Il fisio della Giorgi: Djokovic o Federer, chi ha programmato meglio?

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Il fisio della Giorgi: Djokovic o Federer, chi ha programmato meglio?

Djokovic non ha giocato nessun match di preparazione in vista di Wimbledon, Federer ha scelto di giocare Halle. Chi ha dosato meglio l’equilibrio tra allenamento e partite? Quali sono l’insidie della transizione terra rossa-erba? Giovanni Santarelli, preparatore atletico e fisioterapista, ci aiuta a capire tutto ciò

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Lungi dal togliere i meriti a Stan Wawrinka, scherzosamente potremmo dire che forse qualche cosa l’avevamo azzeccata, quando in vista del Roland Garros avevamo giudicato la preparazione di Novak Djokovic. Così abbiamo di nuovo contattato per un’opinione Giovanni Santarelli, fisioterapista e preparatore atletico, socio fondatore della Fisiokinetik di Pisa, che vanta collaborazioni in tutto il mondo dello sport e, per quello che ci riguarda, da quest’anno segue anche Camila Giorgi.

Novak Djokovic, oramai dal 2010, è solito scegliere di non giocare alcun match di preparazione per Wimbledon, iniziando la sua stagione sull’erba direttamente sui prati londinesi. Questo atteggiamento lo ha ripagato per due volte, nel 2011 e nel 2014, quando vinse il titolo. Ma ora che la stagione su erba è stata prolungata di una settimana, è stato giusto continuare a non voler giocare nessun match di preparazione? Non era forse meglio fare come Federer, riposarsi, giocare un torneo (Halle), per poi di nuovo riposarsi? È quello che abbiamo cercato di chiedere a Giovanni, pur sapendo quanto sia difficile giudicare qualcosa di così soggettivo come la programmazione di un atleta.

“Nessuna pianificazione dell’allenamento garantisce il successo, ma la sua assenza garantisce il fallimento. Quindi è bene provarci. Coerentemente, sia lo staff di Djokovic che quello di Federer utilizzano sempre gli stessi intervalli fra settimane di tornei e settimane di recupero/preparazione. Le variabili principali di queste settimane sono due: la pianificazione della preparazione e il cambio di superficie.”

Pianificazione della preparazione in che senso?
La lunga stagione agonistica del circuito consente di avere una miscelazione dei due ingredienti principali dell’allenamento: volume e intensità di lavoro. Abbiamo così un periodo preparatorio da ottobre a dicembre al termine del quale il volume di lavoro raggiunge il suo picco mentre l’intensità cresce gradualmente. A seguire il volume si abbassa rapidamente per avere poi vari piccoli aumenti, corrispondenti ai periodi di richiamo della preparazione; l’intensità cresce ancora per un certo tempo fino ad arrivare al picco di forma. Tale picco non può ovviamente essere mantenuto per molto tempo, per cui avremo un decremento della forma. Adesso siamo proprio nel periodo in cui il picco di forma è variabile e qui si inseriscono le scelte dei vari staff per andare avanti nella stagione.

Cioè praticamente questo è il periodo dell’anno in cui ci sono più incertezze sulle scelte di preparazione.
La scelta di Djokovic di avere un periodo di tre settimane di stop agonistico è coerente con la possibilità di programmare un (probabilmente necessario) periodo di riposo e un successivo richiamo di preparazione fisica. L’inconveniente resta la relativa lontananza dall’agonismo mentre il possibile rischio è che questa programmazione non ammette errori: se sbagli i carichi ti puoi ritrovare con le gambe scariche o viceversa affaticate. In genere, con questa periodizzazione, si riescono ad avere 4-6 picchi di performance. Federer ed il suo staff scelgono invece una programmazione più “classica”, nella quale non si ricercano particolari picchi di forma, ma si tende ad avere una performance costantemente medio-alta, preferendo i match stessi come mezzo di preparazione fisica. Per un termine di paragone è quanto avviene nel calcio di élite, dove si gioca mercoledì e domenica e le partite sono per molti periodi il solo mezzo di allenamento.

Quanto influisce, invece, il repentino cambio di superficie, dalla terra rossa all’erba?
Sappiamo tutti che l’erba è la superficie più veloce e segue proprio il Grande Slam parigino che si svolge sulla superficie più lenta. Vari studi hanno infatti individuati la tempistica media per punto sulle varie superfici e il grass rispetto al clay è praticamente alla metà. Ma, sull’allenamento fisico, ci sono altri fattori congiunti che incidono su una maggiore o minore richiesta aerobica o anaerobica dell’atleta: studi scientifici concordano che una superficie lenta, palle più lente, stile di gioco da fondo campo, una più lunga durata del match e il sesso femminile necessita di una maggiore richiesta aerobica. Al contrario una superficie veloce, palle veloci, stile di gioco serve and volley, minore durata del match e il sesso maschile richiedono una maggiore richiesta anaerobica.

Quindi, essenzialmente, l’attenzione durante la transizione da terra ad erba si sposta da una preparazione aerobica ad una prevalentemente anaerobica?
Il tennis è uno sport misto aerobico/anaerobico, comunque c’è uno spostamento sulla componente anaerobica. Ci sono inoltre altre variabili da considerare. Le differenze tra grass e clay si spingono fino a considerare le differenti pressioni esercitate durante il gioco sotto la pianta dei piedi: un altro studio ci dice infatti che su terra rossa si carica maggiormente il mesopiede, mentre sull’erba si carica di più l’avampiede e l’alluce. Questo è coerente con il gioco più scattante e veloce dell’erba e con le scivolate e il gioco più lento della terra rossa. Tali studi hanno ricadute persino sulla possibilità di prevedere gli infortuni e ci consentono di mettere in atto accurate sessioni di esercizi preventivi.

Ma in conclusione, meglio la scelta di Djokovic o quella di Federer?
In conclusione le variabili sono veramente molteplici. È particolare come la lunga stagione agonistica del tennis preveda proprio due Grandi Slam consecutivi con caratteristiche così opposte. Questo mette veramente alla prova le capacità degli staff dei vari giocatori.

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