Da Coric a Rublev, ecco la stagione dei teen-ager

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Da Coric a Rublev, ecco la stagione dei teen-ager

I teen-ager di oggi come Borna Coric, Hyeon Chung, Thanasi Kokkinakis, Alexander Zverev e Andrey Rublev sono chiamati a dare al tennis un ricambio generazionale. Intanto come si sono comportati in questo 2015?

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Ai vertici del tennis mondiale manca il ricambio generazionale. 6 degli 8 tennisti che si sono qualificati alle ATP Finals di Londra sono gli stessi di 5 anni fa. Merito di Roger, Rafa e Nole: tre marziani che hanno esercitato una sorta di oligopolio su questo sport, con le rare intromissioni negli Slam di Murray, Wawrinka, Cilic e del Potro. Ma demerito anche dei nati all’inizio degli anni ’90 che, chi per un motivo e chi per l’altro, non sono ancora riusciti ad imporsi e sorge il dubbio che riescano mai a farlo. Raonic (1990) è un servitore eccezionale ma si muove male e soffre sul rovescio; Goffin (1990) non ha il “physique du role”, Dimitrov (1991) è in piena crisi d’identità, Tomic (1992) è una testa calda, Sock (1992) si applica ma sembra una brutta copia di Andy Roddick, Thiem (1993) ha un gran talento ma ad oggi non è ancora esploso definitivamente; Kyrgios (1995) è… Kyrgios, nel bene e nel male.

E poi ci sono i teen-ager, i quali prima ancora di essere bravi (quanto lo scopriremo solo vivendo), sono fortunati. All’inizio degli anni ’20, quando i vari Coric, Zverev e Kokkinakis saranno presumibilmente nel pieno della loro carriera, Federer (classe 1981) sarà a prendersi cura dei 4 figli nel suo tranquillo chalet svizzero e Nadal (classe 1986) si godrà beato il torrido sole di Manacor. Forse, ma forse, solo Djokovic (classe 1987) potrebbe essere ancora in giro a gridare “Ajde” con i primi capelli bianchi in testa. Insomma gli adolescenti del tennis di oggi sono un po’ come quelli italiani nel mondo del lavoro: contano sul fatto che prima o poi “i vecchietti” vadano in pensione.

Nel frattempo si fanno le ossa per sopravvivere in quel Fight Club che ormai è diventato il circuito maschile, prendendole più che dandole. Ma vediamo in dettaglio, chi in questo 2015 è riuscito a cavarsela meglio e chi ha rimediato più lividi.

Borna Coric, classe 1996, Croazia, n.44 nel ranking ATP

Il nativo di Zagabria ha cominciato la sua prima stagione a tempo pieno sul tour maggiore con il vento in poppa, grazie al successo sul gemello scarso di Rafa Nadal nei quarti di finale a Basilea nell’ottobre del 2014. L’impatto con il tennis che conta però è di quelli tosti: 31 vittorie a fronte di 30 sconfitte, 11 eliminazioni al primo turno, escludendo le occasioni in cui ha superato le qualificazioni per poi perdere nel suo primo match nel main draw. È vero che ha scalato tante posizioni in classifica e raggiunto a luglio il best ranking di n.33. È vero che ha battuto Andy Murray nei quarti di Finale del ATP 500 di Dubai. È vero che ha perso quasi sempre da giocatori contro i quali sulla carta partiva da sfavorito. Ed è vero appunto che questo è stato il suo primo anno tra i grandi del tennis – un livello che gli compete dato che l’unico Challenger che ha disputato a Baranquilla, in Colombia, lo ha vinto abbastanza agevolmente. Nonostante ciò le maggiori soddisfazioni sportive per Coric sono arrivate probabilmente dal calcare tutti i grandi palcoscenici del circuito (come quello del Artur Ashe Stadium nel suo match di primo turno agli US Open contro Nadal) piuttosto che dalle poche partite portate a casa. La collaborazione iniziata ad aprile con lo svedese Thomas Johansson non ha quindi dato i frutti sperati. Il primo ad accorgersene è stato proprio Borna che recentemente ha scelto di cambiare ancora, passando all’australiano Miles McLagan, ex allenatore di Andy Murray e Samantha Stosur. Nonostante tutte queste difficoltà, Coric è il teenager meglio piazzato nel ranking, grazie ad una esemplare attitudine all’allenamento e al match e ad un gioco completo e redditizio. Tuttavia questa precoce maturità può anche celare inferiore margini di miglioramento rispetto ai coetanei.

