Wimbledon interviste, Federer: “Il momento di Wimbledon che preferisco è quello prima di alzare il trofeo”

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Wimbledon interviste, Federer: “Il momento di Wimbledon che preferisco è quello prima di alzare il trofeo”

Wimbledon, primo turno. R. Federer b. D. Dzumhur 6-1 6-3 6-3. L’intervista dopo partita a Roger Federer

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Come ti trovi sull’erba quest’anno? E’ cambiato qualcosa rispetto allo scorso anno?
Le sensazioni sono le stesse della settimana scorsa. Forse il campo è un po’ più lento perché non sta piovendo, ma non sono certo, sono solo supposizioni.

Pensi che le condizioni cambino di anno in anno?
No, i cambiamenti avvengono con il progredire del torneo. È più facile muoversi quando sei già al terzo turno e nella seconda settimana in generale il campo si consuma leggermente al fondo mentre a inizio torneo con tutto il verde il campo è un po’ più scivoloso. Voglio dire, in qualsiasi torneo devi essere attento a come ti muovi, ma altrove non c’è grande differenza tra prima e seconda settimana, qui sì.

Hai giocato sul Centre Court più di qualche volta. Puoi raccontarci in breve quali sono le tue sensazioni ogni volta che rientri in questo campo?
Mi rende nervoso. È eccitante, e so che è un privilegio poter disputare i miei match lì. Stavo cercando di contare le volte che ho giocato lì, ma non so. È successo parecchie volte, e ognuna di esse è stata un’occasione speciale.

Quanto ti rende soddisfatto aver resistito a tutti quelli che qualche anno fa ti dicevano che non avresti avuto molto tennis davanti a te e che eri già al tramonto?
A dir la verità, non molto. Io gioco per me, per il mio team, i miei tifosi, il mio paese e non tanto, come dici tu, contro qualcuno. So che le critiche e questi commenti fanno parte del gioco, ma non mi condizionano in nessun modo.

Molti giocatori quando vengono qui a Wimbledon alloggiano negli appartamenti. Se ti è capitato nel passato, perché pensi che sia un vantaggio?
Be’ sì, lo faccio da 13-14 anni. Anni fa alloggiavo in un bed&breakfast, poi, avendo una famiglia, in una stanza. Poi ho preso un intero piano; alla fine una casa. Negli ultimi 10 anni sono sempre stato in una casa; con il team e la famiglia che crescevano, avevamo bisogno di spazi maggiori. Ovviamente, più scegli spazi grandi più devi organizzarti in maniera complessa e differente. Devi pulire di più e devi, in generale, organizzarti meglio. Però è molto comodo. Penso che molti giocatori scelgano l’appartamento per non doversi imbattere nel traffico. Perdere un’ora, un’ora e mezza ogni volta non è il massimo della comodità, soprattutto se lo devi fare ogni giorno per tre settimane consecutive. Se fosse per una settimana, come faccio a Shangai, a Istanbul. Ma non vuoi trovarti in una situazione simile per tante settimane di fila. Penso che sia uno dei motivi per cui noi tennisti amiamo il villaggio qui intorno a Wimbledon.

Devi pulire qualcosa personalmente?
Be’, certo, ogni tanto tocca anche a me (ridendo).

Tu entri nel Centre Court, ricevi la standing ovation, poi domini sul tuo avversario. Ti dispiace un po’ per il tuo avversario o sei impassibile nei suoi confronti? Ci pensi ogni tanto?
Mi è capitato di pensarci. Ma penso che oggi per lui fosse la prima volta su quel campo. Penso sia stato bello anche per lui. Un giorno potrà guardarsi alle spalle e dire: “Ho giocato anche io sul Centre Court di Wimbledon”. È esattamente il posto dove vuoi stare. Quando sono su quel campo sono concentrato su quel che devo fare, sul modo per vincere il match. Ma non è una questione di punteggio, il punteggio non rappresenta niente, è quello che è. io sono molto più concentrato su quel che devo fare, sulla palla che il mio avversario mi propone. Non puoi affrontare un match pensando al tuo avversario. A meno che non sia tuo fratello o un tuo amico. Per carità, mi è anche capitato, ma non oggi. A dire la verità, io Dzumhur lo conosco a malapena.

Sei preoccupato per il destino del tennis maschile dopo che tu, Rafa, Novak e Andy vi ritirerete?
No. So che sarà diverso, che si dovrà costruire qualcosa di nuovo. Nuovi giocatori vinceranno gli Slam, ci saranno nuovi numeri 1. Ci sarà qualcosa di diverso. Dipenderà da quando mi ritirerò io, Rafa, da cosa faranno Andy e Novak. Potrebbero volerci cinque, otto anni. Chi lo sa. Comunque rimangono molte opportunità per gli altri giocatori anche in questo periodo. Poi, il giorno del nostro ritiro, la generazione di cui oggi parliamo sarà al centro della scena e una nuova sarà all’orizzonte. Ci sarà sempre una nuova storia, ne sono sicuro. Non sono spaventato. Allo stesso tempo, a livello politico, devi essere sicuro che tutto venga organizzato al meglio perché gli eventi ATP abbiano lo stesso successo che hanno oggi. È qualcosa che l’ATP, gli Slam e tutti coloro che sono impegnati nel tennis sono tenuti a considerare. E sono certo che, mentre noi ne parliamo, ciò stia già succedendo.

Si è parlato ultimamente del coaching tra Novak e Boris nei loro match. È qualcosa di cui tu ti sei accorto giocando contro Novak? Pensi che sia più frequente oggi rispetto a qualche anno fa?
Ne ho sentito parlare, ma non leggo molto la stampa e non so da dove provenga la notizia. E, a essere onesti, nei nostri match non ho notato nulla di particolare.

E per altri giocatori?
Be’, certo, questo è capitato.

È capitato?
Ma certo, vuoi che non sia successo in 1.500 match?

Puoi specificare un po’ di più?
Non proprio. Chiedimi qualcosa del match o di altro.

Una domanda sul color code.
Sul color code?

Hai detto che è qui sono molto severi sull’argomento. Cosa vorresti indossare se potessi scegliere?
Mi vestirei di bianco, così sarebbe tutto ok.

Sai già cosa ti piacerebbe fare dopo il tuo ritiro? In cosa ti piacerebbe impegnarti?
Vorrei portare i miei figli a scuola. Vorrei passare il mio tempo con loro, vivere con loro, in Svizzera. Ci saranno molte altre cose in cui sarò impegnato, come la mia fondazione. Per il business, vedremo. Per il tennis, vedremo. Ma di quelle due cose sono certo.

Venire qui a Wimbledon è una combinazione di momenti speciali. Tu ne hai vissuti parecchi. Raccontacene qualcuno e prova un confronto tra questi.
Di quale momento stai parlando precisamente?

Hai detto di quanto sia speciale venire qui quando c’è pace e tranquillità.
Vero.

Quale momento preferisci?
Preferisco il momento che separa il match point dal momento in cui sollevo il trofeo e guardo la mia famiglia. Quello è il momento più speciale. Mi piace andare al Centre Court. Mi piace venire qui. Ma oggi ho uno scopo preciso. Un giorno, in futuro, sarà diverso. Verrò come spettatore. Ma oggi quel momento è tutto ciò per cui lavoro duramente.

Come ti sei trovato con il caldo di questi giorni sul campo? Ha influito sul tuo gioco in qualche modo?
A dire la verità non era caldo. Era perfetto. Le condizioni erano le migliori possibili: nessuna nuvola e niente di niente. Nulla da dire, a riguardo.

Sono previsti 35°-36° per tutta la settimana. Pensando alla regola del tennis femminile (che arresta il gioco oltre una certa temperatura), vorresti che quella regola venisse introdotta anche nel circuito maschile?
Non conosco la regola e in fondo non mi interessa. Sono contento di come stanno le cose. È a discrezione del giudice di sedia o del direttore o del supervisor. Non so, non ho mai avuto problemi in tutti questi anni. In Australia abbiamo avuto situazioni problematiche, ma in Europa, su terra o erba, non succede mai. Penso sia per questo che in Australia c’è ormai una regola su questo aspetto. È dura per i tifosi, per i giudici di linea, di sedia, per i raccatta palle. Noi, invece, noi siamo abituati. Penso che non sia divertente quando sei seduto e ci sono 40° gradi. Penso che sia una regola che riguarda tutti quanti, non soltanto noi. Non è poi così comodo stare seduti per otto ore a temperature così alte. Per noi, sai, si tratta di un’ora, due, massimo quattro. Ma oggi era perfetto.

Cinque anni fa qui al primo turno hai perso due set da Falla. Da quel momento non ti è più successo nemmeno di avere un set complesso al primo turno. Cosa è cambiato? È stato solo un caso quella volta?
Non conoscevo questa statistica. Penso che ci si debba concentrare volta per volta. Penso anche che questo sorteggio fosse migliore di quello di cinque anni fa. Sull’erba, Falla, si muove bene e colpisce con i giusti anticipi. Sapevo già prima di incontrarlo che sarebbe potuto essere un match duro. È cambiato qualcosa per me da allora? No, ma allora fui fortunato a uscirne vittorioso. Potevo perdere, ma sarei stato molto deluso. Ho giocato da poco contro di lui a Parigi. So perché è un giocatore così ostico per me. Ha un gioco molto completo. Ho disputato una finale ad Halle contro di lui, con un doppio tiebreak, credo. È chiaro, si cerca di non avere intoppi nei primi match, ma se succede l’importante è uscirne fuori. Per me è importante giocare in un modo che mi permetta di mantenere lo stesso livello anche più Avanti nel torneo, che mi permetta di controllare il match come ho fatto oggi.

 

Traduzione di Maurizio Riguzzi

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