Brividi Schiavone, "La mia esperienza per alzare il livello" (Cocchi). "Italia dimentica Genova. Conta vincere tre partite" (Cocchi). "Forza ragazze. Rosico un po'..." (Pennetta). Genio Mauresmo, "Sfida equilibrata ma Francia da finale" (Crivelli). Quel match point del 2006 che fece piangere Amelie (Marianantoni). La giovane Caregaro a lezione di Fed Cup (Semeraro)

Rassegna stampa

Brividi Schiavone, “La mia esperienza per alzare il livello” (Cocchi). “Italia dimentica Genova. Conta vincere tre partite” (Cocchi). “Forza ragazze. Rosico un po’…” (Pennetta). Genio Mauresmo, “Sfida equilibrata ma Francia da finale” (Crivelli). Quel match point del 2006 che fece piangere Amelie (Marianantoni). La giovane Caregaro a lezione di Fed Cup (Semeraro)

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Brividi Schiavone, “La mia esperienza per alzare il livello” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Il grande ritorno lo annuncia lei stessa via Twitter: «Dopo alcuni anni nella squadra più forte del mondo, ora un nuovo Team azzurro mi aspetta». Francesca Schiavone si rimette la maglia della Nazionale. Per la squadra, battuta a Genova lo scorso anno dalle ragazze della Mauresmo. Per se stessa, sempre assetata di nuove sfide. La Leonessa che ha portato l’Italia nella storia conquistando il Roland Garros nel 2010, all’alba dei 35, torna a far parte della squadra di Fed Cup dopo tre anni e mezzo, Ostrava 2012. Ma i suoi ricordi belli sono tanti. Francesca, che effetto fa tornare in Nazionale? «Il capitano mi aveva mandato un messaggio: “chiamami”. Non pensavo a una convocazione, ero fuori dal giro da un po’ e ci eravamo persi di vista. E’ normale, come capitano Corrado doveva seguire le altre, ma abbiamo sempre avuto un rapporto molto bello e franco». Con la maglia azzurra ha vinto tre Fed Cup, in singolare ha vinto pure il Roland Garros: cosa la porta a 35 anni a mettersi ancora in gioco? «La scelta di Corrado è arrivata al momento giusto. Ho scelto di andare per competere, per sentire prendo il cronometro e vedo l’atmosfera della sfida, per rimanere in un ambiente in cui si respira agonismo». Che cosa vuol dire, per un tennista abituato a gareggiare da solo, giocare per la squadra? «La chiamata in azzurro è sempre una grande emozione, una cosa che ti inorgoglisce, che ti carica di entusiasmo. Oggi come oggi, con la maturità e l’esperienza, apprezzo questa opportunità ancora di più». Entra in un gruppo nuovo, con la sola Errani a fare da elemento di continuità. Cosa pensa di poter dare a questo gruppo? «Posso portare innanzitutto esperienza, energia. Cercherò di inserirmi nella squadra provando a fare da collante tra giovani ed esperte. Farò in modo che in questi giorni impariamo a prenderci cura l’una dell’altra, perché solo così si pub alzare il livello. Ad esempio Sara avrà sulle spalle tutta la squadra, con me potrà scaricarsi, può appoggiarsi». Sembrano prove generali da capitano… «Quando Corrado deciderà di lasciare, Flavia Pennetta, Galimberti e perché no, io, potremo dare alla squadra la nostra esperienza, da tanti punti di vista». Che partite si aspetta dalle sue compagne? «Ah beh, con Sara lo so cosa mi aspetta: prendo un panino, una bibita, generi di prima necessità e sto lì, a vedermi la partita, un match lungo, pieno di sofferenza e dolore. Con Camila invece faccio giusto in tempo a sedermi, E Francesca? «Se ci fosse un colpo di scena e dovessi giocare sarebbe un match pieno di colpi di scena, uno di quei film pieni di sorprese. Sono disposta a fare tutto quello servirà. Scherzando ho detto a Barazzutti: “Sei messo proprio male a chiamarmi adesso che sono 115 al mondo”». Non è riuscita a entrare in tabellone all’Australian Open mancando la 62° partecipazione consecutiva agli Slam, questa chiamata in Nazionale è un toccasana? «Negli ultimi anni non sono riuscita ad esprimermi nemmeno al 50 per cento delle mie possibilità. So che di qualità ne ho e so che prima o poi i risultati arriveranno. Non sto a piangermi addosso». Quando i risultati non arrivano, non le viene mai la tentazione di mollare? «No, non so per quanto tempo ancora continuerò. Per ora mi ascolto e seguo la pancia, non faccio calcoli, non sarebbero produttivi». Conosce bene Amelie Mauresmo, lei un bel giorno ha lasciato, non aveva più voglia di tennis. «Amelie è unica. E’ una persona straordinaria prima che una grande sportiva. Ha fatto una scelta meravigliosa diventando madre. Come allenatrice ha stracciato i pregiudizi seguendo Murray e portandolo ad un livello superiore. Le auguro davvero grandi successi». Certo, magari da lunedì.