Hyeon Chung, classe 1996, Corea del Sud, n. 51 nel ranking ATP

Se Coric ha deciso di misurarsi immediatamente con i pesi massimi, l’occhialuto Hyeon Chung ha preferito continuare a vedersela con gli avversari più leggeri presenti nei Challenger, affacciandosi solo raramente nel circuito ATP. La scelta è stata dettata, quantomeno inizialmente, dal ranking, nel quale il coreano è rimasto fuori dai Top 100 fino ad aprile. In termini di vittorie la decisione ha pagato e il bilancio stagionale dice 55-24, 4 titoli (Burnie, Savannah, Busan, Kaoshiunug), altre 2 finali (Seoul e Launceston) e un balzo di oltre 100 posizioni in classifica che gli è valso il premio come “Most Improved of the Year” da parte della ATP. E migliorato Chung lo è per davvero. Il ragazzino di Suwon con il look da secchione che aveva perso la finale di Wimbledon junior nel 2013 contro il nostro Gianluigi Quinzi (che ahinoi non è presente in questo articolo) si è trasformato in un uomo, a suon di pesi sollevati in palestra. Il gioco è rimasto quello fluido e preciso di sempre, che lo fa sembrare una sorta di imitazione asiatica di Novak Djokovic. Qualche rimpianto per Chung viene dal non aver sfruttato due buoni sorteggi al Roland Garros e a Wimbledon, perdendo rispettivamente contro il coetaneo americano Jared Donaldson e il francese Pierre-Hugues Herbert. Ma il coreano ha collezionato anche qualche vittoria di rilievo come quelle su Granollers a Miami e Paire a Winston-Salem. Inoltre non ha sfigurato contro Top Players del calibro di Berdych, Cilic e Wawrinka, che ha costretto per tre volte al tie-break a Flushing Meadows. In conclusione da una parte Chung inizierà la prossima stagione con fiducia ed entusiasmo. Dall’altra dovrà però già difendere alcuni punti e quelli che menano per davvero lo aspettano al varco.

Thanasi Kokkinakis, classe 1996, Australia, n.80 nel ranking ATP

Ecco Kokkinakis ha rischiato davvero di venir linciato all’intero spogliatoio dopo che il suo amico Kyrgios ha simpaticamente rivelato al mondo interno la sua avventura con Donna Vekic, partner di Wawrinka. A livello di risultati la sua stagione merita considerazioni abbastanza simili a quelle di Coric. Il talento australiano ha mollato definitivamente i tornei Challenger, nei quali nel 2014 aveva raccolto molto, per concentrarsi solo sul circuito maggiore, anche a costo di partire dalle qualificazioni nei Masters 1000. L’avvio positivo di 2015 gli ha dato ragione. Infatti il nativo di Adelaide è inizialmente sempre riuscito ad entrare nel main draw. Inoltre Kokkinakis ha battuto Gulbis nel primo turno degli Australian Open e si è spinto fino agli ottavi ad Indian Wells, dove a fermarlo è stato l’altro talento australiano, Bernard Tomic. Anche sulla terra rossa Kokk non se l’e cavata male, portando a casa il ricco challenger di Bordeaux e vendicandosi su Tomic a Parigi al quinto set. Infatti proprio a giugno il meccanismo del ranking gli ha riconosciuto la posizione n.69. La seconda parte di stagione è stata nettamente più in sordina, fatta eccezione per la vittoria su Chardy al Queen’s e quella su Fognini a Cincinnati. Peccato per i crampi nel quinto set del primo turno di Flushing Meadows contro Gasquet. Fisicamente Thanasi è già molto pronto per il circuito. Tecnicamente gioca un tennis moderno e aggressivo. Mentalmente è più forte dei suoi amici Kyrgios e  Tomic – non che ci voglia molto. I presupposti per crescere ci sono tutti. Da pochi giorni si è separato dal suo coach storico Todd Langman (che lo seguiva da quando aveva 7 anni!) per accasarsi con Ben Mathias, ex allenatore di Sam Groth. Già che c’era forse poteva trovarsi qualcuno con un curriculum di maggior spessore.

