Bravo Bolelli: al 5 con Nishikori (Crivelli), Il déjàvu Nishikori Bolelli non riesce a cambiare il passato (Clerici), Francesca e i giovani. Uno slam senza fine (Azzolini), Wimbledon Sorriso Errani Bolelli, peccato (Giorni)

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Bravo Bolelli: al 5 con Nishikori (Crivelli), Il déjàvu Nishikori Bolelli non riesce a cambiare il passato (Clerici), Francesca e i giovani. Uno slam senza fine (Azzolini), Wimbledon Sorriso Errani Bolelli, peccato (Giorni)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Bravo Bolelli: al 5 con Nishikori

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 30.06.2015

 

Ancora una volta li, a un passo dal crac che ti cambia la settimana e magari la carriera. Ancora una volta lì, a sentir parlare di una bella sconfitta mentre è un altro a far festa. Vince Nishikori, come un anno fa, e a Bolelli restano solo gli applausi che si devono a chi ci ha creduto, sperato e si è perfino illuso prima di sbattere contro la realtà. BREAK DECISIVI Cinque set, di nuovo, dodici mesi dopo. Solo che stavolta il figlio del Sol Levante diventato tennista partendo per la Florida a 13 anni con la valigia carica soltanto di tanta voglia di farcela e due parole di inglese (thank you) nel vocabolario è il quinto giocatore del mondo, uno Slam contender, come lo definiscono da queste parti e batterlo avrebbe il sapore dell’impresa, il gusto di un gesto sportivo straordinario e finalmente adeguato al talento del bolognese, fermato da troppi infortuni e talvolta anche dai modi fin troppo da bravo ragazzo, quando invece servirebbero i denti da squalo. E i due break che sostanzialmente indirizzano e decidono la sfida ne sono la rappresentazione più plastica: nell’ottavo game del primo set, sotto 4-3, Simo è avanti 40-0, ma offre due gratuiti e finisce per immolarsi a un favoloso passante di rovescio in corsa del nipponico; nel quarto gioco del quinto set, dopo aver riequilibrato la sfida con una feroce applicazione al servizio e la costante aggressione da fondo con il dritto, il numero 56 del mondo su una delicatissima palla del 3-1 per l’altro gli spara addosso un dritto che chiederebbe soltanto di essere spinto delicatamente all’angolo opposto, a campo aperto, perché la ribattuta sghemba che ne esce sorprende Bolelli e gli incolla la volée alla racchetta. MIGLIORAMENTI Sipario. E con quanti rimpianti, accidenti. Da lì, Nishikori è una sentenza in battuta e non si concederà più rischi, ribadendo la vittoria dell’anno scorso pur con l’incognita della solita tibia sinistra menomata, che richiede l’intervento medico. Simone, se mastica amaro, almeno non lo dà a vedere: «La partita si è decisa su pochi punti, sicuramente quei due break hanno inciso molto. Rispetto a un anno fa, lui è migliorato ancora, è più rapido da fondo, gioca di più con i piedi sulla riga e con il rovescio non ti dà angoli». Ma anche Simone è cresciuto, tanto da rimanergli vicinissimo per più di tre ore, e la stagione della rinascita ora avrebbe solo bisogno di un po’ di buona sorte: «Non è stato un sorteggio fortunato, ma non penso di essere in credito con il destino. Per vincere partite come queste devo essere più concreto nella risposta, con i primi del mondo devi trovare il modo di farli giocare di più. Verrà la settimana in cui riuscirò finalmente a mettere insieme quattro o cinque grandi match, sodi valere di più della mia classifica»…..