 

“Italia dimentica Genova. Conta vincere tre partite” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Il sorteggio ha deciso: Kristina Mladenovic e Camila Giorgi aprono oggi alle 14 con il primo singolare la sfida di Fed Cup tra Francia e Italia. A seguire, toccherà a Sara Errani affrontare Caroline Garcia. Il primo turno del Gruppo Mondiale è la rivincita di quello dello scorso anno a Genova. Allora, le francesi rimontarono dallo 0-2 e portarono a casa la qualificazione ai quarti condannando le azzurre allo spareggio contro gli Stati Uniti a Brindisi. In Puglia, le nostre si salvarono contro Serena Williams e compagne e oggi rieccole, senza Vinci e Pennetta, per cercare di cancellare il ricordo di quella debacle. IL C.T. «Dimentichiamo Genova. Qui si riparte da zero — ha detto il capitano Corrado Barazzutti —. L’unica cosa che mi interessa è portare a casa 3 punti». Senza Roberta Vinci, Barazzutti si è affidato alla Leonessa Schiavone per compattare il gruppo e portare energia ed esperienza. «Mi fa davvero piacere che Francesca sia qui con noi, lei è l’anima del gruppo, riesce a trasmettere tanto entusiasmo». Senza Alize Cornet, la Francia può contare su Kiki Mladenovic e Caroline Garcia che saranno schierate nei singolari e alle quali, eventualmente, verrà pure richiesto lo sforzo supplementare del doppio. La ex numero 1 al mondo ha chiamato anche Pauline Parmentier e Oceane Dodin. GRUPPO Francesca Schiavone, anche se veterana, deve inserirsi in una squadra ampiamente rinnovata: «Del nucleo storico è rimasta la Errani — spiega la Leonessa — e in questi giorni sto conoscendo le mie nuove compagne. Possiamo diventare un team affiatato, dobbiamo esserlo per affrontare questa sfida, e Sara e Camila sono preparate». Sara Errani qualche tempo fa ha ammesso in un’intervista di essere un po’ scarica, ma l’azzurro riesce a tirare fuori energie che nemmeno si pensa di avere. Oggi contro Garcia, 22enne numero 38 al mondo, proverà a portare sul 3-3 i precedenti che al momento vedono in vantaggio la francese. In Fed Cup lo scorso anno però Sara ebbe la meglio: «E’ sempre un grande onore vestire la maglia azzurra— dice la numero 22 del mondo — il campo non è molto veloce e per me è una buona notizia. Io voglio fortemente il mio punto». Giorgi e Mladenovic invece si affrontano per la prima volta: «Come sempre dovrò stare concentrata sul mio tennis — spiega Camila —. Mi piace molto giocare per la squadra, in Fed Cup trascorro sempre una bella settimana insieme alle compagne». Martina Caregaro compare schierata nella formazione del doppio di domenica insieme a Sara Errani, ma l’esordio ufficiale l’ha fatto alla cena di gala in cui le è toccato il discorso delle debuttanti: «E per fortuna che parlo il francese — sorride l’aostana —. Quando il capitano mi ha chiamata mi è passata davanti agli occhi la mia breve carriera, dagli infortuni ai momenti belli come quello che sto vivendo». E’ solo l’inizio.

