Re Djokovic si prende anche il Principato (Martucci, Clerici), Serena è sola, l'Italia no Fed Cup, la serie A è salva (Semeraro, Rossi, Valesio, Piccardi, Calvi e Giorni)

Rassegna stampa

Re Djokovic si prende anche il Principato (Martucci, Clerici), Serena è sola, l’Italia no Fed Cup, la serie A è salva (Semeraro, Rossi, Valesio, Piccardi, Calvi e Giorni)

Pubblicato

il

 

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

 

 

Re Djokovic si prende anche il Principato

 

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 20.04.2015

 

 

Novak Djokovic vince per la seconda volta Montecarlo e il Masters 1000 numero 23 (eguagliando Federer) , com’è giusto e previsto, e prosegue la prodigiosa striscia iniziata aggiudicandosi il primo Slam stagionale, gli Australian Open, e continuata firmando i primi Masters 1000, sul cemento di Indian Wells e Miami. Così, ancora nel segno del fisico e della volontà, sigla l’ennesimo record – da ottobre ha vinto anche Bercy e il Masters di Londra, quindi tutti i maggiori appuntamenti come non era mai riuscito ad alcuno -, con quel suo micidiale mulinare di gambe e braccia da fondocampo che sta macinando tutti gli avversari e fors’anche la propria mente. Infatti paga sicuramente lo sforzo extra della semifinale di sabato contro il redivivo Rafa Nadal, accusando una partenza lenta e macchinosa, e tempestandola, in una finale brutta, con troppi errori (38 suoi e 50 dell’avversario) e cali di tensione. E riportando così alla luce le difficoltà tecniche nel risolvere simili bracci di ferro, soprattutto sulla • I tornei vinti nel 2015 da Djokovic: Australian Open, Indian Wells, Miami e Montecarlo. Nel Principato è il secondo titolo dopo quello del 2013 terra rossa, non a caso, l’unica superficie che finora l’ha respinto negli Slam. Eppure, al termine di una maratona di due ore e tre quarti, diluita da un’ora di stop per pioggia, il pensiero va piuttosto a Ivan Lendl che ha rinunciato ai soldi e anche alla doppia dose di fama che sarebbe spettata a un ceco che aiuta un altro ceco. Ma, dopo aver salvato la carriera dello scozzese Andy Murray, malgrado suppliche ed insistenze, non ha voluto allenare Tomas Berdych. Non ci credeva, non si fidava. Non del tennista, che è ottimo, e su tutte le superfici. Non dell’atleta che è molto migliorato in reattività, a dispetto del suo 1.96. Ma dell’uomo. Che è particolare. Forse ha paura. Forse non regge la tensione. Forse non è duttile. Di certo, è un fantastico incompiuto: malgrado sia arrivato in vista del traguardo in tutti i grandi tornei, e su tutte le superfici, ha mancato tutte le occasioni. L’ultima, ieri, sotto il cielo uggioso del Principato, col vento che s’era portato via, insieme a Nadal, anche le energie psicofisiche di re Novak…… A settembre Berdych compie 30 anni. Intanto, a quasi 28, Djokovic ha capito da tempo la grande lezione: «Quello che conta alla fine è portare a casa la vittoria. E a volte è necessario vincere sporco». Che poi è il manualetto col quale Brad Gilbert ha portato al successo Andre Agassi. «Ho vinto col cuore e la lotta. Non ho giocato al livello che avrei voluto e che ho avuto in settimana. Ma Berdych ha giocato molto aggressivo, spingendomi fuori dal campo, perciò mi sono dovuto difendere molto. Dal 4-1 del terzo set, ogni game è andato per le lunghe, ho cercato di star II con la testa e lottare perché non sentivo la palla molto bene». Ivan Lendl «il cannibale», cui tanto somiglia, sarebbe fiero di lui.

