L'ultima di Hewitt è show. Seppi lotta, Djokovic vince (Martucci). Pennetta, dopo il drone a sorpresa la Cetkovska (Zanni). La signora Vinci ha ripreso a sognare (Azzolini)

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L’ultima di Hewitt è show. Seppi lotta, Djokovic vince (Martucci). Pennetta, dopo il drone a sorpresa la Cetkovska (Zanni). La signora Vinci ha ripreso a sognare (Azzolini)

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L’ultima di Hewitt è show. Seppi lotta, Djokovic vince (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport)

Bella-Aaaaaaa, Bella-Aaaaaaaaaaa». Non è la parodia di Scary Movie, è l’aggettivo che montava e monta, fra giovedì sera e venerdì giorno, agli Us Open, mentre la pallina gialla rimbalzava come un canguro di qua e di là del net, fra il giovane e il vecchio, Bernard Tomic e Lleyton Hewitt, e schizza impazzita fra Novak Djokovic ed Andreas Seppi. Peccato che l’italiano impegni sempre Nole, in game lunghi ed equilibrati, ma nel match allo specchio conto un avversario tanto più forte proprio non riesca a tenere il ritmo di palleggio da fondo del numero 1 del mondo e, sia pur di misura, accusi la sconfitta numero 11 in 11 confronti con il serbo di azzurro vestito. E’ invece appassionante il derby australiano fra Tomic, anni 22, omone dal papà terribile e da tennis eccelso ed elegante ma pigro, e Hewitt, anni 34, rissoso combattente che spara gli ultimi «Com’òn» in faccia agli avversari dopo 17 anni di lotte all’arma bianca, nel penultimo Slam prima dell’addio di gennaio ai suoi Australian Open. A-Tom e «Il selvaggio» non s’erano mai incrociati, in partita, ma si fiutano da anni nell’esuberante clan aus sie, diversi come il giorno e la notte: uno alto quasi 2 metri (1.96), con un timing tutto suo, servizio e rovescio decisivi come tanti dei talenti precoci del 90; l’altro, più piccolino (1.80), sempre reattivo nella risposta e nella transizione difesa-offesa, bi-campione Slam, agli Us Open 2001 e Wimbledon 2002, ed ex n. 1 del mondo. Tomic è il capobanda dei cattivi ragazzi australiani, rudi, da «drover», i mandriani del loro selvatico bush, da Kyrgios a Kokkinakis. E, quando non è lui a litigare con dirigenti e poliziotti, a farsi arrestare per le reazioni scomposte dopo gli schiamazzi in una suite di Miami, ci pensa papà John (croato di nascita), dopo mille frizioni con la federtennis australiana, a mandare all’ospedale con una testata il preparatore atletico del figlio. IERI E OGGI Lleyton è il candidato a capitano di Davis al posto di gentleman Pat Rafter, ma è anche l’ex cattivo ragazzo, che una volta a Melbourne, coi suoi eccessi irritò l’avversario (Chela) al punto da farsi sputare addosso, e a New York scatenò il putiferio per aver denunciato al giudice di sedia gli errori del giudice di linea (nero) nel duello contro l’eroe di casa, Blake (nero): «Non ti sembra che ci sia qualche analogia fra loro?». Il vero Lleyton dorme finché è sotto 6-3 6-2. Si rianima, a dispetto delle anche rimesse insieme da due operazioni ma sempre doloranti, quando Tomic gli regala il terzo set, e poi s’addormenta quando serve per il match sul 5-3 del quarto. E risorge, in un attimo, volando l’imprevedibile 5-7. Che significa quinto set. Con A-Tom crolla affranto in panchina: «Mi sono ripassate davanti agli occhi tutte le rimonte che gli avevo fatto fare». LEGNA Ma Tomic è bravo a reagire. Salva alla grande due match point, soffoca di frustrazione Hewitt, come da classifica (numero 355 contro 24 del mondo), si esalta con ace e passanti, recupera da 4-5 a 7-5, reagisce all’atmosfera infuocata, allo stadio contro, all’ultimo brivido di «Rocky» per i suoi «Fanatics». «Per me è stato difficile giocarci contro: non solo io, molti pensano che sia una leggenda». E’ bravo anche a resistere ai crampi, a quel suo io che non si dà mai veramente fino all’ultimo. Ma Lleyton vince un po’ anche lui: “Ho trovato ancora una volta la strada per rientrare, magari posso instillare questa caratteristica a Tomic, Kyrgios e Kokkinakis”. Ci mancherai, vecchio leone.

 

