TENNISPOTTING giugno: Nadal come Jon Snow, e le stelle Stan piovendo

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TENNISPOTTING giugno: Nadal come Jon Snow, e le stelle Stan piovendo

Di Stan Wawrinka e di quelli, tantissimi, che già sapevano della sua vittoria, di Nadal che è come Jon Snow, di Djokovic che piange in campo come suo figlio e dell’orgoglio italiano, celebrato da un super inviato del mese: è Tennispotting di giugno e se non lo leggi allora arriva l’inverno

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L’avevamo chiamato tiranno, dominatore, robot e gli avevamo dato dell’invincibile, del senza macchia e del più forte. Si piega ma non si spezza. Chi fermerà mai Novak Djokovic, dicevamo noi. Avevamo ragione, del resto: Nadal non è più Nadal nemmeno a Parigi, Federer sulla terra vale mezzo Federer sull’erba e sul veloce (forse pure meno) e per le paturnie di Murray serviva qualcosa di più di un titolo a Madrid. Ferrer continua a fermarsi quando si deve fermare, all’esplosione di Nishikori ormai ci credono solo Salerno e un altro di cui non ci ricordiamo il nome e Berdych… Berdych è sempre Berdych, anche i più ottimisti dovrebbero essersi rassegnati. Non ci eravamo scordati di nessuno. Tranne di Stan Wawrinka.

TENNISTA DEL MESE
Claudio Giuliani: In qualcuna delle nostre chat multiple su Skype, credo forse in quella dove discutiamo di politica alta, slow food, Grexit e massimi sistemi con il compagno Salerno, avevo scritto, se non ricordo male, che tutti i discorsi dei pronostici sul vincitore del Roland Garros non reggono di fronte al ragionamento che recita: “se Wawrinka è in forma e ha voglia batte tutti perché dipende sempre da lui”. In sostanza, così è stato. Anche il miglior tennista della categoria “contrattaccanti” – così scriverebbe Brera forse adattando questo aggettivo calcistico al tennis -, ovvero Novak Djokovic, nulla può, di fatto, di fronte a un Wawrinka così in palla. Il suo allenatore, Norman, che già un anno fa aveva detto che il “suo” Stan poteva vincere altri Slam, aveva parlato chiaro anche alla vigilia del torneo: “Se riesce a passare la prima settimana allora il torneo si fa interessante”. Amen (ci perdonerà il Social Media Manager di Radio Maria) . Perché il difetto principale di Stan è la continuità. E la continuità nei tornei sulle due settimane diventa un fattore decisivo. E quindi, smaltita la sbornia del Nadal contro Djokovic, la partita più attesa del torneo che poi si è rivelata un passaggio di consegne anche su terra battuta, il match dei match è stato proprio Wawrinka contro Djokovic. I due devono avere una sorta di alchimia sul campo, tanto che i loro ultimi incroci al meglio dei cinque set sono sempre stati spettacolari. Battere Federer è stata una passeggiata di salute per Stan, battere Novak un po’ meno. Ma li ha battuti tutti. E ora Stan, farai come dopo la vittoria dell’Australian Open, quando andasti in vacanza nei tornei fino a Montecarlo? A Wimbledon ti impegnerai? Chi può saperlo. Non lo sa neanche Norman.