 

 

Applausi a Berdych il soldato boemo battuto da Djokovic e un po’ da se stesso

 

 

Gianni Clerici, la repubblica del 20.04.2015

 

 

Il primo a parlarmi del Soldato Schwejk, quale simbolo di molti boemi, fu il povero Jaroslav Drobny, che incontrando un giorno il modestissimo tennista Cleri-ci, mi confessò di aver avuto paura. Mi suggerì anche l’acquisto del volume di Hasek, che divenne presto uno dei miei livres de chevet. Temo, per la pazienza dei lettori più anziani, di aver più di unavolta accennato a un simile ricordo, a partire dal lontano giorno in cui Drobny riuscì a liberarsi dei suoi terrori, e vinse finalmente Parigi 1951, dopo aver mancato 4finali di Slam. Un fenomeno analogo accadde poi ad un altro nipotino di Schwejk, quell’Ivan Lendl che si distinse anch’egli nel record negativo di 4 Majors mancati, prima di riuscire nell’84, McEnroe involontariamente adiuvante. Un caso più modesto di questi grandi antenati boemi è certo rappresentato dal giovanotto che ieri ha perduto una finale a tratti accessibile, contro quell’inesausto winner di Djokovic. Tomas Berdych, infatti, è uno dei più begli atleti e dei migliori colpitori del circuito, ma, per motivi che forse soltanto il Dottor Freud potrebbe conoscere, riesce sempre nell’involontaria collaborazione con l’avversario. Non ho certo lo spazio né la memoria per ricordare i suoi 8 quarti di finale incredibilmente perduti negli Slam, cosi come la finale di Wimbledon 2010. Anche nella finale di ieri, nei momenti in cui Djokovic, in giornata non eccelsa, faticava, come nel secondo set, Berdych ha fatto in modo di non spingersi oltre ad una pur dignitosa prestazione, senza mai offrire, ai suoi tifosi, qualcosa che andasse oltre le speranze. Il lettore obiettivo troverà eccessiva e troppo personale la visione di un confronto nel quale il boemo era già stato sconfitto qualcosa come diciotto volte da quel satanasso di Nole, contro due sole partitine vinte. Ma una delle due volte si era giocato sul rosso, sul quale il testardo perdente è nato, e forse si trova meglio a suo agio. Mi par giusto, a questo punto, ricordare- come più di una volta mi suggerì il povero Mario Pirani – lo svolgimento di un match, che è stato vittima di una pioggerellina esportata dalle Coste Liguri. Tomas è partito con un break a un Djokovic, incerto ma non tanto da non riprendersi, e a sua volta chiudere il set con altri due, grazie a risposte bloccate di estrema efficacia. L’intervallo della pioggerellina pareva ridar fiducia al boemo, dai colpi certo meno arrotati e tagliati, ma spesso più esplosivi. Ma, ad aiutare il N.1 giungeva presto una delle indicazioni più tipiche di questa nostra umana -prima che tennistica – vicenda. Berdych, d’improvviso, e non certo per stanchezza, avrebbe smarrito il diritto, colpo maschio se uno ce n’è, cadendo in errore per ben 19 volte su 24 colpi fuori dalle righe……

 

 

Serena è sola, l’Italia no Fed Cup, la serie A è salva

 

 

Stefano Semeraro, la stampa del 20.04.2015

 

 

