Tornei scomparsi. Gli anni d'oro di Philadelphia e dello Spectrum

Racconti

Tornei scomparsi. Gli anni d’oro di Philadelphia e dello Spectrum

Da Rod Laver a Pete Sampras. passando da Connors, McEnroe, Becker, la storia del tennis si è data appuntamento a lungo in uno degli impianti più suggestivi del mondo. Ascesa e declino di un grande torneo e dei suoi protagonisti

Pubblicato

il

 

C’era anche lui, quel 23 novembre 2010, tra le centinaia di persone convenute al 3601 di South Broad Street a rendere l’estremo tributo. Un groppo in gola che lo accomunava a tanti altri, lui che invece nella sua professione non era stato uno dei tanti. Per niente. Julius Erving, al secolo “Doctor J”, aveva vissuto, lì dentro, le sue stagioni migliori. Con lui (e con Moses Malone) i Sixers erano resuscitati dall’oltretomba in cui erano piombati all’inizio degli Anni Settanta (nella stagione 72/73 avevano chiuso con il peggior bilancio mai fatto registrare da una franchigia nella storia della NBA, un mortificante 9-73) e avevano inanellato una serie di finali culminate con il titolo del 1983.
Adesso, in attesa che la pesante palla d’acciaio iniziasse il suo triste e definitivo compito, se si rimaneva in silenzio si potevano ancora immaginare gli echi di quelle giornate gloriose, così come forse era possibile sentire l’inconfondibile tromba di Gonna Fly Now accompagnare Rocky Balboa nella sua impossibile sfida ad Apollo Creed.
Memorie, che le parole di Ed Snider avevano rievocato.
Questa è stata una delle decisioni più dure della mia vita. Lo Spectrum è il mio bambino ed è anche una delle cose più belle che mi siano capitate nella vita”. Così, l’uomo che l’aveva fatto costruire per dare una casa alla sua squadra di hockey su ghiaccio (i Philadelphia Flyers), ora ne decretava la distruzione.
Ebbene, ritagliandosi uno spazio tra le numerose iniziative che ne hanno fatto uno dei palazzetti più famosi degli Stati Uniti, anche il tennis ha contribuito a rendere immortale lo Spectrum. Al suo interno, per ben 31 stagioni consecutive, si è infatti disputato l’US Pro Indoor, per decenni probabilmente il più importante torneo al coperto del mondo, fatta eccezione forse per il Masters.

Tutto ebbe inizio nel 1968, anche se a Philly esisteva già da qualche stagione un appuntamento denominato “Invitation Indoor”. Un paio di mesi prima che l’Era Open venisse dichiarata ufficialmente aperta, Lamar Hunt e la sua WCT presero in mano l’organizzazione del Philadelphia International Indoor Championships, che l’anno dopo sarebbe diventato il primo torneo open indoor della storia.
All’edizione inaugurale presero parte dodici giocatori, di cui i primi quattro passarono direttamente al secondo turno. Furono proprio questi ultimi a giocarsi il titolo e alla fine vinse lo spagnolo Manolo Santana che sconfisse Jan Leschly in due set: 8-6 6-3. Assente nel ’68, Rod Laver estese il suo dominio nei quattro anni successivi in cui disputò quattro finali e perse solo quella del 1971, contro John Newcombe. Proprio quell’anno a Philadelphia, gli Stati Generali della World Championships Tennis approfondirono, nell’ormai fertile terreno che si era venuto a creare, le radici di quello che sarebbe diventato il circuito alternativo al Grand Prix, patrocinato invece dalla Federazione Internazionale.
Non bastava che, dodici mesi prima, quei vulcani in eruzione che erano Hunt e il suo fido tour director Mike Davies avessero precorso i tempi e introdotto il tie-break come lo conosciamo oggi (ovvero vittoria a sette punti con lo scarto di almeno due); ora si erano messi in testa di opzionare un certo numero di tennisti e farli giocare per loro venti settimane l’anno. Pazzesco.
Come detto, i primi anni degli US Pro Indoor furono legati indissolubilmente alle imprese del grande Laver. Rocket giunse al terzo turno dell’edizione 1973 con un bilancio nel torneo di 29 vittorie e una sola sconfitta, quella rimediata nella finale del ’71 per mano del connazionale Newcombe, e lì venne clamorosamente battuto dal sudafricano di Johannesburg Bob Maud per otto punti a sei nel tie-break del terzo set. Laver sembrava avviato sul viale del tramonto ma l’anno successivo tornò a Philly e, accreditato della sesta testa di serie, infilò sette vittorie consecutive (il tabellone, composto di 84 giocatori, partiva dai 64esimi di finale ma i bye venivano sorteggiati e Rod dovette iniziare dal primo turno) portandosi a casa il quarto trofeo. L’anno dopo Laver si presentò a Philadelphia da campione in carica ma probabilmente la sua testa era già proiettata all’imminente “supersfida” generazionale del 2 febbraio al Caesar’s Palace di Las Vegas contro l’astro nascente Jimmy Connors e finì per cedere al connazionale Phil Dent in tre set di grande intensità: 7-6 5-7 7-6.