Daniele Vallotto: 
Non poteva finire che con un rovescio lungolinea il Roland Garros 2015. Dotato del colpo più spettacolare e – in quelle due settimane incredibili – efficace del circuito, Stan Wawrinka ha ben pensato di rispolverarlo durante il torneo che doveva finalmente incoronare Novak Djokovic. È finita come pochi si aspettavano, un po’ (poco) perché Nole si è fatto intrappolare dai suoi fantasmi, un po’ (molto) perché Wawrinka è un petardo che ti può esplodere in mano da un momento all’altro (perdonate il citazionismo spinto, ora la smetto). Quando ho visto Wawrinka sconfiggere con una sorprendente disinvoltura Simon negli ottavi, mi sono detto che allo svizzero poteva succedere qualcosa di molto vicino al miracolo di Melbourne. E la vittoria su Federer, netta e senza appello, non mi ha sorpreso poi molto, così come la vittoria su Tsonga (che pure qualche chance l’ha avuta). Ma come successo a Melbourne un anno fa, non riuscivo ad immaginare un Wawrinka che riuscisse a tirare cannonate per tre ore consecutive perfino in finale contro un muro che più lo attacchi e più forte diventa. Agli Australian Open, Nadal ci lasciò col dubbio che Stan si potesse sgonfiare prima o poi; al Roland Garros, Djokovic ci ha lasciato con il dubbio che quel bombardamento, una volta avviato, non finisca mai. Per fortuna che gli Slam durano al massimo due settimane.

NADALOMETRO
Claudio Giuliani: Rafa sta messo sempre peggio. E si vergano “coccodrilli” per la fine di un campione, si interpellano analisti della Nasa per capire perché questo diritto non giri più come prima, o esperti di balistica dell’FBI per capire perché atterri quasi sempre dentro il rettangolo del servizio, oppure ci si rifugia nel classico “ma perché non tira la prima di servizio almeno farebbe più punti” (Panatta è l’ultimo arrivato a infoltire questo gruppo). Basta parlare con qualsiasi persona che abbia giocato un minimo a tennis a livelli decenti, un buon seconda categoria, per certificare quello che era naturale avvenisse: Nadal è calato fisicamente. E come tutti i giocatori che devono molto dell’economia di gioco alla mobilità e alla potenza del gioco di gambe (nota bene: molto, non tutto), dopo dieci anni di carriera a livelli altissimi è naturale pagare dazio. Gli infortuni sono aumentati e, ciononostante, dopo un 2014 già mediocre – dove però Rafa è riuscito a vincere uno Slam e mezzo, diciamo – ecco arrivare un 2015 pessimo. Un campione diventato un giocatore normale. Si riprenderà? Potrà vincere di nuovo uno Slam? Chissà. Intanto guardate su YouTube Rafael Nadal di qualche anno fa. Guardate le sue gambe come si muovevano: capirete cosa c’è che non va ora.

COROLLARIO, [SPOILER] ALERT:  Questa parte è “dark and full of spoiler”, non leggete oltre se siete fan di Game Of Thrones. Rafael Nadal è Jon Snow. Castle Black è il campo centrale del Roland Garros. Nadal, come Snow, muore nella sua seconda casa dopo quella natia. Però, come già si vocifera in rete,  Jon Snow potrebbe tornare in vita nella sesta stagione, grazie a una magia. Rafael Nadal potrebbe vincere quindi la decima coppa al Roland Garros nel 2016, grazie alla sua caparbietà.

COLPO DEL MESE
Daniele Vallotto: È stato il Roland Garros dei colpi fuori paletto, come questo di Kei Nishikori o questo di Stan Wawrinka. Poi c’è questa cosa di Roger Federer, che pare toccare appena la pallina per rimandarla di là e invece trova un passante inconcepibile (e che viene imitato qualche giorno dopo da Jo-Wilfried Tsonga). Non manca Nick Kyrgios che spalanca le braccia per godersi l’ovazione del pubblico dopo un lob fatto col tweener (per la gioia di Claudio). Ma il colpo del mese, per me, lo gioca uno dei tennisti preferiti del tennishispter, Florian Mayer, che ad Halle si dimentica di essere reduce da un infortunio all’inguine lungo un anno ed imita Boris Becker con una volée in tuffo che solo Dustin Brown gioca ancora con una certa regolarità (mi rendo contro che “Dustin Brown” e “regolarità” nella stessa frase produca un ossimoro mica da ridere, eh).