Serena Williams è la numero 1 del mondo, ma per combinare qualcosa in Coppa, come nel tango, bisogna essere almeno in due. L’Italia di Fed Cup invece una squadra ce l’ha, eccome, così alla fine nel play-off di Brindisi è arrivato l’happy-end che tutti speravano: battuti 3-2 al doppio di spareggio gli Usa della one-woman band Serena, le azzurre di Barazzutti schivano la retrocessione e anche l’anno prossimo giocheranno nel World Group. Azzurre tostissime Fra i maschietti l’impresa di alzare la Coppa Davis quasi in solitaria è riuscita negli anni ’70 all’immenso Bjorn Borg, che pure per farcela ebbe bisogno in doppio di una spalla affidabile come Ove Bengston. La Willians, orfana di sister Venus con cui per anni ha dominatola specialità (13 Slam vinti insieme), si è dovuta invece inchinare al nostro tostissimo collettivo: tre singolariste di ottimo livello come Sara Errani, Flavia Permetta e Camila Giorgi (sen- Vincenti Flavia Pennetta (a sinistra) e Sara Errani dopo il doppio vinto contro gli Usa per 6-0 6-3 La finale di Fed Cup sarà Rep. Ceca-Russia za citare la riserva Knapp), due doppiste sublimi come Flavia e Sara che in Puglia non hanno fatto rimpiangere il mitico, e irrimediabilmente sfasciato duo Errani-Vinci. «Se giocheremo insieme anche nei tornei? Be’, intanto io Sara la corteggio…», ha scherzato Flavia. L’umiliazione di Genova con la Francia è vendicata («un incidente», l’ha bollata Barazzutti) e chissà che non sia nato il doppio giusto per i Giochi di Rio. Serena, niente record Serena in Fed Cup era imbattuta (15 vittorie dal 1999) e va detto che dopo l’1-1 di sabato ce l’ha messa tutta per salvare record e baracca. Al mattino, in una tempesta di vento e nonostante un’alluvione di errori gratuiti (61), ha rimontato Sara Errani, che pure sul 6-4 5-4 30-15 è arrivata a due punti dalla prima vittoria in carriera (su 8 match) con la Panterona prima di cedere 6-3 al terzo. Poi nel pomeriggio – dopo la vittoria lampo di Flavia Pennetta su Christina McHale, 6-16-1 in meno di un’ora, nel match fra le due sostitute (Flavia al posto di Camila Giorgi, la McHale al posto della Davis) – quando sul 2-2 è tornata in campo per il terzo match in due giorni e ha provato a puntellare l’improbabile doppio con Alison Riske, spaesato vaso di coccio fra cocci di resistentissimo ferro. Flavia futura capitana? In campo c’erano 3 numero 1 di specialità e 16 Slam complessivi, più la povera Allison. Da numero 98 del mondo in doppio, spietatamente bersagliata dalle nostre, la Riske si è difesa come ha potuto, ma la fine è arrivata veloce: 6-0 6-3 in 58 minuti e via libera al sollievo e ai festeggiamenti (pizza party compreso) delle azzurre….

 

La festa di Flavia e Sara: Serena in B

 

Paolo Rossi, la repubblica del 20.04.2015

 

Il dilemma è risolto: una campionessa non salva il movimento, prevale sempre il collettivo. È la storia di questo weekend, di Italia-Usa di tennis femminile. La lezione che Brindisi ha regalato è: l’America, con la sua numero uno del mondo, resta in serie B. L’Italia, con il suo gruppo di ottime giocatrici, vince 32 e continua il suo ciclo nell’elite mondiale. Non aveva mai perso, Serena Williams, in nazionale. La sua prima sconfitta — in doppio, ma anche in singolare ha rischiato — conferma la tesi che un top player è un lusso, se dietro non c’è un gruppo. E l’accerchiamento di capitan Barazzutti, il suo lavorio di strategia, ha pagato con l’apoteosi del doppio, con un happy end per l’Italia e per la famiglia Pennetta, cui Brindisi ora dovrebbe regalare le chiavi della cittá, farne testimonial a vita. «Le mie scelte? Dico che sono state bravissime le ragazze, che non potevano permettersi di sbagliare niente» ha commentato Barazzutti, sempre voglioso di profilo basso. Ma la veritá è che le ragazze hanno fatto di più: sabato Camila Giorgi— anche se sconfitta — ha insinuato i primi dubbi alla regina del tennis, poi Sara Errani ha confermatola sua soliditá pareggiando. Ieri Serena ha riportato in vantaggio gli Usa, prevalendo su Sara Errani che le aveva preso il primo set e sfiorato il successo, giungendo a due punti dalla vittoria che avrebbe sorpreso il mondo. Ma è stato un vantaggio virtuale: è entrata in scena la star indigena, Flavia Pennetta: un paio di minuti per somatizzare i ricordi adolescenziali del campo del suo circolo di nascita, e ha sommerso la povera McHale, che è riuscita a far rimpiangere la Lauren Davis che rimpiazzava. Nulla, a quel punto, poteva più fermare lo slancio azzurro, neppure l’imbattuta numero uno del mondo. La quale, non fidandosi della sua partner occasionale ( assente la sorella Venus) , Alison Riske, ha cercato di giocare da sola, rimediando un 6-0, 6-3 che ha sorpreso presenti, felici però di intonare i ‘po-po-po-popo-po-poo’ di calcistica mondiale memoria. Il clan Usa ha preso l’ennesima batosta con la solita canonica filosofia, Serena Williams ha ammesso di sentirsi ancora psicologicamente «sul cemento, e di dover tornare a casa a tirare qualche migliaia di palline per essere pronta alla stagione sul rosso» e di essere «delusa di non essere stata capace di adattarsi bene al vento brindisino»…..

