Verso gli Australian Open: le statistiche della prima settimana dicono... occhio a Wawrinka!

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Verso gli Australian Open: le statistiche della prima settimana dicono… occhio a Wawrinka!

Manca ormai poco all’inizio del primo Slam di un anno che si profila interessantissimo. Qui ci permettiamo un po’ di leggerezza, analizzando le performance dei top player tra Brisbane, Doha e Chennai. Lo svizzero ha mantenuto una resa al servizio mai avuta in tutto il 2015. Stabili Nadal e Federer. Djokovic, manco a dirlo, continua a giocare a parte

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Qual è il termometro più efficace e veritiero per indicare lo stato di forma di un giocatore? Ce lo siamo chiesti dopo la prima settimana di tornei ATP della stagione, che di fatto ha regalato pochissime sorprese, confermando quanto accaduto un anno fa con la sola eccezione di Raonic vincitore su Federer a Brisbane.

Sulla condizione di un singolo tennista, ogni settimana, vengono consumate grandi quantità di inchiostro… pardon, di parole sulla tastiera. È un esercizio che piace ai cronisti, agli addetti ai lavori e soprattutto a tifosi e appassionati. Eppure, al primo impegno ufficiale della stagione, lo stato di forma va pesato con le giuste precauzioni; perché alle spalle ci sono i carichi di lavoro (più o meno pesanti) sostenuti durante la pausa invernale e l’off-season, e ciascun giocatore può avere programmato un obiettivo differente. Certo, alle porte c’è l’Australian Open e il primo Slam stagionale difficilmente non è nel mirino dei top player. La storia però ricorda che è più facile trovare sorprese a Melbourne che in altri major, proprio per la condizione variabile dei protagonisti più attesi.

Djokovic, Wawrinka e Federer la scorsa settimana hanno fatto il loro dovere, giungendo in finale da favoriti. Lo svizzero ha ceduto a Raonic e nel suo caso la lettura è abbastanza semplice, come ha ammesso lo stesso Roger a margine della finale: i postumi dell’influenza hanno avuto un effetto negativo sulle gambe, condizionando il gioco dell’ex numero uno al mondo, apparso lento negli spostamenti e sempre un po’ in ritardo sulle pesanti palle del canadese. Dunque, il miglior termometro in questo caso è… il termometro stesso! Ironia a parte, come va interpretata la sua settimana, al netto delle diverse e soggettive versioni postate dalle migliaia di fan dell’elvetico?

Un buon modo (non necessariamente il migliore) può essere fornito dal confronto tra le statistiche della carriera, che offrono l’efficacia media del gioco di un singolo, con quelle dei quattro match disputati a Brisbane.
Il Federer di sempre ha una percentuale di prime di servizio in campo del 62%, con il 77% dei punti vinti quando serve la prima; il 57% sulla seconda. Salva il 67% delle palle break e ne trasforma il 41%, con il 27% di game in risposta vinti. Ebbene, a Brisbane ogni singolo indicatore è parso confortante. Lo svizzero ha servito il 58% di prime (unico differenziale negativo) ma ne ha tratto l’82%, con il 58% dei punti sulla seconda. Ha convertito una palla break su due e lo stesso ha fatto fronteggiandole in difesa. Ha vinto il 29% dei giochi in risposta. Tutto sommato, i numeri dicono che il Federer del primo appuntamento stagionale non è stato lontano dalla sua normale efficacia, con l’aggravante – come scritto – dell’attacco influenzale a limitarne la brillantezza fisica.

Su Novak Djokovic non serve nemmeno sbilanciarsi in analisi statistiche: il serbo è palesemente lo stesso martello del 2015, capace di lasciare le briciole (e spesso nemmeno quelle, chiedere a Nadal) agli avversari. La sua condizione è stabile su livelli altissimi ormai da molto tempo e a Melbourne avrà certo i dadi in mano.
Più interessante è allora confrontare il Rafa versione 2015 con quello di Doha e cercare di capire se ci siano stati progressi (per questo non lo rapportiamo al Nadal medio come accaduto invece con Federer). Il maiorchino lo scorso anno ha servito il 68% di prime, traendone il 72%; 55% con la seconda. In risposta ha vinto il 31% dei giochi, e le palle break convertite sono state il 42% del totale. In Qatar, Nadal ha mantenuto circa le stesse percentuali al servizio (70%, 72%, 53%) risultando meno efficace in risposta (28%) ma leggermente più cinico nelle palle break convertite (45%). Sembra, dunque, più o meno lo stesso del 2015 e la sensazione si è avuta anche in campo, con un gioco non particolarmente aggressivo e la profondità dei colpi ancora non paragonabile a quella dei tempi d’oro.

Bene, al di là del titolo vinto, Milos Raonic. L’allievo di Riccardo Piatti nell’anno della flessione aveva servito il 64% di prime trasformandone l’81%, con il 58% sulla seconda. Aveva convertito il 33% delle palle break. A Brisbane, pur servendo meno prime (59%), ha mantenuto un ottimo 84% e con la seconda ha segnato il 55%. Stabile il dato delle palle break convertite, altissimo di quelle salvate (89%). Ai numeri aggiungiamo l’impatto visivo di un Raonic finalmente a posto fisicamente, snellito e più mobile della versione del 2015. Da tenere d’occhio in terra australiana.

Altro nome da noi considerato è Stan Wawrinka, abile a infilare il tris indiano a Chennai. Lo svizzero è apparso molto solido al servizio: 63% di prime in campo, 81% la resa. Strepitoso il dato della seconda, 67%. “Iron Stan” ha annullato l’86% delle palle break affrontate, ed è stato convincente in risposta con il 51% dei punti vincenti sulle seconde degli avversari. Ha convertito due breakpoint ogni cinque. Tutti indicatori (molto più) positivi rispetto allo scorso anno.

Il metodo da noi preso in considerazione non ha alcuna valenza scientifica, i numeri vanno interpretati e siamo solo all’inizio della stagione. Le partite valutate nel 2016 sono una manciata, gli avversari spesso non di primissimo livello. Tirando le somme, però, sembra che i valori di Djokovic, Federer e Nadal siano rimasti gli stessi del finale della scorsa stagione. È Wawrinka a sembrare già più in palla del normale. Ma con lui, si sa, ogni discorso è fine a se stesso. Dipende da quale tasto viene premuto al mattino quando scende dal letto…

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