La (mica tanto) netta inversione a U di Ricci Bitti su tennis, Crimea e Russia

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La (mica tanto) netta inversione a U di Ricci Bitti su tennis, Crimea e Russia

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Francesco Ricci Bitti
 

Ricci Bitti infila il tennis nella polemica Crimea-Ucraina-Russia. Cosa è cambiato dopo l’annessione della Crimea alla Russia, fra Paesi che comprano giocatori e squadre di calcio che non sanno dove giocare 

Quando lo sport intralcia la politica allora è meglio correre ai ripari subito. È quello che avrà pensato Francesco Ricci Bitti, presidente dell’ITF, che giovedì 23 ha affidato alle agenzie di stampa una nota in cui smentisce le sue parole del giorno prima sulla possibilità da parte di tennisti crimeani di giocare per la Federazione Russa. Questa la dichiarazione: “Il virgolettato attribuitomi dall’agenzia di news ITAR-TASS è falso e non mi appartiene”. Cosa è successo? È successo che mercoledì 22, in una intervista all’agenzia russa TASS, Ricci Bitti aveva detto che non c’era nessun problema se i tennisti della Crimea volevano giocare sotto i colori della madre patria Russia. “La Crimea fa parte della Russia e i tennisti crimeani possono giocare senza problemi con i colori della Russia, per rappresentarla nei vari tornei. Non vedo problemi su questa vicenda”, queste le parole che l’agenzia gli ha attribuito e che il responsabile della ITF ha rimandato al mittente con la nota stampa diramata ieri.

La leggerezza con la quale il responsabile della ITF avrebbe parlato della situazione sportiva in Crimea è stata oggetto di discussione in Russia. Il comunicato dell’ITF però cancella le parole del suo Presidente e fa chiarezza sulle regole internazionali: “Il tennis è uno sport individuale e ogni giocatore crimeano è libero di rappresentare ogni nazione della quale abbia il passaporto. Il team ITF ha spiegato nei particolari il regolamento”. Bitti ha poi centrato il punto della discussione con l’ultima frase del comunicato: “Lo sport non può essere indifferente alla politica ma non deve essere usato per fare politica”. E quindi anche il tennis, almeno per uno dei suoi più grandi rappresentanti a livello amministrativo, è finito dentro il calderone Crimea, Ucraina, Russia, Putin, calcio e Blatter. Ma partiamo dall’inizio, cercando di riassumere brevemente cosa è successo in Crimea un anno e qualche mese fa.

“I’m back in the USSR, You don’t know how lucky you are, boys” cantavano i Beatles nel 1968. Chissà se all’epoca gli inglesi immaginavano l’andata e ritorno fatta dalla Crimea proprio nella USSR, prima diventando un pezzo dell’Ucraina dopo la caduta del muro e poi ritornando all’ovile un anno fa. Proprio un mese fa, il 18 marzo 2015, è stato festeggiato il primo anniversario dell’annessione della Crimea alla Russia. Nel 2014 infatti dopo l’allontanamento del presidente ucraino Viktor Janukovič, in Crimea – zona strategica dal punto di vista militare per la sua collocazione geografica – comparvero degli “omini” verdi, di fatto dei militari russi senza le mostrine. Sull’onda dell’entusiasmo, con un governo destituito, il passo successivo fu l’indizione di un referendum per l’annessione alla Russia. Il referendum, complice la manipolazione dei media russi sulla vicenda, passò con il 97% dei voti favorevoli. E quindi qualche settimana dopo la Duma, il parlamento russo, ratificò l’ammissione della Crimea, che avrebbe beneficiato di un trattamento “di favore”, un po’ come le nostre regioni a statuto speciale. Peccato però che la consultazione non ha rispettato gli standard internazionali e, quindi, sia gli Stati Uniti, sia la grandissima parte dell’Unione Europea, hanno ritenuto il referendum non valido. Ed è per questo che le parole di Ricci Bitti – poi smentite, o non pronunciate stando all’ITF – non trovano riscontro legale perché, per la comunità internazionale, la Crimea non è (ancora) russa.