Fu proprio Jimbo (e non solo idealmente, dato che i due si trovarono di fronte nei quarti dell’edizione ’76 e lo statunitense si impose 6-3 6-4) a raccogliere l’eredità di Laver allo Spectrum. Dopo la parentesi di Marty Riessen, che vinse nel ’75 battendo Gerulaitis in finale dopo cinque set interminabili, Connors raggiunse cinque finali consecutive e perse solo quella del ’77 dal connazionale Dick Stockton. Memorabile la vittoria dell’attaccante di Charlottesville, in quel gelido febbraio della Pennsylvania che indusse il governatore Milton Shapp a far chiudere scuole e luoghi pubblici. Connors, che lesse la notizia sui quotidiani locali, si chiese cosa sarebbe cambiato dentro lo Spectrum e qualcuno gli rispose che i bambini non pagavano il biglietto per andare a scuola.
In ogni modo Stockton resistette alle risposte di Jimbo, recuperò due volte un set di svantaggio e gli tolse il servizio nel primo e terzo gioco del quinto per poi chiudere in scioltezza. Al momento della premiazione Dick ebbe a dire: “Non sono abituato ad essere in questa posizione, con il trofeo in mano, ma credo di non aver mai giocato meglio per cinque giorni di fila nella mia vita”.

La supremazia di Connors venne interrotta da un altro mancino. E chi altri poteva essere se non John McEnroe? Nel 1982 SuperMac si prese la rivincita della finale persa al quinto set due anni prima e lasciò a Connors appena sette giochi in tre set. Le condizioni ambientali all’interno dello Spectrum erano le migliori per il tennis offensivo di McEnroe e per quattro lunghe stagioni non ce ne fu per nessuno. Ci provò Ivan Lendl, finalista nel biennio 83/84, ma entrambe le volte dovette accontentarsi di fare bella figura e di un misero set. Quando, nel 1986, il cecoslovacco riuscì finalmente a far suo il prestigioso trofeo, McEnroe aveva altri problemi per la testa e disertò il torneo e fu l’unica volta che la finale non venne disputata a causa del forfait di Tim Mayotte, che dirà al pubblico dello Spectrum: “Ieri sera, nel secondo set, ho sentito dolore a un muscolo addominale. Sono riuscito a concludere il match ma adesso non sono in condizioni di giocare. Posso servire al 60% delle mie potenzialità e non ha senso che scenda in campo. Sono molto addolorato perché questa settimana ho giocato il miglior tennis della mia vita”.

