Fed Cup, Italia-Usa: la serena Serena, il soldatino Giorgi e un pomeriggio da... sardine!

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Fed Cup, Italia-Usa: la serena Serena, il soldatino Giorgi e un pomeriggio da… sardine!

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Racconto della prima giornata di Fed Cup, attraverso gli occhi del nostro inviato a Brindisi. Tutto quel che non potete vedere dal divano di casa vostra

Il lungo viaggio verso Brindisi inizia a notte fonda. A sinistra il mare, a destra gli Appennini. A volte devi immaginarti sia l’uno che gli altri, ma sai che ci sono e che alla prossima curva potrai vederli. Poi il Gran Sasso, immaginato laggiù in lontananza, con il sole appena nato che si riflette sull’ultima neve di primavera. Infine la Puglia; prima il Tavoliere e poi giù, di nuovo, fino a Bari e ancora più giù, mentre la temperatura sale, fino alla meta.

Italia-Stati Uniti di Fed Cup. La semifinale? Macché! Lo spareggio per rimanere tra le elette, o per non scivolare in purgatorio. Eppure, qualche anno fa, queste squadre si sono giocate due volte la coppa. E in entrambi i casi i brindisi sono stati azzurri. Questo è il terzo, di Brindisi, ma ancora è difficile ipotizzare chi potrà ubriacarsi. Perché da quando Venus ha annunciato il suo forfait, le quotazioni italiane sono salite. Eccome se sono salite.

L’obiettivo è arrivare alla quinta partita. Trascinare cioè Serena in coppia con non si sa chi al doppio di spareggio sulla situazione di 2-2 e pregare. Sperare nel miracolo. Ora, per me, il miracolo sarebbe trovare parcheggio per l’auto. Il sold-out fatto registrare dall’evento ha sorpreso un po’ tutti ma, sia pur con la stessa flemma delle anatre che si lisciano serafiche le penne nel fossato antistante il Circolo Tennis, alla fine ce la faccio. A un’ora dall’inizio delle ostilità, ci sono file di persone e di automobili ovunque ma la macchina organizzativa sembra funzionare a dovere. Non si sentono clacson spazientiti e l’entusiasmo stempera la noia dell’attesa. È una festa e pare proprio che comunque andrà a finire sarà un successo.

Del resto, da un lato Serena varrebbe da sola il prezzo (molto contenuto) del biglietto. Se poi ci metti la nazionale italiana che schiera, tra le altre, la figliol prodiga Pennetta… Come? Non gioca? E perché? Troppo impegnata a organizzare la festa post-partita? Ma non scherziamo. Solo strategia di squadra. Sarà, ma lei come l’avrà presa? Per avere una risposta non occorrerà attendere molto.

Sbrigate con rapidità le operazioni di accredito, raggiungo non senza difficoltà la tribuna stampa ricavata nell’angolo di una delle due tribune grandi. È proprio vero: non c’è un posto libero. Anzi, pare che siano stati messi in vendita biglietti due volte. Almeno così lamenta qualcuno tra il pubblico. Dovevamo essere 4.200 ma il conto non torna perché sono occupate anche le scale d’accesso e ci sono diversi spettatori in piedi, che tali rimarranno anche dopo gli inni sparati dall’altoparlante dello stadio. Noi invece, tante piccole sardine inscatolate, possiamo sederci e assistere al match inaugurale. Sul campo per destinazione c’è una ventilazione inapprezzabile (rimembranze di tanti pomeriggi passati ad ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto” alla radio) e fa un caldo importante. Camila Giorgi, la maceratese d’America, le tenta tutte per alzare ulteriormente la temperatura e ad ogni suo punto o quasi la Pennetta, dietro gli occhiali scuri, si alza insieme a Karin Knapp e la incita.

Poi però la Williams piazza un ace, poi un altro e tiene il match sotto ghiaccio. La nostra spolvera qualche riga, trova un paio di nastri azzurri ma il tutto serve solo per rimanere in scia, per provare a mettere pressione all’avversaria costretta a servire sul 4-5 e sul 5-6. Ma la statunitense è… serena, fin troppo. Qualche c’mon, un pugnetto (insomma, pugnetto si fa per dire), un altro ace e il tie-break scivola via. E vabbè, ce ne faremo una ragione. Del resto, se c’è una tra le italiane che ha le armi virtuali per fare paura a Serena non può che essere Camila. Ci ha provato, ci prova anche nel secondo set ma temo che alla fine saranno servizio e risposta a fare la differenza. Lascio ai numeri conferma o smentita di questa mia sensazione, consapevole che il sole può avermi giocato brutti scherzi.

Un enorme insetto nero sorvola le nostre teste mentre i pugni della Williams si fanno sempre più frequenti; ma la Giorgi non si scioglie, è un soldatino a busto eretto che tradisce qualche segnale di nervosismo e insofferenza solo a metà del secondo parziale, quando in cuor suo deve aver capito che nemmeno lei riuscirà a battere la Williams in Fed Cup. Così è: 1-0 Stati Uniti ma si sapeva.

Tento l’impossibile, ovvero raggiungere la sala stampa (collocata piuttosto lontano dal campo) risalendo la corrente come un salmone ma mi arrendo quasi subito e allora il salmone, quello che ho messo nelle tartine, preferisco mangiarmelo. Poi però il tragitto devo farlo perché c’è la conferenza stampa di Serena e, soprattutto, ci sono le bottigliette d’acqua fresca nel frigo riservato alla stampa. Un miraggio.

Il secondo match praticamente non si gioca. Errani e Davis giocano a specchio ma Sara non sbaglia quasi mai e Lauren quasi sempre. Poi l’italiana ha più soluzioni, carica le palline di top-spin e l’altra dovrebbe anticipare ma non ci riesce. Impiego più tempo a riconquistare una posizione in tribuna, con tanto di sosta lunga quattro giochi sulle gradinate in mezzo agli alunni di una scuola FIT, che a rimanerci. L’Italia pareggia 1-1 e la prima giornata si chiude nel pieno rispetto del pronostico.
Domani dovrebbero aprire le due numero 1, ovvero Serena e Sara. Ma non è detto. Potrebbe essere il giorno della brindisina. Flavia e tutto un popolo a trascinarla possono far venire qualche dubbio a Serena? Parrebbe proprio di no ma lo scopo, come detto, è di ingabbiare la pantera e sfiancarla per farla arrivare stanca al doppio decisivo. Sempre che ci si arrivi. Staremo a vedere. Intanto si spengono le luci. Domani è un altro giorno e potrebbe piovere. Staremo a vedere.

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