US Open interviste, Federer: "Oggi pensavo sarebbe andata male"

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US Open interviste, Federer: “Oggi pensavo sarebbe andata male”

Primo turno, R. Federer b. L. Mayer 6-1 6-2 6-2, l’intervista del dopo partita a Federer

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Roger Federer - US Open 2015
 

Arrivi qui dopo aver vinto a Cincinnati. Esordio contro un avversario complicato. Quanto bene ti senti dopo aver iniziato giocando in maniera così dominante?
Ora mi sento bene. In realtà negli scorsi giorni pensavo che questo potesse essere un match difficile, molto difficile, quindi l’ho preso seriamente. A volte ho quasi pensato che lo stessi prendendo troppo seriamente. A Shanghai quando lo sconfissi fu in gran parte merito della fortuna, e nella mia mente si era fatto strada il pensiero che potesse andarmi male questa volta.
Per di più mi sono allenato qui con lui il giorno del sorteggio, e giocava molto bene anche in allenamento. Insomma, non ero preoccupato solo per il precedente a Shanghai. Ad ogni modo sono felice di essere passato e di aver giocato così bene. Ora almeno so come mi sento in partita. Ho giocato libero, lasciando andare i colpi, tenendo sempre conto che si tratta di un match di primo turno e che quindi non è mai semplice da affrontare.

Prima parlavi del campo. Credi che il tetto abbia davvero cambiato l’Arthur Ashe?
Sì, e per sempre. (Sorridendo). Non so se sia una cosa positiva o no, ma il “vecchio” Ashe era fantastico, lo adoravo. Certamente, però, mi piace la sensazione di giocare in questi grandi stadi con il tetto sopra. Lo facciamo già in Australia, a Wimbledon, a Shanghai.
Per cui, per quanto concerne il tetto sì, mi piace. Credo migliorerà il livello di gioco di tutti i giocatori. Pensandoci, migliorerà ancor di più il livello dei top players, perché sapranno cosa aspettarsi e sapranno di non dover più lottare così tanto contro il vento.
Se non devi pensare al vento puoi giocare più vicino alle linee e produrre un tennis migliore. Questo probabilmente avvantaggerà i top players, a mio avviso.
Poi vedremo l’anno prossimo le condizioni che troveremo quando sarà totalmente coperto e dovremo giocare indoor in caso di pioggia. Ora lo stadio mi sembra anche più rumoroso. Probabilmente negli sport americani è abbastanza comune che i tifosi parlino durante le partite. Credo che il tetto amplifichi il suono della folla, o almeno così mi è parso oggi.

Cosa pensi dell’intervista a partita in corso, credi sia qualcosa che tu possa fare?
L’ho fatto in qualche esibizione, mai in match competitivi. All’inizio non avevamo neanche le interviste pre-partita e già quelle ci sembravano strane, per quanto col tempo ci siamo abituati.
Chi lo sa andando avanti cosa succederà. Quello che so è che pare non abbiano chiesto all’ATP prima, cosa che rappresenterebbe la normalità. Credo siano andati direttamente dai giocatori a chiederlo, e non è il modo di affrontare la questione.
Ma vedremo quello che succederà. Capisco l’idea, ma dobbiamo anche decidere quando si raggiunge il limite, quando è abbastanza. Capisco comunque di voler andare sempre oltre e di essere i più accessibili possibile.
Io, non avendolo fatto per 17 anni, perché dovrei iniziare ora? Allo stesso tempo si potrebbe pensare, che importa? Onestamente sono abbastanza rilassato ai cambi campo.
Ma non vuoi neanche che abbia un impatto negativo sul tuo gioco e che ti costringa a riguardare alla cosa pensando, che mossa stupida ed esserne quindi frustrato.
Per cui non so, capisco la richiesta ma non credo molti giocatori si presteranno.