 

 

Serena è solo l’Italia

 

 

Piero Valesio, tuttosport del 20.04.2015

 

 

Serena è l’ltalia, nessuno si senta offeso. E già questa sarebbe una notizia meravigliosa in assoluto visto quanto bisogno abbiamo tutti di avere davanti agli occhi un orizzonte sgombro di nubi: evento che non ci succede, in quanto italiani, da un certo periodo di tempo. tennisticamente parlando poi la notizia è splendida e degna di essere festeggiata con tutti gli onori: il nostro ciclo è ben lungi dall’essere finito. Seguendo una metafora prettamente evangelica al venerdì santo di Genova, quando le azzurre furono crocifisse dalle francesi, quasi sorprese di essere arrivate a tanto, è seguita la Pasqua di Brindisi: una resurrezione in piena regola al cospetto della giocatrice più forte al mondo e, secondo alcuni, pure della storia. Quel rido iniziato a Nancy quando la Schiavone superò Amelie Mauresmo davanti al suo pubblico (che in questi giorni era la n-1 al mondo) è ripartito con rinnovato vigore grazie ad un regista che mai come in questa occasione ha messo in scena una suddivisione dei ruoli perfetta in ogni dettaglio; e ad attrici meravigliosamente immerse ciascuna nel proprio ruolo: Camila Giorgi, Flavia Pennetta, Sara Errani e perfino Karin Knapp che ha interpretato nel modo I nostri Clinton La famiglia Pennetta è ormai un cardine del sistema tennistico italiano migliore possibile (festeggiando alla fine come se avesse vinto Wimbledon) il successo con le compagne. La stragrande maggioranza degli attori detestava Francois Truffaut perché per lui, gli interpreti, erano menti da plasmare ai fini della riuscita del film che lui aveva in mente. Il paragone regge fino ad un certo punto perché le ragazze adorano Barazza Ma tiene invece per un altro verso: il capitano azzurro ha disegnato la nazione di questo play off come meglio non si poteva e come forse mai gli era riuscito nella sua lunga a onorata carriera Tra l’altro nell’appuntamento più difficile. Il clima che ha creato in squadra gli ha permesso di disporre le pedine in modo da ottenere da tutte il massimo. E ha spedito la Giorgi nel primo match a far sudare Serena, ha tenuto in panchina l’infanta du pays Flavia Permetta per un giorno intero con l’obiettivo di averla scintillante e decisiva il giorno dopo. Ha puntato energie sulla meno energica (fino a venerdì) delle azzurre, Sara Errani. Che lo ha ripagato prima demolendo la povera Davis e poi disputando una delle partite più belle della sua carriera arrivando a DUE PUNTI (maiuscolo obbligatorio) dal battere la numero 1 al mondo. Prima di perdere, ma al terzo, dopo due ore e mezza di gioco e con una Williams visibilmente segnata. E, dulcis in fundo, è riuscita a portare tutto l’ambiente ma Sara, in particolare, oltre le Chichis e il loro divorzio: dando vita al doppio che quasi certamente ai Giochi di Rio tenterà la conquista della medaglia d’om. Le stette Soffermiamoci su questo che ne vale la pena….

 

 

Il regalo mondiale di Pennetta-Errani, gli Usa in B

 

 

Gaia Piccardi, il Corriere della sera del 20.04.2015

 

 