I due tennisti più famosi dell’Ucraina, Dolgopolov e Stakhovsky, intervennero all’epoca del conflitto “mettendoci la faccia”, direbbe Fognini. Dolgopolov pubblicò un video con tanti tennisti del circuito che auguravano la pace in Ucraina, mentre Stakhovsky scrisse una lettera aperta dove si augurava che il suo paese non prendesse il sentiero del nazionalismo, denunciando inoltre operazioni di manipolazione mediatica da parte dei russi sulla vicenda. Proprio su quest’ultima parte, Stakhovsky è tornato sulla vicenda. Dapprima ha criticato su Twitter la dichiarazione di Ricci Bitti, salvo poi ritrattare anch’egli dopo la smentita del presidente ITF.

Dall’annessione in poi però lo sport crimeano è stato attraversato da turbolenze. Ovviamente a farla da padrone è stato il calcio. Prima del conflitto la penisola aveva due squadre nel campionato Ucraino, squadre espulse da questo campionato dopo che la Crimea è tornata russa. La decisione è stata della UEFA, il governo del calcio, che si è presa carico di transitare lo stato del calcio crimeano finché non sarà possibile “annetterlo” a quello russo. Questo, almeno, è quello che si augura Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa, per legittimare ancora di più l’acquisizione di quella che fu la terra dei Tatari. Nei giorni scorsi il presidente russo ha incontrato a Sochi Sepp Blatter, mastermind della UEFA, ma ufficialmente non si è parlato della situazione del calcio. Intanto, in Crimea, non si gioca più a calcio.

Ma anche il tennis ha avuto la sua parte di polemica all’interno del circuito Crimea-Russia. Tutto è nato dalle dichiarazioni del presidente della Federtennis Russa, Shamil Tarpishchev, che ha parlato della volontà di usare la Crimea come base geografica per la crescita dei tennisti russi. “La Crimea ha un clima ideale per il tennis” ha dichiarato Tarpishchev alle agenzie. Si pensa, inoltre, che lo sport potrà offrire una rinascita in termini di visibilità a questo lembo di terra dopo le dispute dell’ultimo anno. Tarpishchev ha detto che diversi coach ucraini “vogliono lavorare in Crimea”, sebbene lì ci sia molto da rinnovare in termini di strutture, risalenti all’epoca dell’Unione Sovietica.

Certo il problema della nazionalità dei tennisti crimeani per ora non si pone, visto che non ce ne sono di livello. Diverso sarebbe se la Crimea fosse un “supermercato di qualità”, come è stata la Russia dopo la disgregazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. A fine 2014 ci fu il caso di Daria Gavrilova “acquistata” da Tennis Australia, ma ben prima il Kazakistan si è costruito una bella squadra di Coppa Davis acquistando dalla Russia che fu. Infatti, il nono paese al mondo in termini di estensione geografica, per essere competitivo nel tennis ha tesserato Andrej Golubev, bielorusso di origine, e Mikhail Kukushkin, russo di Volgograd. E pazienza se i due non potranno più cantare più l’inno russo, modificato nel 2000 da Putin solo a livello testuale, non nella melodia. Il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev (che ha convocato proprio di recente le elezioni per il rinnovo del mandato), appassionato di tennis come dimostrano le gigantografie esposte ad Astana durante il match di Coppa Davis con l’Italia, si è assicurato i due campioni offrendogli passaporto kazako e diverse altre “comodità”. Nulla di scandaloso sia chiaro, considerato che nel calcio questo accade da decenni. Da Sivori a Camoranesi, gli oriundi ci sono sempre stati. E quando non ci sono si vanno a cercare parenti nel Belpaese: un trisavolo in Veneto o un nonno della moglie nelle Marche non manca mai a nessuno.

Di fatto, quindi, la Crimea è oggi una No Man’s Land dal punto di vista della nazionalità sportiva: oggi uno sportivo nato in Crimea che giochi a calcio non è più né ucraino né russo. E, comunque, la Federazione Russa non avrebbe comunque tutta questa attrattiva nel tennis. Ecco perché Ricci Bitti, al suo quarto mandato in scadenza a fine anno, poteva fare più attenzione alle sue parole. Ah vero: le ha smentite.

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