Alexander Zverev, classe 1997, Germania, n.83 nel ranking ATP

Ci sono le promesse del tennis e poi ci sono i predestinati. Zverev è sempre parso appartenere alla seconda categoria. Predestinato perché se tuo padre, tua mamma e tuo fratello maggiore sono stati o sono ancora tennisti professionisti, questo sport scorre nelle tue vene. Predestinato perché a 15-16 anni già collezionava finali negli slam junior. Vinto l’Australian Open nel 2014 ha deciso che i tornei giovanili gli stavano stretti e da buon predestinato ha presto ottenuto una semifinale in un evento prestigioso come quello di Amburgo. Questo 2015 era un anno di transizione per lui e lo si poteva presumere. Alla fine il suo bottino è di 38 vittorie e 28 sconfitte tra Challenger e circuito maggiore, un best ranking di n.74 a giugno e 1 titolo in Germania sulla terra di Heilbronn. Da menzionare qualche exploit notevole tipo i successi contro su Groth a Miami, su Becker a Monaco di Baviera, su Bellucci a Nottingham e Bastad (torneo in cui ha ottenuto la sua seconda semifinale ATP) e, soprattuto, su Anderson a Washington. D’altra parte vanno registrate anche alcune sconfitte pesanti, in particolare nei Major: fuori dall’australiano John Patrick Smith nel primo turno a Melbourne, fuori dall’olandese Igor Sijsling al secondo turno di qualificazioni a Parigi, fuori dallo statunitense Denis Kudla al secondo turno di Wimbledon. Alti e bassi insomma. Ma il talento è cristallino e i margini di crescita, da ogni punto di vista, sono enormi. Zverev per esempio è ancora molto acerbo e istintivo nella gestione dei punti. Mi viene in mente a proposito di queste lacune mentali il match perso al tiebreak del terzo set contro Coric a Cincinnati, in cui è stato il teutonico a fare e disfare e il croato a raccogliere. Avrebbe bisogno di un allenatore esperto ma papà Alexander Sr. non si è ancora fatto da parte.

Elias Ymer, classe 1996, Svezia, n.137 nel ranking ATP

Forse qualcosa di più dal ragazzo di origini etiopi e passaporto svedese era lecito aspettarselo. Intendiamoci, non è che il suo 2015 sia stato da buttare, anzi. Ha scalato quasi 100 posizioni e vinto il suo primo Challenger a Caltanissetta. Ma dopo essere entrato in tabellone agli Australian Open, superando all’ultimo turno di qualificazioni Chung, e aver eliminato Kyrgios a Barcellona, ci si attendeva di vederlo nel tennis che conta in pianta stabile. E invece Elias è sceso di categoria di nuovo, peraltro con fortune alterne. Colpa del coach che lo ha seguito in questa stagione, lo spagnolo Galo Blanco, colui che voleva trasformare Raonic in un giocatore di regolarità da fondo? Curiosamente la collaborazione si è già conclusa. In ogni caso Elias aveva impressionato l’anno passato per la sua esplosività in stile Monfils e sembrava fisicamente il meglio equipaggiato della sua generazione per reggere i ritmi forsennati del circuito ATP. Intanto si è messo in mostra suo fratello minore, Mikael, classe 1998, raggiungendo la finale ai Championships versione junior. Gli addetti ai lavori dicono che sia quest’ultimo l’Ymer più forte. Staremo a vedere.