Un gavettone gelato, nella tramontana che spazza il centrale, non è mai stato così piacevole. Il capitano di lungo corso, Corrado Barazzutti, scappa come un adolescente dalle mire di due ragazzine scatenate, Flavia Pennetta e Sara Errani, così impertinenti da umiliare la più forte di tutte, Serena Williams, e da costringere gli Usa alla retrocessione nella B della Fed Cup, il nostro parco giochi. Arrivare al doppio decisivo sul 2-2 era il piano che il c.t. aveva in mente dall’inizio, rifilando a Serenona le polpette avvelenate della Errani (Sara è stata eroica: ieri si è arresa alla numero uno 4-6, 7-6, 6-3 dopo due ore e 25′ e dopo essere stata a due punti dal match) e preservando la Pennetta, idolo di casa, per l’ultimo singolare (6-1 6-1 all’inadeguata McHale) e per il doppio con Saretta (6-o 6-3 a Williams-Riske) che spalanca nuove prospettive anche in vista di Rio 2016, dove il tennis rosa vorrebbe togliersi l’ultimo sfizio di una generazione di fenomene: l’oro olimpico. Il 3-2 sugli Usa nella bolgia festosa del Tc Brindisi, tra panini con la salamella e friselle al pomodoro, è un piccolo capolavoro di strategia che Barazzutti rimanda al mittente con friulano understatement: «Non ho alcun merito. Bisognava non sbagliare le scelte, è vero, ma poi le partite vanno vinte sul campo. E stata una grande prova delle ragazze». Le ragazze, già. Camila Giorgi, 23 anni, la fuoriserie lanciata contro Serena sabato, o la va o la spacca. Un set alla pari, e il futuro accoccolato ai suoi piedi: la Fed Cup fa bene a Camila e viceversa, Barazzutti l’ha presa sotto l’ala protettiva e Flavia l’ha trattata da sorella maggiore, mettendola a suo agio. Sara Errani, il presente. Dopo il divorzio cruento dalla Vinci, il match contro la Williams e il sodalizio con la Pennetta (non giocavano insieme dal 2009, quando in Olanda vinsero un torneo sull’erba) sono stati balsami per l’anima sensibile di Saretta: «Mi è piaciuto il feeling di squadra. Battere gli Usa con Serena è un’enorme soddisfazione». Flavia Pennetta, l’enfant du pays allettata a tornare in Fed Cup dalla scelta di Brindisi: «Festa bellissima, sono felice. Io e Sara a Rio? Diciamo che la sto corteggiando ma ci limitiamo a fare programmi a breve scadenza». Arriverà a fine stagione, la veterana, poi andrà dove la porta il cuore (a proposito: il fidanzato, Fabio Fognini, ieri non è riuscito nell’impresa di conquistare il torneo di Montecarlo con Simone Bolelli). ll sorriso più bello del tennis italiano ha voglia di famiglia, nido, bebè. Se l’alchimia con la Errani («Non c’è stato un momento del doppio in cui non ci siamo trovate») sarà sufficiente ad allungarle la carriera, è presto per dirlo. E poi Karin Knapp, la brava ragazza che fa spogliatoio, senza dimenticarsi di Roberta Vinci, storica partner della Errani rimasta ai box, che sarebbe un delitto non tornare a coinvolgere l’anno prossimo, nel primo turno di quel gruppo mondiale che sculacciando Serenona le azzurre si sono strameritate. Temevamo un funerale sportivo, invece è stata un’iniezione di gerovital. Benedetta Fed Cup, non finisci mai di stupire.

 

 

Brindisi e Pennetta, sinfonia azzurra

 

 

Roberto Calvi, la gazzetta dello sport Puglia del 20.04.2015

 

 

 

