"Teenager revolution" rinviata: solo due giovani al secondo turno

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“Teenager revolution” rinviata: solo due giovani al secondo turno

Dei dieci Under 20 presenti in tabellone, vincono soltanto i due esponenti del tennis asiatico, Nishioka e Chung. Ma queste esperienze contano

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La meglio gioventù non abita a New York. Vi si è fermata per qualche giorno, il tempo di prendere confidenza con la città e con i campi di Flushing Meadows, per poi ripartire alla svelta. All’insegna del sicuro «sarà per la prossima volta». Se alla vigilia dell’inizio del torneo c’era grande aspettativa per la nidiata di talenti capaci di entrare in tabellone passando dalle qualificazioni o in grado di meritarsi una wild card e addirittura entrare direttamente nel main draw grazie alla buona classifica, dopo il primo turno è rimasto ben poco della “teenager revolution” cui l’ATP e gran parte degli appassionati guardano con interesse, alla ricerca del ricambio generazionale (e dopo avere saltato una generazione intera, quella del 1990-1994). A dire la verità, dei dieci Under 20 nel main draw, soltanto due sono approdati al secondo turno: gli asiatici Yoshihito Nishioka e Hyeon Chung. Il giapponesino, classe ’95, era già stato bravissimo a centrare la qualificazione, ma sul campo si è superato, battendo Paul-Henri Mathieu al quinto set; certo, il francese è ormai in disarmo, ma piegarlo al set decisivo, rimontando uno svantaggio di 2-1 e dopo 3h 12′, è sinonimo di forza mentale e preparazione fisica. Il nipponico compenserà parzialmente, in patria, l’uscita prematura di Nishikori, e al secondo turno troverà un altro veterano, il brasiliano Thomaz Bellucci. Il coreano Chung, già attestato a una buonissima classifica per l’età (n° 69 a 19 anni), ha disposto con facilità dell’australiano James Duckworth, in tre soli set. Ai trentaduesimi avrà uno sbarramento quasi impossibile da aggirare in “Iron Stan” Wawrinka. Con ogni probabilità potrà godere, però, di un campo di maggiore prestigio.

Pur non avendo vinto, altri teenager rampanti si sono fatti valere, confermando quanto di buono lasciato intravedere nel circuito ATP. È il caso di Alexander Zverev: il tedeschino (del ’97) si è trovato avanti due set a uno contro il connazionale Philippe Kohlschreiber, ma non è riuscito a portarla a casa, cedendo 6-4 al quinto. Zverev ha traballato soltanto in prossimità del traguardo, e questo ko potrebbe essere propedeutico alla sua costante crescita. Il ragazzo c’è e a breve match del genere saranno largamente alla sua portata. Bravissimo anche Thanasi Kokkinakis: l’aussie, lasciatosi alle spalle le ormai arcinote querelle sulle sue imprese amorose, stava quasi dominando il povero Richard Gasquet grazie alle sue accelerazioni micidiali e al grande anticipo, salvo poi crollare per crampi nel quarto, trascinarsi in campo per qualche minuto e poi ritirarsi. «4K», come ormai i tifosi lo chiamano, ha palesato il proprio enorme talento ma anche l’impreparazione a reggere sulla lunga distanza, qualità obbligatoria in uno Slam, a maggior ragione in condizioni impegnative come New York.

Borna Coric meriterebbe un discorso a parte, essendo ormai protagonista in pianta stabile del circuito nonostante abbia solo 19 anni; ha giocato bene contro il Nadal di questo periodo, e forse avrebbe potuto ottenere anche qualcosa in più. Lo stesso, seppure con gradi di maturità inferiori a quelli dei giocatori sopra citati, hanno dimostrato i talentini americani: Bjorn Fratangelo è sembrato ancora troppo acerbo per impensierire davvero Thomas Berdych, soprattutto sul piano delle soluzioni tattiche. Meglio ha fatto Tommy Paul, classe 1997, vincitore del Roland Garros Juniores, che dopo avere centrato direttamente nella Grande Mela il primo tabellone ATP, ha costretto Andreas Seppi a una partita di grande concentrazione. Paul è piaciuto sia per il dritto “strappato” un po’ alla Roddick, sia per alcuni pregevoli passanti di rovescio lungolinea. A livello tecnico c’è, e non è affatto disdegnabile l’atteggiamento maturo e positivo. Gli USA potrebbero avere trovato il tennista del rilancio ad altissimi livelli e bene fanno a puntare su di lui. Non è andata meglio agli altri due giovani a stelle e strisce: Jared Donaldson è stato battuto in tre set da Lukas Rosol, Francis Tiafoe ha giocato discretamente ma ha ceduto in tre parziali a un Victor Troicki particolarmente ispirato; l’americano ha fatto troppo poco con il servizio per potersela giocare alla pari.

Viene dalla Russia, invece, uno dei nomi più gettonati da tutti nei pronostici per gli anni a venire: Andrey Rublev. Il russo, erede designato di Safin per lo spumeggiante tennis da fondo e per gli atteggiamenti incomprensibili – sospesi tra la geniale follia e l’irritante provocazione – non ha affatto demeritato contro Kevin Anderson, sempre un brutto pesce da pescare in un primo turno. Rublev sa già lottare e ha ceduto due parziali per un soffio, mostrandosi molto solido in battuta. L’impresa di vincere il primo match in uno Slam non è riuscita nemmeno a Elias Ymer, lo svedesino d’Eritrea che si è comunque qualificato in tutti e quattro i major nel 2015. Ymer ha ceduto abbastanza nettamente all’argentino Schwartzman, rimandando così i propri sogni di gloria.

Il bilancio complessivo per i teenager all’assalto di New York recita 2-8, con poche speranze di portarne qualcuno al terzo turno. Però va bene così: basta questo per avere un segnale di discontinuità con il recente passato e le esperienze vissute da questi promettenti ragazzi serviranno ad ampliare il bagaglio di ciascuno. I momenti di gloria arriveranno in futuro, si può essere sicuri: con un bacino così ampio, i campioni non mancheranno, e un giorno molto vicino i Fab Four assomeranno centocinquant’anni in tutto…

 

Stefano Bolotta

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