Qualche tempo fa Djokovic ha detto che per quanto lui abbia vinto solo uno US Open, ha comunque giocato quattro finali e lo considera quindi uno dei tornei più soddisfacenti in carriera. Dal tuo punto di vista quando consideri un torneo soddisfacente? Solo quando vinci o anche se raggiungi per esempio dieci finali consecutive e ne perdi cinque?
Beh, vincere aiuta sempre a vedere la propria storia in un torneo in maniera migliore di quanto non lo sia davvero. È come Cincinnati per Novak. Forse voi penserete che lui non riesca a giocare bene lì, ma ha comunque giocato cinque finali.
Stessa cosa qui. Quando mi dite che Novak ha vinto solo uno US Open mi verrebbe da rispondervi, No, no no. Ne ha sicuramente vinti due o tre. Del resto in Australia sembra che non perda mai una volta arrivato in finale, eccetto forse per un caso.
Credo dipenda molto anche da dove hai subito delle sconfitte precoci, che lasciano un segno più profondo di quanto si possa pensare. Io a Wimbledon, ad esempio, ho perso un paio di volte subito. Lui credo non abbia mai perso prima del terzo o quarto turno, quindi ecco perché magari questo è considerato lo Slam in cui sono più consistente.
Personalmente vi verrebbe sempre da pensare che io allo US Open giochi sempre bene, per quanto non è lo Slam che ho vinto più volte.
Probabilmente è la stessa sensazione che prova lui qui.

Qualcuno dice che stai giocando il tuo miglior tennis. Sei d’accordo?
Se vinco il torneo forse sì. Non dopo un match di primo turno, che serve solo ad andare avanti e a capire le condizioni e a guadagnare fiducia.
Ovviamente sono molto felice di come ho giocato, ma niente di più. Guarderò partita dopo partita. Non guardo troppo in là, come fanno altre persone.
Sono solo felice che nell’ultimo anno e mezzo sono stato di nuovo molto costante. Sto giocando nella maniera giusta, ed anche in un modo che mi diverte. Se decido di fare scambi lunghi e stare dietro, lo posso fare. Se decido di venire avanti, posso fare anche quello.
Avere più tattiche aiuta. Serve contro ogni tipo di avversario, anche perché non tutti giocano alla stessa maniera. Stessa cosa per quanto riguarda il secondo turno. Non ho idea di come giocherà il mio avversario. Su campi veloci so che probabilmente conviene sempre venire avanti e far giocare colpi complicati ed in equilibrio precario.

Pete Sampras spesso diceva che Andre (Agassi) lo spingeva ad essere un giocatore migliore. Novak anche ha detto che lo hai reso un giocatore migliore. Nella tua carriera ci sono stati degli avversari che ti hanno reso un giocatore migliore?
Certo. Hai bisogno di giocatori che ti facciano capire che hai un rovescio terribile, cosicché tu dica: okay, devo migliorare. O qualcuno che è sempre più in forma di te quando arrivi al quinto set. Allora forse realizzerai di dover migliorare l’aspetto atletico.
Sì, ci sono un po’ di giocatori che mi hanno aiutato. All’inizio sicuramente Lleyton, che rappresentava un grande scoglio per me, e Andre Agassi. Per me giocare contro giocatori così forti da fondo era difficile. Mi facevano sentire un giocatore scarso da fondocampo, finché non ho capito che mi dovevo muovere meglio ed essere più consistente, che dovevo variare il mio gioco.
Poi giocare contro Henman e Sampras mi ha aiutato a capire come giocare il serve and volley, e ad imparare l’arte di tenere l’avversario sotto pressione. È sempre stato interessante per me allenarmi o giocare contro di loro. Sicuramente mi ha reso un giocatore migliore.
Ed ora la nuova generazione – o forse meglio dire le nuove condizioni, pensando all’evoluzione delle corde ed al rallentamento dei campi – mi ha portato a diventare un giocatore più fisico, con più topspin e con caratteristiche che servono ad essere al vertice ancora oggi.

Come ti ha spinto Novak a migliorarti?
Giocare contro Novak viene naturale. Non ho mai avvertito di dover cambiare necessariamente qualcosa. Semplicemente lui è molto forte, ed è quindi un giocatore difficile da affrontare.

 

Traduzione di Lorenzo Dicandia

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