II trionfo è vergato da pensieri e parole, messi su un cartoncino o su un telo. Brindisi ha saputo raccontare le due eroine azzurre ancor prima che firmassero il successo su Serena Williams e le sue gracili so-reline. Va in campo la piccola, immensa Sara e in tribuna già esibiscono la scritta Errani fiumana non est. Poi tocca alla principessa Pennetta e compare sugli spalti lo striscione Orgoglio Flavia: l’arena allestita nel suo circolo è così terra fertile per il rilancio della pattuglia di Corrado Barazzutti. A Brindisi si è (ri)fatta l’Italia del tennis, rimasta nel World Group di Fed Cup grazie al successo contro le americane. In tre ore la campionessa di casa passa dalla delusione — celata con eleganza — per la mancata utilizzazione nella prima giornata alla gioia sfrenata per la doppietta centrata con le affermazioni in singolare contro la Mchale e poi, in coppia con Errani, contro Serenona e Riske. «Errani e Pennetta, la coppia perfetta», urlano cinque straordinarie donne ultrà. Daniela e Giulia vengono da Jesi, Cinzia da Firenze e le sorelle Anastasia e Pamela da Genazzano, in provincia di Roma. Munite di megafono e fischietti, con maglia e bandiere dell’Italia, impostano i cori e la ola. «Ci dovrebbero pagare almeno il viaggio, visto che seguiamo tutti i tennisti italiani nei vari tornei», è il messaggio di queste tifose erranti. Nel collage di messaggi sugli spalti, anche Forza azzurre: Circolo tennis Palagiano, Grottaglie c’è, Forza azzurre dal C.t. Bari e pure da Casarano e Noi le stelle, voi le strisce. Sul 2-2, Nicoletta Virgintino, barese, ex giocatrice di A, anticipa la scelta del doppio: «Ora ci vorrebbero Flavia e Sara insieme, solo loro possono farcela». CASA PENNETTA Quando Flavia sale in cattedra, Renato Intiglietta, nonno materno, si lascia dominare dall’emozione. «Ci ha regalato tante gioie, la nostra famiglia si è messa spesso in viaggio per incoraggiarla – racconta -. Siamo andati al Roland Garros, più volte a Roma per gli Internazionali, in Turchia: Flavia è straordinaria. E in campo è più matura della sua età». RACCHETTA Papà Ronzino e mamma Concita le hanno messo la racchetta in mano, poi ci ha pensato soprattutto la maestra Elvy Intiglietta, la zia (è mamma di Claudia Giovine), ad affinarne il talento naturale. «Il rovescio lungo-linea è il nostro marchio di fabbrica – fa notare la zia -. Flavia è forte sul piano mentale: non era facile, a casa sua, reggere la pressione nei due incontri decisivi per la vittoria dell’Italia». Grazie Flavia, con te Brindisi supera l’esame Fed Cup. Poi chissà, a settembre, arriveranno gli azzurri di Davis.

 

Pennetta, un brindisi mondiale

 

Alberto Giorni, il giorno del 20.04.2015

 

Tutto è bene quel che finisce bene. Dopo l’ultima volée in rete di Alison Riske, esplodono i quattromila di Brindisi: Flavia Pennetta e Sara Errani si sciolgono in un bell’abbraccio e iniziano a tirarsi i gavettoni, coalizzandosi nell’innaffiare il capitano Corrado Barazzutti prima del tradizionale giro di campo con le bandiere tricolori. Game, set e match; l’Italia batte 3-2 gli Stati Uniti e resta nel gruppo mondiale della Fed Cup, condannando le americane al purgatorio della serie B. Come ci si aspettava, il doppio è stato decisivo e Flavia Pennetta si è rivelata profeta in patria. Proprio lei, cresciuta in questo circolo, ha firmato il 2-2 dominando Christina McHale e il 3-2 in coppia con Sara Errani, lasciando tre game (6-0, 6-3) a Serena Williams e alla Riske. In assenza di Roberta Vinci, c’era curiosità per vedere all’opera un doppio poco collaudato: Pennetta ed Errani avevano vinto insieme un torneo sull’erba di Hertogenbosch nel lontano 2009, ma poi le loro strade si erano separate. Ci hanno messo poco per ritrovare l’affiatamento; sono partite fortissimo e, dallo 0-2 del secondo set, hanno infiammato il caloroso pubblico a ogni punto. «E’ finita alla grande — ha detto una raggiante Flavia —, sono state due splendide giornate sia per noi che per la gente, vincere qui è speciale. Vorrei diventare un esempio per il tennis italiano». Il successo poteva essere ancora più netto, visto che a inizio giornata la Errani è stata a due punti dall’impresa di sconfiggere Serena Williams, sempre vincente nei 13 singolari giocati in Fed Cup. In un match condizionato dal vento, la romagnola è stata tatticamente perfetta e si è portata a due passi dal sogno sul 6-4, 5-4, 30-0. Qui però l’americana, parecchio fallosa in precedenza, si è ricordata di essere la numero 1 del mondo, ha messo a segno tre vincenti consecutivi e si è aggrappata al tie-break: trampolino di lancio per imporsi al terzo set. «Ci ho provato fino all’ultimo e le sono rimasta attaccata nel punteggio, ma poi lei ha fatto la differenza», le parole di Sara prima di riscattarsi in doppio. Poco male, il lieto fine si è colorato di un azzurro intenso come il cielo di Brindisi e Barazzutti è il ritratto della felicità: «Queste ragazze sono tra le più forti al mondo, non vogliono mai perdere. Il futuro dipenderà dalla voglia che avranno di andare avanti, speriamo che arrivino fino alle Olimpiadi».

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement