Milos Raonic: l'uomo nuovo del 2016? La parola a Riccardo Piatti e Carlos Moya

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Milos Raonic: l’uomo nuovo del 2016? La parola a Riccardo Piatti e Carlos Moya

Riccardo Piatti: “Milos è il giocatore che mi piace di più fra quelli che ho allenato nella mia carriera. Più di Ljubicic e di Gasquet, simile a Djokovic”. Carlos Moya: “Può vincere uno Slam e può essere n.1”. Ancora Piatti su Ludmilla Samsonova: “Ha delle doti ma deve imparare a giocare a tennis”

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Dopo la cavalcata vincente nel primo torneo stagionale, conclusasi con il successo in finale contro Roger Federer in quel di Brisbane, arrivano conferme per Milos Raonic. La bellissima vittoria ottenuta negli ottavi di finale contro Stan Wawrinka ha messo in luce i miglioramenti evidenti del ragazzone canadese allenato da Riccardo Piatti e Carlos Moya. Efficacia nel gioco di volo, movimenti più rapidi, tenuta atletica e mentale. Adesso un quarto di finale che lo vede partire favorito contro Gael Monfils (anche se il francese conduce 2-0 nei precedenti confronti diretti) e la prospettiva della prima semifinale in carriera a Melbourne. Qual è il segreto dietro questi improvvisi miglioramenti? Come ci racconta Piatti, una fantastica professionalità e dedizione al lavoro da parte di Milos.

“Si è allenato davvero tantissimo, soprattutto sul finalizzare il suo gioco a rete. È il giocatore che mi piace di più fra quelli che ho allenato nella mia carriera. Più di Ljubicic e di Gasquet, simile a Djokovic. È un’atleta che lavora dalle 8 del mattino alle 7 della sera. Gli altri dovevo spingerli io a lavorare. Non lui. L’infortunio dello scorso anno gli ha fatto perdere 6 mesi di esperienza in termini di match importanti. Battere Wawrinka qua, in uno Slam, significa avere la maturità di un giocatore importante. Essere un tennista di alto livello significare migliorare tante cose. Non solo muoversi meglio, giocare meglio al volo o la conduzione tattica di un match. Sono tutte queste cose messe insieme che danno la prestazione”.

Da circa dieci giorni il team di Raonic ha aggiunto fra le proprie fila un nuovo, importante tassello: Carlos Moya. Perché Carlos e quali sono le differenze rispetto a Ljubicic? Cosa ha portato in più Moya?

“Carlos è stato un grandissimo giocatore. Milos lo ha preso perché è stato numero 1 al mondo e vincitore Slam. E anche perché è un’ottima persona con una conoscenza precisa del mondo del tennis. Anche Ivan era così. Non c’è una grande differenza, perché il ceppo del team non è cambiato. Ci sarò io per trenta settimane come lo scorso anno e sono rimasti il preparatore atletico Sirola e Zibaglia, il fisioterapista. Quello che Milos vuole – e come lui anche gli altri – da un ex giocatore, è l’interpretazione di certe emozioni che si hanno sul campo, determinate situazioni strategiche. Moya e Ljubicic sono due persone diverse. Con Ivan ho lavorato per 17 anni, forse un modo di parlare diverso può aiutare. Uno è latino e l’altro è balcanico. Sono due modi diversi di approcciare il giocatore. I latini sono un po’ più morbidi”.

Riccardo Piatti ha parlato anche di Ludmilla Samsonova – sulla quale il Direttore aveva scritto un interessante articolo pochi giorni fasconfitta nettamente al secondo turno del torneo juniores dall’australiana Violet Apisah. “L’obiettivo degli juniores qui è quello di imparare a giocare a tennis. Lei non sa ancora giocare a tennis, non sa usare il suo potenziale. C’è ancora tanto lavoro da fare. Quindi io non sono deluso. Non possiamo pensare che questi ragazzi siano già maturi. Il professionista deve raggiungere la prestazione, lo juniores deve imparare a giocare a tennis. Non è problema di testa, è un problema di gioco del tennis. Il gioco del tennis è come gli scacchi. Gli juniores sono ancora grezzi. Lo juniores è un’apprendista che deve imparare. Ludmilla ha delle doti, mi piace tutto di lei. So cosa potrebbe fare, ma manca del tempo. C’è troppa ostinazione nel pensare che questi ragazzi siano dei professionisti, non lo sono. Devono passare da queste partite qui. Devono andare incontro a questi schiaffi e imparare. Se lei è capace di capire cosa è successo e dimenticare velocemente può pensare di avere un futuro”.

Ubaldo ha avuto modo di parlare direttamente anche con Carlos Moya: “Non sono un mago, Milos oggi è un giocatore più maturo. Riccardo e il suo fisioterapista hanno fatto un gran lavoro in inverno, durante sei settimane. Abbiamo sistemato un po’ tutte le armi che possiede, sistemarle per renderle più efficaci, che non siano solo ace, solo vincenti o doppi falli senza senso. Quello che posso portare io forse è l’esperienza di aver vissuto partite importanti durante la mia carriera e di averle affrontate più o meno bene. Alcune le ho vinte, altre le ho perse, ma sono stato in quella posizione di giocarsi uno Slam, di essere n. 1, e sono riuscito ad affrontare bene anche la pressione. Credo che abbia bisogno di questo. Ha delle grandi armi, ma ha bisogno dell’esperienza. Nessuno può sapere dove possa arrivare il suo potenziale, può vincere Slam, può essere n.1 ma quando non lo sappiamo. Ho trovato molto interessante il fatto di unirmi ad un tennista che ancora non ha raggiunto il suo apice. Che ancora non è tennisticamente al 100%, che abbia ancora margine di miglioramento. Tennisticamente non cambierà molto, perché è un giocatore già formato, Riccardo e Ivan hanno fatto un buon lavoro in questi anni. Quando io lo vedevo mi sembrava un tennista con poco ritmo, ma credo che sia un tennista che invece può giocare bene da fondo campo. Le sue armi devono essere il dritto e cercare il punto a rete. E per questo serve un certo ordine, che metta la pallina in campo e che poi si avvicini alla linea di fondo per cercare il punto vincente”.

Chiusura di Moya su Rafael Nadal, che in passato aveva dichiarato che i consigli di Carlos erano stati per lui fondamentali: “Più che il consiglio penso che un tennista assorba molto da giovane, con il rapporto giornaliero che si instaura“.

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