Wimbledon 1980, Bjorn Borg contro John McEnroe: scacco al Re

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Wimbledon 1980, Bjorn Borg contro John McEnroe: scacco al Re

A Wimbledon 1980 si gioca una delle partite che hanno fatto la storia del tennis. Di fronte ci sono Bjorn Borg e John McEnroe. Storia della partita che ha segnato generazioni di tennisti e di quel tie-break infinito

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Cinque luglio 1980, Wimbledon. Quelli che c’erano o semplicemente hanno visto non potranno mai dimenticare. Nella terra natale del gioco due campioni dal carattere e dallo stile tennistico opposti disputano cinque set di tennis perfetto, ivi compreso il “tie-break del secolo” nel quarto set. Qualcuno ha detto che i tennisti scrivono poesie sulla sabbia. Bene, quell’incontro fu un poema epico.

Bjorn Borg, classe 1956, svedese, gioca da fondocampo e non sbaglia mai. Sfianca i suoi avversari e quando questi si avventurano a rete vengono trafitti da passanti sulle righe. È il numero uno del mondo, ha già vinto cinque volte il Roland Garros e quattro Wimbledon consecutivi. Impensabile per un regolarista perché giocare a tennis su erba è un altro sport. Con rimbalzi imprevedibili e comunque sempre bassi, bisogna saper giocare a rete e colpire da sotto o di piatto. Il top spin perde gran parte della sua efficacia su un morbido prato. Borg però ha saputo adattarsi e si è costruito nel tempo colpi d’approccio adatti e un decente gioco di rete. Nei trionfi precedenti sull’erba di Londra ha battuto Ilie Nastase, Jimmy Connors (due volte) e il bombardiere Roscoe Tanner. E’ un tennista da leggenda, uno dei più grandi di sempre con un talento fisico-atletico unico. Si racconta che un giorno per gioco venne sfidato sul miglio dal tedesco Harald Scmidt, olimpionico dei 400 hs. Corsero e Borg vinse.

John Patrick McEnroe junior, capelli rossi riccioli, basette e lentiggini, è nato nella base aerea americana di Wiesbaden in Germania, dove il padre prestava servizio di leva, nel 1959.  Attaccante mancino con un tocco di palla da predestinato, il servizio di un fabbro, coordinazione e riflessi felini, John viene allevato al gioco da Tony Palafox, che gli insegna a colpire la palla sempre in fase ascendente (“… colpisco ancora come mi ha insegnato lui” dice Mac). Come Rod Laver, altro grande mancino, adotta la stessa impugnatura per il dritto e il rovescio. Il suo servizio, nato casualmente per ovviare ad un fastidioso mal di schiena, sconcerta i puristi. Partenza di fianco (!) e perno violento sul piede destro per catapultarsi a rete dietro sassate che viaggiano intorno ai 200 km/h. Nel 1977 il diciottenne Mac aveva compiuto un’impresa sportiva restata negli annali, giungendo fino alle semifinali dei Championships direttamente dalle qualificazioni. Solo Jimmy Connors lo fermò a fatica in quattro set combattuti.

Alle 14.00 ora locale, con puntualità inglese degna di Phileas Fogg, lo spettacolo ha inizio. Ed è uno shock: Mc Enroe vince 6-1 il primo set dominando il gioco e l’avversario da par suo. Non sembra vero, ed infatti non lo è. Borg si riprende e vince il secondo e il terzo 7-5, 6-3. Mac ha giocato meglio ma Bjorn è avanti. Alle 16.53, dopo due ore e mezza di battaglia, l’incontro varca le porte della storia. Borg serve sul 5-4 in suo favore al quarto. Lo svedese si porta 40-15, due match point a favore per il quinto titolo consecutivo. Il centrale ribolle, pronto ad onorare Bjorn che a Londra è un re. Ma John McEnroe è un duro irlandese d’America e, semplicemente, rifiuta di perdere. Annulla i match point con due passanti, il primo di rovescio, il secondo di dritto al volo e strappa il servizio a Borg con una risposta di rovescio vincente su una prima al centro. “Come on”. L’urlo di John a pieni polmoni fa tremare il Centre Court.

I due tengono facilmente i successivi turni di battuta e si giunge al tie break. Ventitré minuti, trentaquattro punti giocati tutti d’un fiato, cinque match point per Borg e sette set point per Mac, i due avversari a turno nella polvere alla ricerca estrema del punto decisivo. Il pubblico è incredulo e, da un certo punto in poi, costantemente in piedi ad applaudire colpi da leggenda, giocati sempre con i piedi sul precipizio. In tribuna assistono i clan dei rispettivi campioni. Il padre di John, i due fratelli e la allora fidanzata di John Stacy Margolin siedono nella fila sopra a Mariana Simionescu, futura signora Borg, e a Lennart Bergelin, coach tuttofare dello svedese. Le inquadrature TV penetrano impietosamente i loro sentimenti ma, se Mariana, con l’aiuto di qualche decina di sigarette, e Lennart riescono tutto sommato a mantenere un certo aplomb, lo stesso non si può dire un metro dietro. Papà McEnroe sfiora l’infarto più volte, Stacy si preme il petto come chi non riesce più a respirare, i fratelli sembrano sorridere ma in realtà si tratta di un rictus nervoso.

Nella irreale sequenza di giocate vincenti c’è un momento nel quale il destino si schiera. 11-10 per Borg, match point n° 6 nel set, lo svedese serve da sinistra e McEnroe risponde con un dritto molle e tagliato. Non vuole sbagliare ma il rovescio seguente è ancora più molle e sbatte mezzo dito sotto al nastro. Volontà divina o miracolo della fisica, la pallina bianca (per l’ultima volta) si arrampica sul nastro e atterra imprendibile nel campo di Borg. Il sospiro che si leva del Centrale è lo stesso di Mac che si scrolla la maglietta e la paura di dosso e va a vincere il parziale per 18-16. All’alba del quinto il morale di Mac è alle stelle mentre quello di Borg è in fondo alla fossa delle Marianne. È in questo momento però che lo svedese dimostra perché è il numero uno. Nel breve intervallo del cambio campo riesce a cancellare dalla mente le occasioni mancate e si presenta alla ripresa del gioco più forte di prima. Lo svedese soffre solo nel game iniziale ma da quel momento in poi concede a Mac solo un punto sui suoi turni di battuta. John al contrario si salva da 0/40 sia nel secondo che nell’ottavo game e solo la gran classe e l’istinto lo tengono a galla. A Wimbledon nel quinto set si va avanti ad oltranza e si giunge così al quattordicesimo game, Mac serve sul 7-6 per Borg. Una risposta vincente di dritto e due robusti passanti portano Bjorn sul 15/40. Altri due match point.

Stavolta basta il primo perché lo svedese passa di rovescio incrociato su una volée d’approccio troppo timida di Mac. L’americano si tuffa e inciampa in un estremo tentativo ma ora è proprio finita. Il centrale è in piedi e non smetterà di applaudire per interi minuti mentre Borg cade in ginocchio e subito si rialza per correre a rete. È il canto del cigno dello svedese che abbandonerà di fatto il tennis un anno dopo, a soli 25 anni, passando lo scettro del tennis mondiale all’amico John.

Bjorn Borg b. John McEnroe 1-6 7-5 6-3 6-7(16) 8-6

Raffaello Esposito

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