 

“Forza ragazze. Rosico un po’…” (Flavia Pennetta, La Gazzetta dello Sport)

La Fed Cup è stata una parte fondamentale della mia carriera, un’esperienza di cui conserverò per sempre ricordi più che positivi. Come potrebbe essere diversamente? Siamo state la squadra più forte del mondo. Ho vissuto questa esperienza con giocatrici che adesso sono mie amiche e con cui ho condiviso tante emozioni, risate, lacrime, abbracci, litigate: un po’ come succede in una famiglia. Molti dei meriti di tutti i successi che abbiamo conquistato io li do a Corrado Barazzutti. Il capitano-papà di questa squadra-famiglia un po’ strana, di ragazze abituate alla solitudine di uno sport individuale. Corrado ha saputo mettersi in discussione, arrivando dai maschi: ha dovuto imparare ad avere a che fare con noi ragazze, un compito non troppo semplice. Lui riusciva sempre a capire quando era il caso di spingere una o tenere più tranquilla un’altra. Riuscire a mantenere l’equilibrio di squadra non è sempre stato così semplice. Sono contenta che Francesca Schiavone sia tornata in squadra per questo appuntamento contro la Francia, anzi quasi quasi rosico un po’… Mi piacerebbe essere lì in gruppo a vedere la “Schiavo” all’opera. Lei, quando c’è stata, ha sempre avuto un ruolo da “sorella maggiore”, era la più grande e noi tutte le portavamo rispetto. Ragazze, è tosta Francesca, una grande maestra ma… non stupiamoci se in questo fine settimana si verseranno lacrime perché con lei è così. Mamma mia, quanto mi ha fatto piangere! Ma anche ridere, non fraintendetemi. Mi ricordo che a San Diego, nel 2010, siamo arrivate alla finale con gli Usa davvero cotte. Per Francesca era l’anno della vittoria del Roland Garros, era emotivamente e fisicamente prosciugata. Sara Errani era la giovane del gruppo ed era curiosissima di tutto: faceva mille domande e non se ne poteva più! Avete presente quando i bambini passano il momento dei continui “perché”? Una volta, esasperate, l’abbiamo imbavagliata e legata a una sedia e l’abbiamo messa al buio in una stanza (in cui c’eravamo anche noi, ma lei non vedeva). Che ridere, quando l’abbiamo liberata ce ne ha dette di tutti colori. Ti ricordi Sara? Eppure adesso, la piccolina è diventata l’anello di congiunzione tra le squadre, l’elemento di continuità, il sostegno della Nazionale. Lei che era la più emotiva e la sera prima del match iniziava a somatizzare: mal di pancia, febbre, mal di gola. E poi c’è Camila, l’ho conosciuta a Brindisi quando abbiamo giocato lo spareggio contro gli Usa. Una ragazza molto carina, tranquilla, ci mette un po’ ad aprirsi. In campo è forte, ha i suoi ritmi. Sta crescendo e queste esperienze in squadra la aiuteranno a migliorare sempre di più. Resta solo la piccolina, Martina Caregaro: a lei consiglio di tenere occhi e orecchie aperte, di assorbire quanto più possibile da ognuna delle altre. Ha la fortuna di avere compagne che, anche solo a guardarle, possono essere di esempio. Forza ragazze, contro la Francia sarà una sfida difficile, ma stando unite si possono raggiungere grandi traguardi. La nostra storia lo insegna.