La new wave americana

C’è tanto “hype” attorno alle giovani promesse del tennis americano. Tutti parlano in maniera entusiastica dei vari Fritz, Paul e Tiafoe. Cerchiamo di fare un po’ di ordine. I classe 1997 a stelle e strisce hanno dominato negli slam junior in questo 2014. Tommy Paul ha vinto il Roland Garros, Reilly Opelka ha conquistato Wimbledon e Taylor Fritz si è preso gli US Open. Se il trionfo del gigante Opelka, al momento n.975 in classifica, può essere forse derubricato come un colpo di fortuna, Fritz e Paul, rispettivamente n.177 e n.274, paiono due ottimi prospetti e si stanno già facendo valere a livello Challenger. Il potente californiano Fritz – figlio di due tennisti – ad ottobre ha infilato uno splendido back-to-back nei pressi di casa, precisamente a Sacramento e Farfield, rifilando peraltro due batoste al tedesco di origini giamaicane Dustin Brown. Non contento, Taylor a novembre ha fatto finale a Champaign in Illinois. La settimana precedente Paul invece aveva raggiunto la finale a Charlottesville. Tuttavia l’ attività professionistica del ragazzo del New Jersey potrebbe subire un rallentamento a causa delle scelta di iscriversi al college, come insegna il caso di Steve Johnson. I due ragazzi sono dunque promettenti ma bisogna ammettere che ci sono un paio coetanei più avanti di loro nel processo di maturazione: il già citato Zverev e – più in termini di importanza dei match giocati che di classifica – il russo Andrey Rublev (ne parleremo tra poco). Ha attirato molte attenzioni su di sé anche Frances Tiafoe, il figlio di immigrati dalla Sierra Leone sponsorizzato dal re Mida dell’Hip Hop Jay Z. Tenendo conto che ha solo 17 anni il suo bilancio stagionale di 38-22, il suo best ranking di n.178 e la finale nel Challenger di Knoxville devono per forza essere considerati come risultati sbalorditivi. Tuttavia la giovanissima età di Tiafoe impone cautela e pazienza. Stesso discorso per i coetanei Stefan Kozlov, n.355 e Michael Mmoh, n.454. Intanto, zitto zitto, il meglio piazzato tra i teenager “born in the USA” è il classe 1996 Jared Donaldson al n.134.

Andrey Rublev e gli altri russi

Predestinato n.2 della lista: Andrey Rublev. Per chi di voi non lo avesse mai visto in azione, neppure in Coppa Davis contro Fognini, rimediate più in fretta possibile. Il classe 1997 di Mosca ha un talento di una luminosità abbacinante: colpi naturali e una facilità di generare vincenti disarmante. Tuttavia Rublev, durante questa stagione, passata tra challenger e Wild Card nel circuito maggiore, di incontri ne ha vinti pochini. L’highlight del suo 2015 è stato il successo su Fernando Verdasco a Barcellona, con annessa polemica per l’atteggiamento ritenuto troppo irriverente secondo il veterano iberico. La personalità e la fiducia in sé stesso sono due elementi che non difettano di certo al russo. Anzi sono persino troppo pronunciati. Ciò che gli manca è invece una struttura fisica adeguata: i dati ATP parlano di 65 chili distribuiti con grande parsimonia su 188 cm di altezza. Al momento Andrey ricopre la posizione n.174 ma con un po’ di palestra la top 100 è a portata di mano in tempi rapidissimi. Nel frattempo però più avanti di lui in classifica troviamo il suo connazionale classe 1996 Karen Khachanov, che nel 2013 aveva stupito tutti nella Kremlin Cup battendo Albert Ramos e Janko Tipsarevic. In questi 2 anni il gigantesco Khachanov ha lavorato duro insieme al già menzionato Galo Blanco per costruirsi una buona classifica toccando quest’anno il suo best ranking di n.151. Inoltre Khachanov in questo 2015 ha ottenuto il suo primo torneo Challenger sul cemento di Istanbul in settembre, a spese del temibile ucraino Sergiy Stakhovsky. Infine due parole di incoraggiamento se le merita anche il classe 1997 Roman Safiullin, che nel 2014 aveva vinto il torneo Bonfiglio in finale proprio su Rublev. Poco dopo aver alzato al cielo il trofeo degli Australian Open Junior, Safiullin, ragazzo dal tennis offensivo ed elegante, purtroppo si è infortunato e non ha disputato un match fino a novembre. Davvero molto sfortunata la sua stagione.

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