Pennetta, dopo il drone a sorpresa la Cetkovska (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Ci sono volute poche ore per risalire al presunto colpevole: Daniel Verley, 26 anni, insegnante alla Academy of Innovative Techonology di Brooklyn è stato arrestato ieri mattina a New York con l’accusa di comportamento irresponsabile e gestione di un drone in un parco pubblico della città al di fuori dell’area prescritta. Un piccolo velivolo nero infatti giovedì sera ha provocato attimi di tensione durante l’incontro tra Flavia Pennetta e Monica Niculescu, vinto poi dall’azzurra (6-16-4). Si era al nono gioco del secondo set (53, 30-40) quando il drone, che volava diagonalmente rispetto al campo, si è schiantato sulle tribune del Louis Armstrong Stadium. Per fortuna non c’è stato nessun ferito in quanto l’impatto è avvenuto in una zona dove non c’erano spettatori. Ma il rumore ha fermato per un momento l’incontro. «Devo ammettere che mi sono spaventata – ha raccontato poi Flavia – con tutte le cose che succedono oggi nel mondo mi sono detta “Ok, questa è una bomba” È stata la mia prima reazione, penso normale. lo poi stavo cercando di continuare a giocare, quando ho visto la Polizia che guardava dappertutto. Se ci fosse stata della gente lì, avrebbero potuto esserci tanti danni». Immediatamente dopo lo schianto e l’arrivo degli agenti della NYPD, non è stato spiegato nulla dell’accaduto alle giocatrici. «Il giudice – ha aggiunto l’azzurra – aspettava solo l’ok delle forze dell’ordine per far riprendere l’incontro, anche se, per la verità, non penso sapessero cosa fosse successo». Per fortuna anche lo staff della Permetta, allenatore e fisioterapista, erano seduti dalla parte opposta al punto dell’incidente, ma anche loro si sono spaventati. «Con tutte le misure di sicurezza – ha aggiunto la Pennetta – e poi questo arriva dall’alto…».. Oggi la Pennetta, testa di serie n. 26, ha possibilità di centrare per la 6a volta (in 11 partecipazioni) gli ottavi agli U.S. Open: davanti si troverà la ceca Petra Cetkovska, n. 149, una carriera frenata da una serie incredibile di infortuni, autrice di una straordinaria prestazione contro Caroline Wozniacki (4 al mondo e finalista qui nel 2014), alla quale ha annullato anche 4 match-point. E se la Pennetta (2-0 sull’avversaria) dovesse vincere imitata da Sara Errani contro Sam Stosur, negli ottavi si assisterebbe a un derby come nel 2013: secondo turno, vinto dalla brindisina, ultimo scontro diretto tra le due. veci. Sembrava tutto facile lo sbarco agli ottavi per Roberta Vinci dopo aver vinto il primo set e il 4-1 del secondo, poi diventato 5-3 servendo per il match, ma la rimonta della colombiana Duque-Marino, quattro giochi di fila, ha costretto la tarantina al terzo parziale vinto però agevole-mente 6-2. « La Duque Marino è una buona giocatrice, sapevo non sarebbe stato facile, ma ho cercato di mantenere sempre la concentrazione»
La signora Vinci ha ripreso a sognare (Daniele Azzolini, Tuttosport)

I Giochi di Rio come scadenza, quasi per tutte. Ma sono tenniste a lunga conservazione, e non scadranno da un giorno all’altro. Ragazze degli anni Ottanta, ora donne, un sottile reticolo di fragili rughe intorno agli occhi, ché giocare a tennis non è come lavorare sui campi – se permettete il volontario calembour -, ma il sole cuoce lo stesso. Venus, Serena, Roberta, Flavia… Nessuna di loro pensa di essere infinita, questo no davvero, ma sono anni che si mettono alle spalle le nuove generazioni, che le passano in rassegna, e impongono regole precise a chi vuole agganciare le zone nobili del tennis. Loro sono lì, a dettare legge, e a ricordare alle altre che la via per il successo passa inevitabilmente attraverso la loro approvazione. Giocano in coppia, Venus e Serena, ma non in doppio. Se il Grand Slam dovesse arrivare, avrà le insegne familiari, tanto è fitto lo scambio fra le Sister di consigli e di fraterno amore, di ore trascorse assieme e di segreti trattenuti. Ma anche di spicciole pratiche tennistiche, cui Venus si presta con entusiastica partecipazione, sgombrando la strada di Serena dall’ospite più pericolosa, quella Belinda Bencic che l’ha battuta a Toronto tre settimane fa, e magari, chissà, ha voglia di riprovarci. Trentasei anni, Venus. Diciotto Belinda. Forzando un po’ i tempi (bè, un bel po:..) l’antica numero uno avrebbe l’età per farle da madre. E la sculaccia pubblicamente. Il tennis è delle signore, non delle bimbette. E dite, c’è signora più signora di Roberta Vinci. Ottavi di finale, nel suo Slam preferito, dove già due volte è giunta nei quarti. Qui chiuse una stagione memorabile, prima in doppio, undicesima in singolare. Era il 2013. Qui progetta l’ultima ripartenza della sua carriera, destinazione Rio. Poi, chissà… Trentadue anni, la maturità del tennis a regola d’arte. Quello che sa fare lei le altre se lo sognano. Le Olimpiadi rappresentano un traguardo. Viene a capo del problema Duque-Marino mettendo sul piatto tre o quattro contro mosse, fino a quando non trova quella giusta. Domina il primo set, e si spinge a un passo dalla vittoria più facile, ma l’altra reagisce a pallettoni e Roberta, su quei rimbalzi alti, si ritrova a lavorare rovesci tagliati sopra la sua testa Non molla, Roberta, accetta la parità nei set, ma finalmente trova il coraggio di mollare lo schema che le aveva fatto vincere la prima frazione (tutto poggiato sul rovescio della colombiana) e prende a curare il dritto della Marino. Azzarda un attacco, piazza un drop shot. Trova campo libero. E passa a raccogliere il dovuto. E dimagrita moltissimo. Ha cambiato racchetta. Ora è di nuovo fra noi.

 

 

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