 

Genio Mauresmo, “Sfida equilibrata, ma Francia da finale” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Si può rimanere fuoriclasse anche dall’altra parte della barricata. Amelie Mauresmo, nel 2003, vinse tutte le partite di singolare dal primo turno alla finale, indomita condottiera di una Francia che fini per sollevare il trofeo a squadre più prestigioso del tennis femminile. Nel 2012, ormai lontana dai campi da gioco, lei che decise di ritirarsi tre anni prima appena trentenne, venne scelta dalla Federazione per guidare la nazionale, alle prese con un difficile ricambio generazionale e con i malumori delle giocatrici nei confronti dell’allora capitano Escude, sotto la cui guida, per la prima volta, la squadra era retrocessa in B. CARISMA Se hai vinto degli Slam e sei stata numero uno al mondo, e soprattutto hai ancora una mentalità e una visione da giocatrice, possiedi il carisma per navigare nel mare impetuoso delle nuove generazioni, coagulare il gruppo intorno alla tue doti da leader, creare una struttura che ti segue e motivare l’ambiente coinvolgendolo per intero nel progetto. Così, come successo a Genova l’anno scorso da 2-0 sotto, puoi scegliere di scommettere sulla Mladenovic, potenziale enorme ma testa non ancora convinta su cosa fare del proprio futuro, e da numero 74 del mondo vederla dominare la Errani, allora 13 Wta, e dare il la a una rimonta incredibile e pazzesca. Una dimostrazione di grandissima sapienza tattica, di lettura della sfida anche dal punto di vista psicologico. Tanto che, un anno dopo e di fronte a una rivincita comunque delicata, Amelie può vaticinare orizzonti luminosissimi alla sua Francia: «Credo che questo gruppo di giocatrici possa portarci, prima o poi, a sollevare il trofeo». Per il rematch con le azzurre deve rinunciare alla numero uno nazionale Cornet, assente per scelta e per qualche acciacco avvertito durante gli Australian Open: «E’ stata lei a decidere, abbiamo parlato a lungo. Dopo 8 anni in Fed Cup, ha deciso di prendersi una pausa». E se anche, per stessa ammissione della capitana, sarà una sfida equilibrata («Sappiamo che sarà dura come lo è stata quella del 2015 a Genova: Francia e Italia sono due squadre competitive con valori che si equivalgono»), il segreto vincente è nell’armonia che la guida della Mauresmo è riuscita a infondere in un gruppo fino a quattro anni fa squassato dalle polemiche: «Ora crediamo nelle nostre possibilità — ammette la Mladenovic — e nutriamo grandi ambizioni. Lo staff di Fed Cup ci segue tutto l’anno, anche nei tornei, e abbiamo riscoperto il piacere di stare insieme: prima di ogni appuntamento agonistico andiamo sempre a cena». TALENTO Proprio la Mladenovic, detta Kiki (da Kristina), è probabilmente l’emblema più rappresentativo del nuovo corso, e non soltanto per quell’inattesa vittoria contro Sarita: in Fed Cup, infatti, mostra sicuramente più certezze rispetto alla carriera individuale. Eppure, di francese ha solo il luogo di nascita e il passaporto, perché i genitori sono entrambi serbi e si sono trasferiti Oltralpe quando papà Dragan, nazionale jugoslavo di pallamano e olimpico a Los Angeles, venne ingaggiato dal Dunkerque. Pure la madre, Dzenita, era un’atleta (pallavolista) e perciò la figlia, doti fisiche straordinarie (1.84 per 60 kg), non poteva che frequentare fin da bambina campi e palestre. Pallamano, pallavolo, nuoto e infine tennis, scoperto a 8 anni dopo che il volley le era venuto nausea: «Ero più alta di tutti i miei coetanei, troppo più forte, allora ho perso gli stimoli». Con la racchetta, è stata campionessa europea Under 14 e poi regina juniores del Roland Garros, ma solo adesso, a quasi 23 anni, comincia ad avvicinare i livelli che le erano stati profetizzati. Ha sfiorato la top 20 (è stata numero 27, oggi è 30) e soprattutto ha scoperto di poter vincere anche in singolare, dopo due successi Slam in doppio con la Babos. Per la Fed Cup, non si è presa neanche un giorno di riposo al ritorno dall’Australia. La Mauresmo le chiede due punti, e poi il surplus in doppio se fosse necessario: «Sono pronta — tuona Kiki —. E pensare che due anni fa lottavamo per non finire in serie C». Ecco cos’è il favoloso mondo di Amelie