Claudio Giuliani: Vedo che hai scelto praticamente tutto il meglio di maggio. Vediamo un po’ cosa è rimasto da far notare. Gilles Simon gioca un passante straordinario al Queen’s, giusto per dirne uno, ma nella mia testa c’è una cosa vista al Roland Garros che ti è sfuggita. Forse perché non giochi molto a tennis, e forse perché, se giocassi, probabilmente impugneresti a due mani in perfetto stile Hipster o Yuccie, se stai frequentando il corso di aggiornamento. Ma a Parigi, Stan Wawrinka, gioca un rovescio vincente ad una mano in risposta a una seconda palla in kick di Dusan Lajovic che Luca Baldisserra ha commentato con un articolo, oltre che registrato e uploadato su YouTube con il nome, azzeccatissimo, di “Stan illegal backhand”. Un colpo illegale, una cosa che non si vede sui campi. In pratica Stan ha giocato un rovescio anomalo, una cosa mai vista: ad altezza spalla invece di contenere il colpo verso l’interno, bloccando di piatto in lungolinea o tagliando in back, lui sbraccia e con il polso fa girare la palla verso l’esterno, come se con il diritto avesse colpito un inside-out molto anticipato ad altezza spalla. Lui lo fa con il rovescio. Baldisserra ha scritto che una cosa del genere non si vedeva da 90 anni sui campi da tennis. Lo sa anche Stan, che ride divertito dopo aver aggiornato con un nuovo capitolo il libro de “I colpi del tennis”.

Daniele Vallotto: Intervengo solo per dire che con una barba come la mia non potrei mai essere uno Yuccie. E poi sono un talebano di Firefox, tzè.

PARTITA DEL MESE
Daniele Vallotto: Ci sono stati molti bei match a Parigi, a partire (anzi, a finire) dalla finale, una dimostrazione davvero impressionante di quanto può essere spettacolare il tennis su terra battuta (con ben 90 vincenti in tre ore, alla faccia della superficie lenta). Ma la partita forse più spettacolare e che ha tenuto col fiato sospeso più spettatori è stato il derby australiano giocato al secondo turno e vinto da Kokkinakis su Tomic con un altro 8-6 al quinto come quello di Melbourne rifilato a Gulbis. Il ragazzo evidentemente si carica quando la partita si scalda e nonostante uno svantaggio di due set e una caduta rovinosa nel quarto set l’ha portata a casa di pura tigna. C’è stata la rimonta, l’episodio che sembra rovinare la partita, i match point annullati e una rimonta nella rimonta nel quinto set, da 2-5 a 8-6: un autentico dramma da Slam che è l’essenza della prima settimana. Che nessuno tocchi il tennis tre su cinque.

Claudio Giuliani: Adoro quelle partite che diventano match di boxe, come quello fra Tomic e Kokkinakis. Anche se non c’è molto spettacolo in campo, il confronto sul piano caratteriale fra i due tennisti diventa centrale. Non ho una partita del mese preferita. La finale del Roland Garros è stata bella, ma ricordo bene anche il tanto atteso match fra Nadal e Djokovic, impegnato come ero a lottare con streaming (sia lodato Sky-Go, ora e sempre) e con riunioni da evitare per dare un’occhiata al match dell’anno. No big deal, questo mese, in termini di spettacolarità.

DELUSIONE DEL MESE
Daniele Vallotto: Più che Rafael Nadal – di cui si è detto, scritto, immaginato e previsto tutto – la delusione di giugno è la finale anticipata, il quarto di finale che non lo era, lo scontro dei titani, la battaglia finale. È finita 7-5 6-3 6-1, con un punteggio che via via si faceva più severo e che rappresenta alla perfezione la partita in discesa di Djokovic, che si è bloccato appena un attimo ma ha poi dato ragione alla logica: come poteva Nadal risorgere a Parigi anche questa volta?
L’incantesimo questa volta sembra finito davvero ma il fatto che Nadal abbia lasciato il dubbio fino all’ultimo momento è indicativo di che cosa significa e ha significato l’aura di invincibilità che lo ha circondato per un decennio quando scendeva sul Philippe Chatrier o sul Suzanne Lenglen. Djokovic non ha fatto altro che certificare in carta bollata quello che per mesi era sotto gli occhi di tutti: ma finché non l’abbiamo visto perdere a Parigi non eravamo certi che fosse proprio così.

