Rafael Nadal sull'erba sarà ancora competitivo come una volta? Dubito!

Editoriali del Direttore

Rafael Nadal sull’erba sarà ancora competitivo come una volta? Dubito!

Quello strano personaggio che ha battuto Rafa Nadal, Dustin Brown, non sarebbe mai arrivato “al più bel giorno della mia vita” se sua madre non gli avesse comprato un camper!

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Nessun musicista giamaicano è stato forse più bravo di Bob Marley, il re del reggae. Certo non più famoso. Ma c’è quel forse. Magari qualcun altro, prima ancora di Peter Tosh, aveva qualità simili ma non sono potuto emergere per una serie di circostanze. Non c’è nessun forse invece sul fatto che Dustin Brown, il quarto giustiziere di Rafa Nadal prima degli ottavi di finali a Wimbledon – dopo 5 finali raggiunte consecutivamente dal 2006 al 2011 (un anno, nel 2009, non è proprio venuto) – sia stato il tennista più forte mai cresciuto in Giamaica, a Montego Bay sotto le cure di un coach americano, dopo essere nato in Germania… proprio come un altro talento del tennis, John McEnroe.

Un qualsiasi paragone con McEnroe, anche se Dustin Brown sull’erba non gioca altro che serve&volley, sarebbe irriverente. Non è nemmeno il caso di ricordare che a fronte del giamaicantedesco di 30 anni, John McEnroe è stato campione di tutt’altra statura, ha vinto molto ma molto di più – 7 Slam prima di compiere 26 anni! –  mentre Brown, tipo estroso se ce n’è uno, con i capelli rasta che gli arrivano ai fianchi, il grosso tatuaggio raffigurante qualcuno che sulle prime si credeva fosse proprio Bob Marley – “E invece è mio padre, me lo ha fatto l’anno scorso ad aprile un artista di Colonia. Non vedo mai mio padre e così…” – non ha quasi mai vinto nulla e anche oggi che pure ha battuto Rafa Nadal, bissando il successo di Halle un anno fa, non figura fra i primi 100 delle classifiche Atp.

Il guaio di Nadal è che in queste ultime quattro disavventure wimbledoniane ha perso sempre da giocatori piazzati dal centesimo posto in giù. Non è più un caso insomma. Se guarderete il video che abbiamo fatto con Ben Rothenberg del New York Times (e con oltre 35.000 followers su Twitter) lo sentirete dire che secondo lui Rafa Nadal non tornerà mai n.1 del mondo e che, tutto sommato era prevedibile che con il suo tipo di gioco… beh andate a sentirvi il resto. E leggetevi anche la lunga intervista rilasciata da Dustin Brown. Io penso che questo momento sia il più duro di quelli vissuti da Rafa Nadal in questi ultimi cinque anni costellati anche da parecchi infortuni e stop obbligati. Ricordo che si cominciò a parlare di declino di Roger Federer qualche anno fa. Altre caratteristiche, certo, tecniche ed atletiche, altro tennis. Però quanti si erano sbagliati? Aspettiamo a dare Nadal per finito. Il ragazzo ha gli attributi, non mollerà. Sulla terra sarà sempre uno dei due o tre da battere, e forse pure sul cemento. Sull’erba semmai si può dubitare.

Rispetto a John McEnroe, Dustin Brown… parla meglio le lingue. La frase può ricordare quella che, ricordo approssimativamente, Michael Chang pronunciò in relazione a Pete Sampras quando gli chiesero che cosa sapesse fare meglio di lui: “Forse cucinare!”. Brown infatti non parla solo americano, sa dire più di “vamos” in spagnolo, parla benissimo il tedesco. McEnroe ha viaggiato spesso, dacchè aveva 18 anni, prenotando jet privati. Una volta doveva venire a Firenze per un’esibizione con Lendl e rifiutò di dare un passagio sul jet a Ivan. Dustin Brown invece ha girato per una vita nei tornei futures e challenger del circuito con un camper della Volkswagen. “Era la sola possibilità che avevo di coprirmi le spese in tornei europei dove al primo turno se vincevi prendevi 100 euro”. Tanti chilometri alla guida, nessun albergo da pagare. I suoi genitori glielo avevano acquistato 11 anni fa, nel 2004. Inge Brown, biondissima, e il marito giamaicano Leroy lavoravano in un ufficio del turismo in Giamaica. I soldi non erano mai abbastanza. Certo non potevano aspettarseli dalla federazione giamaicana! Fatto sta che grazie a quel camper Dustin Brown è riuscito a sbarcare il lunario. “Tre letti, una cucina, un bagno, non è che tutti gli appartamenti a Manhattan siano più grandi. Ci ho messo una macchina per raccordare le racchette, un computer, ho coperto le pareti di poster e foto, e ho cominciato a girare per tornei”. Ma con una targa personalizzata: CE DI 100. Il significato? CE è l’inizio di Celle, la città tedesca dove è nato, la D sta per Dustin e la I sta per Inge, sua madre. 100 per il muro del ranking ATP che si era ripromesso di superare. Era importante anche risparmiare sulla benzina. Tutti i primi tornei sono stati in Germania. Ma a un bon vivant come Dustin non poteva non piacere anche l’Italia. E la pasta. Della quale si vanta si essere ottimo cuoco. “Per settimane e settimane ho mangiato solo quella: cosa c’è di più nutriente e sano a poco prezzo? Quando vincevo qualche euro in più allora mi permettevo una cena al ristorante. Sempre poco caro eh…”. Da noi Dustin ha giocato tantissimo, e si è fatto tantissimi fans. Il suo tennis, come il suo carattere è troppo estroso, spettacolare, per non piacere. Ma a lui il dubbio di non farcela, di non riuscire a infrangere costantemente quel muro del ranking n.100 è venuto più volte. “Ce la farò mai?”.

Sui 26 anni c’è stata una prima svolta, anche se la vittoria di oggi a Wimbledon su Nadal certo imprime un sigillo ancora più importante alla sua storia, alla sua carriera. Anche perchè non è finita per forza qui. Al prossimo turno c’è un avversario tosto come Troicki, n.24 Atp, ma se riuscisse a servire bene come ha fatto contro Nadal per quasi quattro set, beh non è un avversario impossibile. Anche il vincente fra il canadese Pospisil (n.56 Atp, giustiziere di un modesto Fognini) e James Ward (n.111 del mondo), non sono mica avversari imbattibili. Ci pensate a un Dustin Brown nei quarti di finale a Wimbledon??? “Intanto quello di oggo è forse il più bel giorno della mia vita”. Nel 2009 Brown raggiunse la finale in quattro challengers. Poi è stato anche n.99… ecco rotto il muro! Dustin ha vissuto dal 1984 al 1996 in Germania con papà e mamma. Il suo primo coach era americano, Kim Michael Wittenberg. Poi però i Brown si spostarono in Giamaica. Il problema per lui era come allenarsi, nei parchi pubblici “alla ricerca di qualche palla usata che rimbalzasse… e fosse gialla!”. Nel Paese di Usain Bolt, e dei grandi velocisti dell’atletica, anche il calcio e il cricket ottengono qualche piccolo finanziamento. Il tennis proprio no. “Il massimo che mi arrivava era… una mail dalla federazione giamaicana una volta l’anno per chiedermi la disponibilità a giocare la Coppa Davis! E la prima volta che giocai qui a Wimbledon… la federazione, ignorando che da n.101 ero entrato regolarmente in tabellone, mi scrisse un’altra mail per congratularsi per aver conquistato una wild card! Ci rimasi malissimo. Io avevo il diritto di giocare, non era un regalo! Per me fu un po’ come prendere un calcio in faccia”.

Dustin ha ancora il camper, ma lo usa molto meno. I genitori hanno finito di pagarlo da un paio d’anni. E lui, che oggi è n.102 ma dopo questo Wimbledon salirà di un bel po’ di posti, è stato anche n.78. Vabbè di Brown avrete letto l’intervista post Nadal. Di Nadal e del suo futuro nessuno può sapere (leggete la sua intervista dopo la sconfitta). Posso dire che non l’avevo mai visto così triste e demoralizzato. Che si sia reso conto di non essere più competitivo su questa superficie che lo ha visto trionfare due volte e perdere soltanto in finale altre tre? Non lo so, non lo sa lui, non può saperlo nessuno. Ma quattro anni di batoste sono tanti. Sarà un argomento sul quale tornare. Per quanto riguarda il resto della giornata, beh di tre italiani oggi ne abbiamo solo due, Camila Giorgi che potrebbe ripetere contro Caroline Wozniacki l’exploit dell’US open di due anni fa e Andreas Seppi che dopo aver battuto Roger Federer dopo 10 sconfitte non si sente battuto in partenza contro Andy Murray che lo ha sconfitto 6 volte di fila, anche se ovviamente il favorito non può non essere lo scozzese che due anni fa ha vinto qui quel torneo che sfuggiva ai britannici dal 1936. Quel che dovevo dire sugli italiani oggi l’ho detto nel video. Ascoltate quello, altrimenti mi ripeterei. Non dico sempre cose piacevoli da ascoltare, Fabio Fognini che anche oggi non è riuscito a non polemizzare quando gli ho chiesto se l’aver perso sapendo che al prossimo turno ci sarebbe stato Ward, non sarà contento. Ma secondo me si tratta o dell’ennesima occasione persa, o dell’ennesima volta in cui un po’ tutti cadiamo nell’errore di sopravvalutarlo per via del suo indubbio talento, compromesso però da un carattere e una testa non alla stessa altezza del braccio e delle gambe. Purtroppo nel tennis braccia e gambe sono importanti ma non sono tutto.

Fino alla sconfitta di Nadal, che Ben Rothenberg non considera affatto sorprendente, la più alta testa di serie eliminata era Feliciano Lopez battuto da un georgiano che non ho mai visto giocare, Basilashvili. La n.15. Invece fra le donne sei delle prime 12 sono già state schizzate fuori. A quelle dei giorni scorsi, Halep, Suarez Navarro, Pliskova, Ivanovic e Bouchard, si è aggiunta la Makarova. Mentre la campionessa in carica, Petra Kvitova, oggi ha concesso due games alla Nara, dopo avere lasciato uno alla Bertens. Fossi la Jankovic, che però è d’altro livello, non starei troppo tranquillo.

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