Borg sentenzia: "Federer si ritirerà dopo Rio". Ma sarà davvero così?

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Borg sentenzia: “Federer si ritirerà dopo Rio”. Ma sarà davvero così?

Bjorn Borg è solo l’ultimo degli addetti ai lavori, ad aver pronosticato un ritiro a breve termine di Roger Federer. Sono anni che se ne parla ma lo svizzero ha sempre smentito con parole e fatti il suo allontanamento dai campi di gioco. Proviamo a capire perché la parola “ritiro” viene da anni accostata a Roger e come questi abbia fatto a scongiurare, finora, tale ipotesi

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Correva l’anno 2009 e Roger Federer, da poco spodestato da Rafael Nadal, si lasciava andare ad un gesto estremo quanto, per lui, inusuale: la distruzione di una racchetta durante una semifinale a Miami contro Novak Djokovic. Quel match vide la sconfitta dello svizzero in tre set e la proliferazione ad libitum di critiche sul suo conto e previsioni sul suo ritiro. Fu quello il momento (forse più del famoso pianto australiano) in cui la maggior parte di appassionati iniziò a fantasticare su una possibile stanchezza psicologica di Roger Federer dopo anni di dominio assoluto. Sono passati 6 anni da allora e la solfa sembra non essere cambiata; l’ultimo della lista è lo svedese Bjorn Borg: “A 34 anni Roger è ancora motivato. Lavora ancora tanto, vuole giocare e vincere ancora tornei, ancora titoli del Grande Slam. Penso che disputerà un’altra stagione. Presumo voglia provare a vincere le Olimpiadi a Rio, poi credo che si ritirerà. Anche se spero di sbagliarmi”. Roger è un classe 81, l’8 Agosto spegnerà la bellezza di 34 candeline, ragion per cui oggi più di ieri e domani più di oggi le previsioni su un eventuale ritiro avranno maggiori chance di essere corrette rispetto al passato. Ma perché, nei confronti dello svizzero (ed è quello che sta accadendo anche a Nadal quest’anno) da parte di tifosi e spettatori la mania di pronosticare uno stop alle competizioni è così preponderante? Non ci sono ragioni logiche perché questo accada, considerando che il gioco dello svizzero, come risaputo, non è eccessivamente dispendioso a livello energetico e che il suo corpo non ha mai subito gravi infortuni.

Dal canto suo, il diretto interessato ha ribadito più volte di non avere deciso quando ritirarsi e di volere, anzi, continuare il più a lungo possibile: “Ho pensato di ritirarmi dopo la Coppa Davis, ma non sono stato convinto di farlo e ritirarmi per poi avere la voglia di tornare qualche anno dopo è una cosa che non mi appartiene. Non credo di smettere dopo Rio. Molti pensano che lo farò dopo i Giochi ma non ho mai detto questo. Non ho idea di come e di dove accadrà“. Il desiderio di Federer è quello di restare competitivo, tenendo in conto che “più il tempo passa è più è facile che si possano perdere delle partite” Molti si sono espressi sull’argomento, passando da Chang (“Roger si ritirerà in stile Sampras, quando si renderà conto di non poter vincere più uno Slam”) a Vilas che un paio di anni fa disse: “Conosco il ragazzo e non sta pensando al ritiro. Ha fatto tutto quello che doveva fare e adesso vuole realizzare cose nuove. Federer deve continuare perché ama giocare a tennis e ama impegnarsi con la gente. Ha sempre amato realizzare cose nuove e lavorare per ottenerle”. L’ennesima smentita a chi lo dava per bollito (sia non tifosi che tifosi stessi) Roger l’ha data nelle ultime due stagioni, dopo un 2013 nettamente al di sotto delle aspettative, complice qualche idea confusa ed infortunio di troppo: il ritorno alla seconda piazza del ranking, 9 titoli nel biennio 2014/15 (and counting..) e due finali a Wimbledon perse dal numero uno del mondo. Se questo non è sinonimo di competitività…

Ma torniamo al quesito di partenza. Proviamo a spiegare il perché da anni si parla di un Federer sul punto di dedicarsi alla famiglia e non più alle competizioni. La soluzione non è delle più semplici ma sembra che Roger sia riuscito in ciò che non hanno saputo fare i suoi fan e gli appassionati in genere: adattarsi al cambiamento, evolvere la propria immagine e accettare il trascorrere del tempo con la massima serenità, non fossilizzarsi sull’immagine di un campione intoccabile e inavvicinabile che se raggiunto da qualche altro giocatore nella sua grandezza, non ha altre soluzioni se non quella di dire basta; ed è stato lo stesso Roger a confermarlo in tempi non sospetti: “Per anni la gente era scioccata quando perdevo un set, per i giornalisti non avevo il diritto di perdere una partita. Raggiungere la finale? Questo non andava bene. La semifinale? Neanche a parlarne. Un quarto di finale? Era come se avessi perso al primo turno. Si stava veramente esagerando, perdendo la dimensione delle cose. Nei suoi anni d’oro, l’elvetico è sempre stato avvolto da quell’aura di compiutezza, di ultimazione assoluta che lo ha reso la leggenda vivente che tutti conosciamo, ma Federer è riuscito ad andare oltre, non si è perso nella perfezione che lo ha contraddistinto in passato ma ha accettato (sia pure con un processo lungo e tortuoso, sia chiaro) l’avvento di avversari più forti di lui in quel preciso momento storico, decidendo di adattare il suo gioco, di cambiare strategie, coach e atteggiamento in campo. E’ stato forse questo il più grande punto debole dello svizzero che oggi sembra aver superato; cosa che lo ha reso un giocatore migliore sia tecnicamente che psicologicamente; cosa che gran parte dei fan sembra non avere ancora assimilato. Che Nadal possa prendere esempio…

 

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