Claudio Giuliani: Onestamente qualcuno poteva pensare che Nadal si sarebbe ripreso solo grazie al tre su cinque nella sua Parigi? Contro Djokovic? Ma la delusione del mese non può che essere Kei Nishikori. Sapete chi era il favorito alla vigilia subito dopo Nadal e Djokovic? Nishikori. Quanti articoli sono stati scritti celebrando la futura vittoria dell’algido Kei a Parigi, sulla terra, una superficie che esalta il suo gioco-flipper da fondo campo. In possesso di una battuta che non gli procura moltissimi punti, facendolo quindi rifiatare all’interno dei game, Kei ricorda un po’ Agassi, che pure a Parigi ha avuto il suo bel da fare prima di imporsi da campione. Kei non sembra in possesso di quella sagacia tattica necessaria per giocare e vincere a lungo sul rosso, oltre che di variazioni di gioco necessarie per le giornate “storte”. E poi si infortuna spesso, e non è a fine carriera. E ora sotto con i “Kei può vincere gli Us Open”, mi raccomando.

SORPRESA DEL MESE
Daniele Vallotto aka Massimo Gramellini: Andrea Arnaboldi è l’uomo dei miracoli. Passate le qualificazioni e l’inspiegabile ottusità dell’ITF che continua a non voler introdurre il tie-break nel set decisivo almeno nelle qualificazioni (ottusità che quanto meno ha riservato ad Andrea un posto nel libro dei record), il canturino si è ritagliato uno spazio meritatissimo tra i titoli dei giornali dopo un’altra vittoria commovente nel primo turno. Contro Cilic, poi, ci ha provato, ma al di là di qualche sussulto nel primo set, ha finito una corsa durata una settimana in maniera più che onorevole. I primi turni degli Slam ci regalano molto spesso storie di tennisti di secondo piano e Arnaboldi, forse, è tra quelli dietro al secondo piano. Eppure la costanza e l’applicazione, se coltivati a dovere, ti fanno meritare anche un primo piano. È la storia più bella del torneo, non c’è dubbio: speriamo di raccontarne ancora. (A mia parziale discolpa per questo momento “Che tempo che fa”, ammetto di essermi commosso leggendo la cronaca del nostro prode inviato Garofalo e di essermi fatto trasportare dall’emozione)

Claudio Giuliani: Conosco compagni pixel di Ubitennis che su Facebook, al solo nominare o peggio, linkare Gramellini, toglierebbero immediatamente l’accesso. Inciso: la regola vale anche per altri due “corsivisti”, di Repubblica e del Corriere, i bacchettoni della morale che tutti conosciamo. Di Garofalo poi che dire? Giorgia Meloni gli avrà concesso la tessera ad honorem di Fratelli d’Italia, dopo che nel titolo di uno dei tanti match vinti da Arnaboldi a Parigi è riuscito a usare contemporaneamente le parole “Italia, eroico, miracolo”, sublimando quel Dio, patria e famiglia di balcaniana memoria. Caro Antonio: e i Marò? (Antò, si scherza, non vorremmo che poi scattasse la querela. Sai, di questi tempi…) Ok, è chiaro: non ho una sorpresa del mese.

METALLURGICO DEL MESE
Si gioca al Roland Garros, sul rosso, al meglio dei cinque set. Uno immagina che i corridori con in mano le racchette forgiate nell’acciaio di Valyria potrebbero mietere vittime illustri, e invece no: i migliori reclamano la scena anche sul rosso. Ferrer si conferma sempre il capobranco dei metallurgici, cogliendo l’ennesimo quarto di finale a Parigi. Simon si sbriciola di fronte a Wawrinka – e col senno del poi nulla da rimproverargli – mentre Bautista-Agut riesce a prendere tre set a zero da Rosol. Ma poi: Robredo che perde con Coric? Tommy è arrivato un po’ cotto al Roland Garros, ma perdere con Coric – uno da categoria giovani Metallurgici, altro che promessa – è stata veramente una delusione. Un mese pessimo quindi, con l’erba alle porte e quindi risultati che difficilmente arriveranno.