Evidentemente a Philadelphia Tim si trova a suo agio e nelle tre stagioni successive ripaga la fiducia del pubblico con altrettante finali, di cui le prime due vinte. Nel 1987 è lui a fermare la striscia record di John McEnroe, che non perdeva allo Spectrum da 7 anni (la finale del 1980 persa al quinto con Connors) e nelle sei precedenti occasioni aveva sempre sconfitto Mayotte. “Ha atteso otto anni per questo momento e oggi ha giocato una splendida partita. Non sono deluso perché ho perso da un giocatore al suo meglio ma evidentemente qualcosa non va se in poche settimane sono sceso così in classifica” dichiarerà McEnroe alla stampa.
Per Mayotte c’è il due (contro l’australiano Fitzgerald) senza tre e a scalzarlo dal trono di Philly è il tedesco Boris Becker, uno dei pochissimi (quattro) europei capaci di alzare il vaso di ceramica che viene consegnato al campione. Nel frattempo gli US Pro Indoor hanno assunto la denominazione del nuovo sponsor, la Ebel, che li accompagnerà alle soglie degli Anni Novanta, quando l’ATP varerà il nuovo calendario. L’ultima stagione della casa svizzera di orologi batte il tempo del nuovo fenomeno, che proprio qui inaugura la sua lunga e gloriosa stagione di trionfi.
Sono 15.474 gli spettatori che hanno la fortuna di assistere alla prima vittoria di un gracile ragazzetto di origine greca che ha una borsa piena di talento: Petros Sampras, detto Pete. Il nativo di Potomac è e resterà il più giovane vincitore del torneo (18 anni e mezzo) oltre ad essere il campione con la testa di serie più bassa (13): la sua ultima vittima è l’ecuadoriano Andres Gomez, parso più nervoso del più giovane rivale. A chi gli chiede come festeggerà questo primo titolo, Sampras risponde: “Giocando a golf la prossima settimana a Scottsdale”.
Sampras sarà il filo conduttore dell’ultimo decennio del torneo, quello del declino. Pete giocherà altre quattro finali e perderà solo quella del ’91 contro Lendl ma intanto, anno dopo anno, gli sponsor iniziano ad abbandonare l’evento. Nel 1992 è il colosso delle comunicazioni Comcast a subentrare e l’avvocato di Norristown Thomas Gowen è il nuovo chairman dell’evento, rilevando così gli storici Marylin e Edward Fernberger che erano in sella fin dai tempi del WCT. Il montepremi cala ma la crisi non intacca il blasone e l’albo d’oro del torneo. Dopo il bis del ’92, Sampras cede il trono per quattro edizioni ma i successori non riescono a ripetersi. Ci va vicino Chang, campione nel ’94 e finalista l’anno dopo battuto dal giovane svedese Enqvist, ma il torneo sta agonizzando e nemmeno l’intervento della Advanta Bank riesce a salvarlo.
Nelle ultime due edizioni, il torneo si sposta nel nuovo e cavernoso CoreStates Centre; si gioca sul duro ma siamo ai titoli di coda. Pete Sampras mette in bacheca altri due titoli ma non può nascondere la sua amarezza dopo aver sconfitto Enqvist nell’ultima finale, quella del 1998. “Quante persone c’erano l’altra sera a vedermi giocare? 400? Se qui si è perso l’interesse per il nostro sport, non ha senso continuare”.
Parole, quelle del n°1 ATP, che sono una sentenza. Dopo 31 stagioni e con almeno un americano sempre in finale dal 1973, l’US Pro Indoor chiude i battenti e si apre la lunga stagione della nostalgia. Lo Spectrum resisterà un altro decennio prima di essere abbattuto e i Sixers adesso dimorano al Wells Fargo Centre, che può contenere più di 21.000 persone e li ha visti vincere il titolo dell’Est nel 2001. L’ultimo bagliore di un lungo crepuscolo, come quello dell’US Pro Indoor.
E, come racconta Bruce Springsteen, “Ho sentito le voci di amici spariti e partiti. Di notte potevo sentire il sangue nelle vene, nero e sussurrante come la pioggia, nelle strade di Philadelphia

ALBO D’ORO

1968 Manuel Santana b. Jan Leschly 8-6 6-3
1969 Rod Laver b. Tony Roche 7-5 6-4 6-4
1970 Rod Laver b. Tony Roche 6-3 8-6 6-2
1971 John Newcombe b. Rod Laver 7-6 7-6 6-4
1972 Rod Laver b. Ken Rosewall 4-6 6-2 6-2 6-2
1973 Stan Smith b. Bob Lutz 7-6 7-6 4-6 6-4
1974 Rod Laver b. Arthur Ashe 6-1 6-4 3-6 6-4
1975 Marty Riessen b. Vitas Gerulaitis 7-6 5-7 6-2 6-7 6-3
1976 Jimmy Connors b. Bjorn Borg 7-6 6-4 6-0
1977 Dick Stockton b. Jimmy Connors 3-6 6-4 3-6 6-1 6-2
1978 Jimmy Connors b. Roscoe Tanner 6-2 6-4 6-3
1979 Jimmy Connors b. Arthur Ashe 6-3 6-4 6-1
1980 Jimmy Connors b. John McEnroe 6-3 2-6 6-3 3-6 6-4
1981 Roscoe Tanner b. Wojtek Fibak 6-2 7-6 7-5
1982 John McEnroe b. Jimmy Connors 6-3 6-3 6-1
1983 John McEnroe b. Ivan Lendl 4-6 7-6 6-4 6-3
1984 John McEnroe b. Ivan Lendl 6-3 3-6 6-3 7-6
1985 John McEnroe b. Miloslav Mecir 6-3 7-6 6-1
1986 Ivan Lendl b. Tim Mayotte w.o.
1987 Tim Mayotte b. John McEnroe 3-6 6-1 6-3 6-1
1988 Tim Mayotte b. John Fitzgerald 4-6 6-2 6-2 6-3
1989 Boris Becker b. Tim Mayotte 7-6 6-1 6-3
1990 Pete Sampras b. Andres Gomez 7-6 7-5 6-2
1991 Ivan Lendl b. Pete Sampras 5-7 6-4 6-4 2-6 6-3
1992 Pete Sampras b. Amos Mansdorf 6-1 7-6 2-6 7-6
1993 Mark Woodforde b. Ivan Lendl 5-4 ret.
1994 Michael Chang b. Paul Haarhuis 6-3 6-2
1995 Thomas Enqvist b. Michael Chang 0-6 6-4 6-0
1996 Jim Courier b. Chris Woodruff 6-4 6-3
1997 Pete Sampras b. Patrick Rafter 5-7 7-6 6-3
1998 Pete Sampras b. Thomas Enqvist 7-5 7-6

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement