Da Melbourne a Parigi il film non cambia: è sempre cinePanattone

Tennis e TV

Da Melbourne a Parigi il film non cambia: è sempre cinePanattone

Avevamo lasciato Adriano Panatta a Melbourne, dove aveva debuttato come telecronista TV armato di esperienza, lingua glabra, e soprattutto di battuta pronta. Lo abbiamo ritrovato a Parigi in ottima forma, più sicuro di sé e sempre pronto a deliziarci con i suoi commenti in libertà

Pubblicato

il

Adriano Panatta in postazione di commento per Eurosport
 

Dopo l’Australian Open, nelle telecronache del tennis, esiste un “before Panatta” e un “after Panatta”. Con il reclutamento dell’Adriano nazionale infatti, Eurosport ha portato ad un livello successivo il concetto di telecronaca di tennis. L’appuntamento con il secondo Slam dell’anno ci ha regalato un Adriano in gran spolvero, forte, evidentemente, dell’esperienza australiana. Oltretutto, giocava in casa, nel torneo che lo vide trionfare nel 1976, lui che è stato l’ultimo italiano a vincere una prova dello Slam. In queste due settimane a Parigi Adriano si è dato da fare oltre alla telecronaca, intervistando Nadal o partecipando a Game Set and Mats, la trasmissione di Barbara Schett e Mats Wilander in onda su Eurosport, dove è stato protagonista di una simpatica intervista.

Tutti riempitivi, sia chiaro, perché è nel momento della telecronaca che Panatta domina. E se il solito duo Ferrero-Ocleppo è una coppia che abbina la competenza e l’understatement del primo ai racconti più leggeri del secondo, bravo a leggere tatticamente la partita, l’ingresso di Adriano sposta tutti gli equilibri. Gianni Ocleppo tradisce Ferrero e fa comunella col panattone nazionale. I due si trovano che è una meraviglia, con Adriano nelle vesti di capocomico e Gianni in quelle di spalla, novelli Cochi e Renato del tennis in TV.

Io non so Federico dove tu riesci a leggere la velocità del servizio, certo se c’è qualcuno di Eurosport che lo fa spostare a quello davanti al tabellone del servizio magari ci riesco pure io”. Eccolo qui. Sono passati neanche cinque minuti dalla super sfida Nadal contro Djokovic e Adriano è già formissima, congiuntivi o meno. Ma è il coinvolgimento di Ocleppo che funziona.

La TV indugia su un Becker sofferente sotto il sole, con la sua pelle senza grinze e il cappello da baseball a ripararlo dal forte sole. “Gianni: come lo vedi Becker?”. Ocleppo: “Mah, guarda, sembra uscito da un pub del’Oktoberfest”. E vai con le risate. Più tardi, quando è il turno di Murray figuriamoci se si resiste: “Ah ecco la Mauresmo”, detta con tono che tradisce un leggero spregio, solo per il fatto di allenare un maschio – cosa già detta a Melbourne, peraltro. Ma è solo un’avvisaglia, la bomba sta per esplodere. E il dialogo con Ocleppo diventa da bollino rosso, con quel sessismo proprio della taverna:
AP: “Gianni, sai che è incinta? ma di chi poi?
GO: “Di chi? di cosa magari!

Quando torna il tennis, Panatta azzarda considerazioni perentorie e chiama sempre Ocleppo a certificarle, con una formula che diventerà il marchio di fabbrica: vero Gianni? Panatta scopre e rivela verità note a tutti. Nadal dovrebbe servire la prima sempre a duecento all’ora, “così farebbe più punti, vero Gianni?” (uno straordinario premio #GAC); “Nadal gioca troppo dietro da fondocampo, vero Gianni? È praticamente in braccio a Tiriac, vero Gianni?” La smorzata di Nole, che per altri è leggibile, per Panatta è semplicemente “scarsa” (vero Gianni?). E poi i giudizi sommari. Al warning per time violation, Adriano sbotta e dice in TV quello che tutti pensiamo dell’arbitro: “Capisco che gli devi dare un time violation, ma glielo dai sul 5-4 40 pari? L’arbitro è un cretino”.

Purtroppo la partita fra Nadal e Djokovic perde di pathos nel finale, scivolando via senza particolari sussulti, ma tranquilli, c’è tempo e volontà di divagare. Gianni Ocleppo che di solito è quello che si sbottona, la linea comica si direbbe nel cinema, con Panatta si strappa proprio la camicia. Battute, allusioni, assist e poi lui, il tormentone: Vallverdu. Arrivano attraverso collegamenti pretestuosi a pronunciare ancora una volta questo nome, e giù a ridere, nuovamente.

Il torneo continua e il match fra Wawrinka e Tsonga ci regala subito una delusione. Qualcuno deve aver fatto notare ad Adriano che la sua pronuncia di “uarinca” di australiana memoria non è quella più corretta. Panatta, umile com’è, si vede che ha studiato, e quindi tranne un paio di volte pronuncia correttamente il nome dello svizzero. È il nome del francese a farne le spese, il “TS” di Tsonga, diventa “Zongà”, a New York sarà a posto anche quello. I due giocano, e Adriano parte subito in quarta: “Certo che Fognini rispetto a sto coso qui.. Zongà, è ‘n’altra cosa proprio, de n’altro livello. Fosse solo più continuo Fabio…”.

Il povero Ferrero ogni tanto prova a intervenire e quando in sovraimpressione passa un tweet di Roger Rasheed, allenatore di Dimitrov, al “Arieccolo” Panattiano, prova con un timido “Rasheed che tra l’altro ha allenato anche Tsonga”. Ad Adriano non pare vero, e commenta con un meraviglioso “Eh”. Ma per la rubrica “Gli allenatori dei campioni: questi sconosciuti”, dopo aver scoperto Roger Rasheed in Australia, Panatta scopre l’esistenza di Nicolas Escudé e Thierry Ascione, allenatori di Tsonga nonché tennisti di discreto livello in passato, ma non campioni. I due nomi non convincono Panatta, che ha uno strano rapporto con la fonetica del tennis, evidentemente. Ferrero perora la causa dei due: “Non bisogna essere stati cavalli per essere un buon fantino”. “Ah si?” fa Panatta, che poi gli dà appuntamento fuori dalla classe: “Ne parliamo dopo di questo, ti chiederò delle spiegazioni”. Ma il dopo arriva subito. Adriano non resiste infatti e rilancia: “Senti Federico – si percepisce il tremore delle gambe attraverso la TV, tipo Poltergeist – e perché Djokovic ha chiamato Becker (dimenticandosi di Vajda, vero artefice dei successi) e Federer ha chiamato Edberg?”. Ferrero lascia cadere il discorso ma ancora una volta questa domanda da parte di Panatta sembra quasi un mettersi sul mercato come coach.

Parte l’adagio: “ai miei tempi”. Esempio: “Ai miei tempi non si andava in bagno, non ci si riposava per 7 o 8 minuti dopo ogni set”. Si parla poi dei calzettoni al ginocchio dei raccattapalle, spunta fuori la Mattek-Sands. “Come se chiama questa? Befana? (Bethany, sic) Se ti metti questi calzettoni ti vengono le vene varicose”. Ocleppo si sganascia, Ferrero assiste silente allo scempio di quello che è pur sempre un lavoro, il suo lavoro.

Intanto, sul campo, Tsonga fa i buchi con la battuta.
GO: “Il francesce con servizio e diritto fa paura
AP: “Te credo, è alto due metri”.
FF: “Un po’ meno
AP: “Sì vabbè, mo esce fori che è alto 1 e 65. Sarà 1 e 96
FF: “No, no: Tsonga sarà alto 1 metro e 88, credo
AP: “Nooo, che stai a di’? ci sono stato vicino un paio di volte al francese, è più alto”.

Inutile dire chi ha ragione. Su Twitter intanto il partito dei pro-Panatta si scontra con quelli che vorrebbero una telecronaca più classica. Nel terzo set fra Tsonga e Wawrinka, torna un’improvvisa e provvidenziale serietà. Federico Ferrero deve aver fatto leggere qualcosa ai due, che improvvisamente non ridono più.

Panatta però continua a punzecchiare Ferrero, quando il francese sbaglia una comoda volée.
AP: “Questa non si vede neanche in coppa Facchinetti. Tu non sai cos’è, vero Federico?
FF: “No, non c’ero quando si giocava”.
AP: “Ah, fai lo spiritoso

E un minuto dopo: “Tiè, guarda quest’altro che ha fatto”. Il tono di Adriano è sempre quello un po’ scanzonato e un po’ deridente, quello che non ha paura di dire frasi del genere in TV, dove si ascolta molto di peggio: “Quei pantaloncini di Wawrinka li ho visti addosso solo ad un villeggiante a Rimini, un tedesco di Dresda”.

Poi a un certo punto Tsonga usa la smorzata. Parecchio.
AP: “Ha fatto tre palle corte in un game, forse gliel’ha detto quello… come si chiama?”
GO: “Rasheed?” Risate.
AP:: “No, no, gli altri
GO: “Ashon e Escude
AP: “Ah, questi sono amici di Federico”.

A un certo punto Panatta pare ricordarsi che è lì per dare un parere tecnico. E quindi scopre che “Zongà” ha problemi a impattare di rovescio sopra la spalla, sul kick al servizio di Wawrinka. E poi, con il tono romanesco di chi ti sta per prendere in giro, si rivolge a Ferrero: “Quante ne ha sbagliate così, Federico?”. Ferrero, in modalità zen, concede al massimo un “non faccio, ancora, il contabile”. Panatta però questa volta è più informato rispetto a Melbourne. Dà prova del suo stare sul pezzo quando dice che qui al Roland Garros c’era stata una polemica sugli arbitri. Si riferisce a Nadal, che non vuole più essere arbitrato da Bernandes. E non era al Roland Garros.

Ogni tanto invece parte la serie “introduzione di discorsi a caso” capitolo 37, Panatta se ne esce con un bel “Ho visto giocare la Muguruza. Gioca molto bene, mi piace”. “E poi è anche una bella ragazza” fa Ocleppo, “il che non guasta”. Murray e Djokovic sono usciti dal campo e tornano dopo un po’. “Ho capito ma questi non giocano più: so andati in bagno, se so cambiati, che non giocano più’? Hanno fatto 3 GHEM in 20 minuti!”. Si sente Ocleppo tenersi le mascelle con tutte e due le mani. “Intanto è sceso in campo McEwan, il giudice arbitro” subentra Ferrero con tono gelido. Sembra aver eretto una immaginaria barriera fra sé e i due, come il “the wall”, la barriera di Game Of Thrones che protegge i buoni, i commenti tecnici e la serietà, dai cattivi, le battute, le allusioni goderecce. Va punito. “Tu giochi a tennis Federico?” incalza Panatta. “No”, ribatte perentorio Ferrero. “Non è vero! Non è vero – si eccita Ocleppo – giochi almeno due volte a settimana!”. “It’s showtime Folks”, direbbe Saul Goodman.

All’epilogo Panattone arriva un po’ stanco. Sarà stato il pranzo pesante, ma il ritmo è blando. Anche perché c’è Lo Monaco e non Ferrero, che forse Panatta e Ocleppo si divertono a pungolare. Ocleppo ricorda l’aneddoto che vorrebbe Panatta aver portato il finalista del 76, Harold Solomon, davanti allo specchio prima della partita, e avergli detto invitandolo a guardarsi nel riflesso: “Secondo te chi vince oggi?”. Oclepplo ride mentre Adriano conferma tutto: “Vero vero. Non mi fa molto onore. Lo chiamavamo sorcio maledetto”. E poi: “Guardiamo la partita va”. È dimesso Adriano, forse vuole tornare a Roma a mangiare una bella cacio e pepe. Ma non resiste alla battuta quando Nole non chiude una facile volée: “Allora: poi se dico qualche nome di amico mio che non la sbaglia questa volée vi arrabbiate. Vabbè lo dico: questa volée Neri Marcorè non la sbaglia”. E prima di chiudere la partita: “Cosa ne penso della musica ai cambi campo dei tornei Atp? Una buffonata”. Ocleppo certifica: “Sono d’accordissimo Adriano”. “Giusto gli americani…”, chiude Panatta. Al vincitore del Roland Garros 2015, dopo averlo visto giocare per circa tre ore, concede un “Bravo però sto ragazzo, come gioca eh?”. È tempo di matchpoint, sono tre ore che commenta tennis TV e, come si direbbe a Roma, “s’è fatta ‘na certa”. E allora ecco l’invito propiziatorio rivolto allo svizzero: “Dai, tira sta botta e daje la mano”.

Ora c’è Wimbledon, e torneranno quindi i commenti classici e noiosi. La classe e il divertimento vanno in vacanza ma i Panatta boys possono stare tranquilli: Eurosport ce lo confermerà per gli Us Open. Noi, dell’Adriano nazionale, non possiamo più farne a meno.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement