Il tennis che racconta il socialismo: Erba rossa di Gianni Clerici

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Il tennis che racconta il socialismo: Erba rossa di Gianni Clerici

Continua la nostra esplorazione della grande letteratura tennistica. Oggi abbiamo recensito per voi Erba rossa di Gianni Clerici

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Clerici G. (2004), Erba rossa, Fazi Editore, Roma.

Avete presente quei lati b di certi quarantacinque giri, che col passare del tempo suonano meglio del lato a? Più o meno è la categoria dentro cui inquadrare Erba rossa di Clerici. Un libricino sottovoce in grado di usare un fatto tennistico per raccontare uno degli episodi più oscuri del ’900: il così detto socialismo reale. L’occasione è la trasferta Davis dell’Italia in Cecoslovacchia del 1965, pochi anni prima della “Primavera di Praga”. Giusto per la cronaca i singolaristi erano Merlo e Pietrangeli. L’Erba rossa del titolo sintetizza il clima politico e lo lega ai destini individuali di alcuni protagonisti della vicenda. Il risultato è un affresco della vita quotidiana di una società posta sotto l’ala “protettrice” dell’allora rivoluzione sovietica. Un mondo raccontato troppe volte con gli strumenti della storia, o dell’ideologia, e molto raramente con quelli dell’osservazione disincantata o della letteratura non militante. Un libro che oggi assume un valore di prezioso documento narrativo.

Ho letto Erba rossa molti anni fa e non mi ricordo un solo momento tennistico. Mi ricordo grandi case signorili con forme geometriche sui muri dove c’erano quadri di valore ed ex nobili poliglotti servire ai tavoli dei Grand Hotel. Mi ricordo il malinconico ricordo di antichi sfarzi segnalati da divani con velluti lisi in una Praga irreale e astorica. A un’atmosfera burocratico-poliziesca in cui l’ottimismo era imposto per legge si contrappone quella vitalità tutta slava, fatta di birrerie notturne, incontri fatali e ironia metafisica.

Il fil rouge del romanzo è uno strano braccio di ferro tra Pigi, che credeva che il socialismo reale potesse rappresentare l’avvento messianico di un mondo nuovo e chi, molto più borghese e disincantato sapeva in cuor suo che nessuna vera rivoluzione è possibile. Figuriamoci quelle militari. Un braccio di ferro amorevole in cui la voglia di perdere è superiore a quella di vincere. Quasi un dialogo filosofico\politico all’interno di un panorama neorealista a cui hanno sottratto la speranza del futuro. A impreziosire la narrazione c’è il talento tutto descrittivo di Clerici, capace di osservare le persone e restituirle in piccoli affreschi in cui l’eleganza si mescola spesso con la tenerezza. Su Ludmilla non vi dico nulla. In ultima analisi un Clerici spiazzante per chi lo segue e lo idolatra come scriba. Paradossalmente Erba rossa è un ulteriore capitolo della poliedrica carriera letteraria di uno strano scrittore prigioniero di un enorme successo che lo rende libero di fare quello che vuole, tranne forse che essere riconosciuto per quello che ci regala al di fuori dello stesso.

 

Pier Paolo Zampieri

Prossimo libro: Fisher M. J. (2009), Terribile splendore. La più bella partita di tutti i tempi, tr. it. Cognetti P. e Bonfanti F., 66thand2nd, Roma.

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