PARTITO DELLA NAZIONE
Si svolge tutto a Parigi. Bolelli che perde al quinto da Ferrer fra l’esaltazione italiana, specie sui media. Cioè: Bolelli, in una gara che si gioca al meglio dei cinque set, riesce a vincere un game negli ultimi due parziali. E lo esaltiamo? Fognini stava male contro Paire e quindi andiamo oltre, di Arnaboldi medaglia al valore si è scritto in separata sede, e chi rimane? Vanni, che perde da Tomic e Lorenzi, che perde da Muller, non propriamente un terraiolo, diciamo così. Alla fine il migliore di tutti è Panatta, che torna a Parigi 39 anni dopo il suo successo, deliziandoci con interviste ai campioni e con cronache da commedia sexy all’italiana.

VIDEO DEL MESE
Ci piacerebbe fosse qualcosa di divertente, ma purtroppo non lo è. L’annuncio di Juan Martín del Potro riguardante un’ennesima operazione al polso, con quell’espressione così malinconica eppure determinata, con quel cuscino che sembra alleviare solo in parte i dolori di un fisico che non ha mai smesso di tormentare questo campione mai nato, è il video del mese. Sono quindici minuti di puro amore per il tennis, di un tennista che non si vuole arrendere e che vuole ripartire per l’ennesima volta, costi quel che costi.

COMEBACK DEL MESE
Del Potro si ispira certamente ad Haas, che in quanto a infortuni ha ben poco da imparare. È quasi divertente – se non fosse drammatico – notare i grafici che ripercorrono i saliscendi del tedesco in classifica nel corso degli anni. E fa un po’ impressione pensare che questo giovanotto, meno di due anni fa, è stato ad un passo dalla top-10. Tommy, a 37 anni, noncurante di tutto, ci riprova.

DISCO DEL MESE
Autore: Ivo Karlovic
Titolo: Bisogna saper Berdych
Formato: 45 giri

UN ROMANTICO A PARIGI DEL MESE
Jo-Wilfried Tsonga è un personaggio che va molto al di là del suo tennis, a dire il vero abbastanza lacunoso per poter vincere uno Slam. Eppure Tsonga ci è andato vicino: una finale e cinque semifinali sono il miglior bottino di un francese da molti anni a questa parte. Ad ogni modo è difficile non augurarsi che prima o poi ci riesca. Anche perché una dichiarazione d’amore così va per forza ricompensata:



VIRGOLETTE
Penso che lui dica un sacco di cose, ogni giorno. Per i giornalisti è interessante. Ma non mi sorprende, le sue interviste sono sempre divertenti. Prima del match ho letto che non vedeva l’ora di giocare, dopo il match era infortunato: dice un sacco di cose e penso sia molto interessante leggere quello che dice e capire come funziona la sua mente”.
Stan Wawrinka su Nick Kyrgios

INVIATO DEL MESE
Be’, è stata lotta dura a Parigi fra inviati impegnati a retwittare la concorrenza o a farci sentire come a Parigi nei loro racconti dai campi. Ma il protagonista, il mattatore, la “brezza frizzante” del Roland Garros, è sicuramente lui: Antonio Garofalo. Ha trovato anche il tempo, mentre decodificava i pizzini del Direttore, di scrivere un pezzo dove ha descritto le dure fatiche dell’inviato a Parigi. Non sappiamo se mangiare la pizza a Parigi, lui che è di Napoli e che quindi dovrebbe essere mandato al confino da De Magistris al rientro a Capodichino, rientri nella categoria fatiche. Di certo con le sue pagelle ci ha creato qualche grattacapo: è lui l’inviato del mese.

TWEET DEL MESE
Molto meta, dr. Ivo.

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