Andrea Gaudenzi, l’uomo Davis in credito con la fortuna

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Andrea Gaudenzi, l’uomo Davis in credito con la fortuna

Andrea Gaudenzi, per anni n.1 d’Italia, compie oggi 42 anni. Per l’occasione ripercorriamo la carriera del faentino, che ha regalato tante emozioni al nostro paese, e che non si è mai tirato indietro per difendere i colori azzurri

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Quando nel 2003 Andrea Gaudenzi si ritirò dal tennis professionistico, l’Italia perse uno dei suoi più grandi portacolori, un ragazzo con una fortissima etica per il lavoro, il n.1 azzurro per quasi tutti gli anni ’90.

Nato a Faenza nel 1973, a 17 anni, nel 1990, si aggiudica Us Open e Roland Garros juniores, diventando n.1 ITF. Il primo momento di difficoltà della sua vita tennistica gli si pone davanti appena entrato nel circuito ATP, un passaggio spesso difficile per chi si affaccia al professionismo. Allenato da Bob Hewitt (allenatore scelto dalla federazione), grande doppista degli anni ’70 e condannato pochi mesi fa ad otto anni di prigione in seguito alle accuse di violenza sessuale, Gaudenzi quasi pensa di abbandonare tutto, visti i rapporti tesi con Hewitt, finché non va in Austria ed inizia a collaborare con Ronnie Leitgeb e Thomas Muster. Giocatore solido da fondocampo, potente e resistente ai lunghi scambi, costruisce una discreta carriera nel circuito maggiore: 3 vittorie sulla terra rossa, nel 1998 a Casablanca e nel 2001 a St. Polten e a Bastad. Negli Slam manca l’acuto, il suo miglior risultato in carriera sarà un ottavo di finale al Roland Garros del 1994 (dove perde da Goran Ivanisevic). Ma la terra rossa si lega a doppio filo al destino tennistico di Andrea.

Nel 2002, sulla terra battuta del Foro Italico di Roma, Gaudenzi incontra al primo turno un giovanissimo Roger Federer, ancora lontano dalla grandezza cui poi ci abituerà in seguito, ma un Federer che concluderà l’anno al n. 6 del ranking ATP (era tds n. 11). Questo resterà l’unico incontro fra i due, vinto da Andrea con un doppio 6-4; Gaudenzi perderà al turno successivo da James Blake.
Nello stesso anno, al primo turno del Roland Garros, si consuma il dramma di un americano vincitore di 14 titoli del Grande Slam. Pete Sampras è alla sua ultima apparizione a Parigi, in realtà quella stagione sarà l’atto conclusivo della sua straordinaria carriera. Pistol Pete veniva da una cocente sconfitta ai quarti dell’Australian Open per mano di Marat Safin. Quello ai French Open era l’ultima occasione per lo statunitense di coronare il sogno del Career Slam ed eguagliare il suo grande rivale Andre Agassi. Ma quel giorno Andrea Gaudenzi sembrava essere tornato quello dei tempi migliori, prima che i problemi alla spalla segnassero la sua carriera. In un match durato quasi sei ore, a causa anche di alcune interruzioni per pioggia, e dopo aver subito per l’intero primo set il gioco dell’ex n.1 del mondo, Gaudenzi inizia a dettare il proprio ritmo e prende in mano le redini del match. Finirà al quarto set con il punteggio di 3-6 6-4 6-2 7-6(3).

Ma il momento che segnerà la sua carriera, anche agli occhi della nazione, è la finale di Coppa Davis del 4 dicembre 1998, che l’Italia di Paolo Bertolucci aveva la possibilità di giocare in casa per la prima volta nella sua storia. L’Italia arriva per il terzo anno consecutivo alle semifinali. Due anni prima il team azzurro aveva subito una sconfitta pesantissima contro la Francia di Pioline e Boetsch, sconfitta al quinto match, il singolare fra Gaudenzi e Boetsch, con tanto di polemica contro l’arbitro australiano Wayne McEwen, reo di aver fatto un errato over-rule su una palla buona di Gaudenzi, dando la possibilità alla Francia di andare a match point. Nel 1997 invece l’Italia trova in semifinale la Svezia, tie giocato a Norrkoping, sul sintetico indoor. Il team azzurro arrivava da periodi poco sereni, con l’ombra delle dimissioni di Adriano Panatta e Nargiso, Gaudenzi, Furlan e Camporese in agitazione ed in aperto conflitto con la Federazione. Quell’incontro finirà 4-1 per la squadra di Bjorkman. Questa volta davanti al pubblico del Forum di Assago, gli azzurri avevano la possibilità di riportare l’insalatiera in Italia dopo 22 anni. Andrea Gaudenzi ha sempre dato il meglio di sé nella competizione a squadre, un giocatore difficile da battere per chiunque, era l’elemento portante della squadra, e non ha mai avuto remore a trascinare il gruppo alla vittoria. Con il compagno Diego Nargiso formava una coppia imprevedibile e solida. È per questo che il primo singolare lo gioca lui contro il giovane Magnus Norman, che si attestava intorno alla 50esima posizione mondiale. Gaudenzi era reduce da un delicato intervento alla cuffia dei rotatori della spalla destra, un’articolazione particolarmente sollecitata dal movimento del servizio. Il suo era stato un recupero veloce, ma la volontà di esserci in finale era ancora più forte. L’incontro che inizialmente partì equilibrato si trasformò presto in una maratona di quasi cinque ore. Andrea vinse il primo set al tie-break ma perse il secondo parziale a 0, sempre al tie-break. Arrivati ormai al quinto set, sul 5 pari, dopo aver recuperato da 0-4, Andrea ottenne un break che pareva decisivo. Al cambio campo il faentino avrebbe servito per il match. Andrea in panchina si volta verso il dottor Candela, e lui alla panchina italiana: “Non ce la fa”. Il tendine della spalla destra ha fatto crack, ha ceduto. Andrea resta in campo per altri 6 punti, sul 6-6 0-30 si ritira. Si dovrà operare e resterà fuori 3 mesi.

L’impegno e la serietà con cui Andrea Gaudenzi ha sempre affrontato questo sport lo hanno reso uno di quei personaggi sportivi difficili da dimenticare nonostante i traguardi e le vittorie non siano stati ai livelli di tanti altri grandi campioni. Ma è proprio per questo che si è sempre contraddistinto, per l’umiltà con è riuscito ad affrontare il circuito, e ad accettare ed apprezzare le vittorie e gli obiettivi raggiunti.

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