in Cina? (Giulio Fedele)
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