Così Pennetta e Vinci conquistarono gli ignavi

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Così Pennetta e Vinci conquistarono gli ignavi

Un paese che per due sere ha dimenticato il calcio, i compleanni, le cene in famiglia, i discorsi tra amici. Come Flavia Pennetta e Roberta Vinci hanno disorientato un cronista e il suo contesto

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Flavia Pennetta, premiazione – F US Open 2015 (foto di Art Seitz)
 

Ormai dire che il percorso agli scorsi US Open di Roberta Vinci e Flavia Pennetta è stato un qualcosa di assolutamente irripetibile è diventato una banalità. Tutti, ma proprio tutti, sanno e ripetono che le due ragazze pugliesi sono state straordinarie nel loro gioco, nel modo in cui si sono approcciate alle partite, in qualsiasi cosa. E questa straordinaria perfezione ha colpito praticamente tutto un Paese, malgrado la nostra cultura tennistica sia quella che è.
Roberta e Flavia sono riuscite a catturare l’attenzione anche di quelle persone a cui il tennis non è mai fregato nulla. Ma zero. E non parliamo soltanto della finale che, per ovvie e non del tutto encomiabili ragioni, ha interessato persino il Presidente del Consiglio. Ma è stata soprattutto la semifinale tra Roberta Vinci e Serena Williams ad essere seguita da chiunque, anche durante le attività familiari più disparate, tra una cena dai cugini, pure vegetariani, piove sul bagnato, e un giro in centro.

Così capita che due fratelli appassionati di tennis, insieme a due fidanzate che si chiedono perché mai far correre così tanto quella poveraccia dall’altra parte, arrivino alle cena e piuttosto che aiutare ad apparecchiare, a sistemare la birra in frigo e tutte quelle altre cose che di solito si fanno, accendono il televisore lo sintonizzano su Eurosport e si accomodano belli belli sul divano. “Marco, mi dai una mano almeno tu?!”, tuona la moglie. “Eh, Lia, c’è la Vinci contro la Williams…” si giustifica il cuginastro. Lia, che era abituata al calcio si sorprende. Donne? Come sarebbe? Giocano le donne al calcio? Che è quella cosa? Marco, che non sa nemmeno che Serena ha una sorella, ha un gesto sprezzante, come a dire “che ingenua, non segue il tennis, uno sport così aristocratico. Domani forse gioca Borg”. Mentre il cronista di Ubitennis pensa “se non è morto”, Lia guarda il televisore. Non si allontana. La partita comincia, scambio dopo scambio, Marco non si schioda dal divano di casa. Occhi fissi su quella palletta gialla che viaggia da una parte all’altra del campo. Esulta quando la Vinci fa punto, commenta con disprezzo quando lo fa la Williams. “È che non la sopporto proprio”, mi rivelerà in seguito; “ma chi è quella boriosa?” (eufemismo, al sud non si parla proprio così) fa eco Lia. Quando Roberta pareggia il conto dei set, gli altri invitati suonano alla porta. C’è una cena da affrontare, maledizione. Gli invitati entrano, Lia li accoglie, le chiedono dove sono gli altri. Lia sembra distratta: “Gli altri? ehm… stanno finendo di guardare una cosa… scusatemi eh?” e fugge via verso il televisore. I nuovi venuti si guardano, la seguono. “Ah il tennis. Bello. Quando si mang…” Un boato li interrompe. In TV una stravolta Roberta sta dicendo “e adesso applaudite me!”, Lia abbraccia le fidanzate dei cugini, Marco esulta come se avesse segnato il Palermo. Gli altri rimangono con le giacche in mano, i game cominciano a passare veloci. Marco chiede al cronsita: “Ma secondo te ce la fa?” Io sicuro di me: “Buh, ne ho viste tante partite e alla Vinci ora viene il braccino sicuro…” il  fratello annuisce, la sappiamo lunga noi, siamo esperti noi.
Sapete com’è finita, tutti si abbracciano, i nuovi arrivati, ancora all’impiedi, stravolti, non chiedono più della cena. Roberta porta a casa la partita e arriva in finale, dove affronterà la Pennetta. “Ah non era la finale? Bella bella, sono contento. Domani sera me la vedo tutta!”
“Beato te – gli dico io – noi abbiamo il compleanno della zia Silvana…” commento triste. La serata va avanti, la cena sembra buonissima il giorno dopo, siamo alla fatidica cena per il compleanno della zia. Altro scenario, identica sceneggiatura.

Siamo a tavola, lato “giovani”. Altro ramo familiare, altri cugini. Cronista e fratello sempre presenti, col padre stavolta e altri cugini. “Bo’”, fa mio padre “ma quanto stanno le due?”. La partita, cominciata da poco, è però difficile da seguire. Siamo in montagna, scappati dal caldo della città, e il telefono prende male. Provo a seguire i vari live, magari anche tramite twitter, ma niente da fare. I primi cugini cominciano a sbirciare i loro telefoni, le signore si insospettiscono: “Ma che fate?” È il padre ad assumersi le responsabilità: “Noi? Niente, perché?”. Arriva qualche tweet di Ubaldo, che il primo set è andato.
“Aaah, sono contento – continua mio padre – Mi fa simpatia la Pennetta. Ti ricordi quando l’abbiamo vista a quel torneo al Country?” mi chiede. Il riferimento è ad una vecchia finale degli Internazionali di Palermo.
Mentre Flavia e Roberta continuano a giocare, sono le signore a cominciare a guardare il telefono. Finisce cena e partita. Ha vinto Flavia. Io e Federico, l’ormai famoso fratello, ci dirigiamo verso piazza Magione, storico luogo di ritrovo dei giovani palermitani.
In piazza, troviamo altri amici. Nessuno è appassionato di tennis tutti sanno com’è finita la partita, chi ha vinto e come. Gente con cui di solito ho parlato quasi esclusivamente di fantacalcio o della Serie A, improvvisamente dimentica tutto, si parla solo della finale femminile degli US Open. Eurosport, Ubitennis e twitter esplodono, i commenti sono da calciofili, evidentemente disabituati. “Peccato, sarebbe stato più bello se fosse stata più combattuta. Io tifavo per la Vinci, la Penna mi sta antipatica, se la tira troppo. E poi la Vinci sta pure a Palermo…” ci diciamo tra di noi.
La serata prosegue, tra una birra e un’altra. Ad un certo punto il venditore di fichidindia ti dice “ma che è sto tennis? Domani con chi gioca il Palermo?” È tornata la normalità.

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