 

Il déjàvu Nishikori Bolelli non riesce a cambiare il passato

 

Gianni Clerici, la Repubblica del 30.06.2015

 

Deja vu», già visto, mi ha mormorato un collega francese, all’uscita del match di Bolelli, battuto da Nishikori, il giapponesino che sta rivegliando nei suoi contemporanei le velleità dei bisnonni che facero tifo per Jiro Satoh, il famoso samurai suicida, forse per una delusione tennistica. In verità si è quasi ripetuta oggi la partita dell’anno passato che, nonostante la mia crescente smemoria, non sono riuscito a dimenticare. E non solo per l’umana simpatia verso Simone Bolelli, pronosticato campione a diciott’anni per eleganza dei gesti, per i primi risultati, e più tardi vittima di umane disavventure. L’anno passato ci si era ritrovati ad ammirarlo, Simone, ad ammirare i suoi gesti che Mente hanno ad invidiare a Nicola Pietrangeli, il nostro storico tennista, il più elegante di noi tutti. Sul campo n. 4 Bolelli si era ritrovato in campo con l’ultimo prodotto della scuola Bollettieri, uno che Nick aveva ribattezzato Project forty-five, riferendosi all’ultimo giapponese di qualche talento, quel Suzo Matsuoka che aveva giusto raggiunto il n. 45 negli Anni 90. Bollettieri, lo sapete, è un fenomeno. Anche oggi, recente reduce dal nostro paese, mi aveva spiegato che da noi non c’è crisi perché aveva venduto moltissime copie della sua biografia, Cambiare Gioco. E aveva aggiunto che, se la gamba sinistra del suo futuro campione del mondo avesse tenuto, c’era anche una non piccola speranza per il titolo di Wimbledon. Ricordargli la partita dello scorso anno, la partita di un Bolelli due volte a due punti dal match, era stato del tutto inutile, come avviene con qualsiasi fideista, cattolico o musulmano che sia. «E che il tuo italiano» mi aveva detto, »ha dei limiti negli spostamenti laterali, e un limite simile, contro il mio Nishikori, è indifendibile». Mi pareva, al momento, un giudizio troppo facile. L’anno passato, infatti, Simone aveva finito per perdere, dopo una domenica di attesa, ripensamenti, forse video riproposti, un match quasi vinto. Oggi il match sarebbe sicuramente terminato, data l’ora d’inizio sul Campo Numero Uno, il piccolo Centrale, le tre circa. Sarebbe finito, ma si sarebbe, purtroppo, ripetuto il risultato, dopo cinque set di grande tennis da parte del nostro giocatore, e di superiore efficienza da parte del giapponese, capace non solo di cambiare gioco, ma di adattarlo con estrema intelligenza alle circostanze. Nishikori, questa volta, è stato sempre avanti, com’è avanti un ciclista in una incerta vicenda che si risolve in volata. Vinto il primo, ha avuto il grande mento di non soffrire troppo il tiebreak del secondo, e di accettare il ritorno di Simone nel quarto, un Simone che si affacciava cosi con buone possibilità al set decisivo…..

 

Francesca e i giovani. Uno slam senza fine

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 30.06.2015

 

I derby si giocano sulle passioni, sulle sensazioni, sui particolari. Anche nel tennis… Sono match in equilibrio instabile, spesso sull’orlo di un precipizio o di una crisi di nervi. Seguono un filo che non sempre è in logico collegamento con le forze in campo, con lo stato di forma dei duellanti, con le rispettive classifiche. I derby cambiano faccia all’improvviso, e c’è un prima e un dopo, quasi sempre. «Me sento appiccicati addosso», dice Sara, che ha vinto sul campo, largamente, incontestabilmente. Ma il colpo della giornata è di Francesca, e appartiene al dopo match, insieme istintivo e teatrale. Si presenta, la Schiavone, con una dichiarazione scritta, e la legge con trepida emozione. È l’ultima fermata? II capolinea? Alzi la mano chi non lo abbia pensato, ma non di questo si tratta. Non ancora… Si parla ugualmente di futuro, però, ed è la prima volta che Francesca scopre i suoi pensieri, le recondite speranze. Ha un obiettivo in campo e uno fuori, e da ora in poi li perseguirà entrambi. Riportiamo letteralmente… «Perdere è qualcosa con cui fare i conti», legge, dopo aver inforcato gli occhiali, «oggi succede più spesso di 5 anni fa, ma è un processo naturale che non mi spaventa, anche se continua a non piacermi». Breve pausa a effetto. Siamo al momento dell’addio? Riprende: «Di sicuro so che non ho perso competitività, per questo il mio obiettivo è centrare il record di Slam consecutivi. Ma anche dopo il sessantaduesimo, il tennis sana la mia vita e non tradirò le mie caratteristiche di gioco sin tanto che sarò in attività, anzi cercherò di trasferirle anche nel mio post carriera Proprio in questi giorni sta cominciando il mio futuro: c’è un modo di interpretare e giocare il tennis che ho intenzione di insegnare ai giovani che hanno talento e voglia di lottare». Ne ha giocati sessanta consecutivi di Slam, la Francesca A quota sessantadue c’è una sua vecchia amica, la giapponese Ai Sugiyama Lei la vuole raggiungere e andare anche oltre…. Al quale lei affiancherà la fondazione di una scuola di ricerca dei talenti italiani Ha trovato chi è disposto a scommettere su di lei Una bella scommessa… «C’è tanto talento, in Italia. Ma anche tanta ostilità nei confronti dei progetti nuovi. Confronto e dialogo sono termini poco esplorati, da noi. Mi aspetto un compito difficile, ma ho tanto da dare, e conosco il mio sport Voglio instradare i ragazzi verso un tennis che viva d’amore, di sacrificio e di estro, in modo che ognuno di loro sappia catturare questi consigli e li faccia propri, secondo le proprie caratteristiche». Si spinge oltre, Francesca, fino a ipotizzare una rivoluzione copernicana del tennis in Italia «Spero che Flavia, quando sarà il momento, faccia altrettanto. E dopo di lei, tutte le altre. Siamo state l’architrave di una grande squadra di Fed cup ma non c’è stato quel traino che era logico aspettarsi. Non è il momento di essere polemici. Mi auguro però che saremo noi, le tenniste azzurre, a ridare slancio al nostro movimento». Cosi parlò Francesca, e così il derby finì in secondo piano. Errani troverà la piccola, sgambettante Krunic, in secondo turno. Ha evitato il derby numero due contro l’ex compagna di doppio Roberta Vinci.

 

Wimbledon Sorriso Errani Bolelli, peccato

 

Alberto Giorni, il giorno del 30.06.2015

 

Splende il sole a Wimbledon, e la settimana si preannuncia torrida con picchi di 35 gradi, ma nuvoloni neri si addensano sulla pattuglia azzurra. Dei cinque italiani impegnati ieri, ha vinto solo Sara Errani, peraltro nel derby con Francesca Schiavone 6-2, 5-7, 6-1. Sembrava tutto facile per Sara fino al 6-2, 5-3, ma Francesca ha reagito da leonessa portando a casa quattro game consecutivi. Nel terzo set la romagnola è stata superiore, chiudendo con un’elegante volée alta di rovescio, prima dell’abbraccio a rete con La Schiavone. Che a 35 anni pensa a un futuro da coach. Al secondo turno per La Errani è sfumato un ulteriore derby con Roberta Vinci. Grande delusione per la tarantina, dominata 6-2, 6-4 dalla 22enne serba Aleksandra Krunic, n.82 del mondo; per Roberta è la quarta sconfitta di fila al primo turno dopo la finale di Norimberga. Niente da fare anche per Flavia Pennetta, che ha ceduto 6-3, 2-6, 6-4 all’emergente kazaka Zarina Diyas, 21 anni e n.34 Wta. Nel primo game del set decisivo, Flavia ha commesso tre doppi falli e poi si è trovata sotto 0-4; ha accorciato fino al 3-4, ma non è bastato. Simone Bolelli ha portato al quinto set il n.5 Nishikori, come l’anno scorso, ma è stato superato 6-3, 6-7, 6-2, 3-6, 6-3. Oggi tocca agli altri sei azzurri. Intanto il n.1 Djokovic ha inaugurato il Centrale con un triplice 6-4 a Kohlschreiber e ora troverà Nieminen; it finlandese l’ha spuntata 11-9 al quinto su un irriducibile Hewitt, che a 34 anni ha dato l’addio a Wimbledon (fu campione nel 2002). Haas a 37 anni ha battuto Lajovic ed è il più anziano a vincere un match su questi campi dai tempi di Connors (38 primavere nel 1991). Tutto ok per Serena Williams e Sharapova; eliminata la n.9 Suarez Navarro, travolta 6-2, 6-0 dalla n.147 Ostapenko.

 

 

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