 

Quel match point del 2006 che fece piangere Amelie (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

Contro la Francia e Amelie Mauresmo era iniziata la prima storica Fed Cup vinta dalle azzurre nel 2006, e contro la Francia inizia oggi l’avventura dell’Italia nel decennale dal trionfo di Charleroi. Quell’impresa sulla terra indoor di Nancy fu ottenuta per merito di Francesca Schiavone, che nella bolgia infernale di uno stadio completamente avverso alle nostre, ebbe prima il coraggio di andare a rete per annullare un match point (sotto 6-4 5-4) alla numero 1 del mondo Amelie Mauresmo, e poi la forza per chiudere 6-4 al terzo set e finire strizzata dall’abbraccio di capitan Barazzutti. Il punto della vittoria — la prima per l’Italia sulla Francia dopo 6 sconfitte consecutive patite tra il 1970 e il 2004 — lo firmò poi Flavia Pennetta che nell’ultimo singolare spazzò viva Nathalie Dechy. RIVINCITE Da allora Italia e Francia si sono affrontate altre 3 volte: nel 2007 in semifinale a Castellaneta Marina l’Italia soffocò il desiderio di rivincita delle francesi incapaci di reggere e gestire un doppio vantaggio; fu ancora una travolgente Schiavone e prendere per mano la squadra pareggiando per due volte le sorti dell’incontro (sabato battendo in due set la Mauresmo, domenica vincendo 7-5 al terzo su Tatiana Golovin) e poi trascinando al successo Roberta Vinci nel doppio decisivo. Nel 2009 a Orleans vittoria senza storia per le azzurre (5-0): Pennetta in rimonta sulla Mauresmo, Schiavone a fatica 8-6 al terzo contro Alizée Cornet, poi facili successi in due set per Pennetta, Errani e per la coppia d’oro Errani-Vinci. L’ultima sfida invece è il doloroso epilogo di Genova del febbraio scorso: facili successi di sabato per Errani e Giorgi su Garcia e Cornet, poi il black out azzurro sancito dalla prima sconfitta in doppio per Roberta Vinci dopo 18 vittorie consecutive

 

La giovane Caregaro a lezione di Fed Cup (Stefano Semeraro, Il Corriere dello Sport)

Giovedì sera le è toccato il discorsetto alla cena ufficiale, il prezzo che devono pagare le matricole, e lei ha saldato il conto con un po’ di emozione e il solito entusiasmo. «Sono felicissima, la Fed Cup è un sogno che si avvera. Non me lo aspettavo proprio, quando me l’hanno detto avevo l’ansia a mille». Parole e gioia – espresse alla vigilia al sito web della Fit – di Martina Caregaro, la novità della squadra di Fed Cup che da oggi sfida la Francia a Marsiglia nel primo turno del Gruppo Mondiale 2016. L’addio di Flavia Permetta e la rinuncia di Roberta Vinci hanno accelerato il rinnovamento del nostro squadrone rosa. In campo andranno Sara Erravi e Camila Giorgi oggi in singolare, con il ritorno nell’eventuale doppio di spareggio di Francesca Schiavone a fianco di Sara. Martina avrà però la chance di respirare per la prima volta l’atmosfera di coppa. Del resto è su di lei e poche altre che a medio termine inizierà a gravare la responsabilità di un ricambio del nostro tennis femminile che appare problematico. LA SUA STORIA. Martina, oggi numero 257 Wta, è nata ad Aosta il 19 maggio del ’92 ma si allena da un anno a Viterbo con il maestro Gino D’Angelo, dove ha trovato anche la compagna di doppio Anna Floris in versione “tutor’, dopo una parentesi con Francesco Elia a Roma, e soprattutto dopo i tanti infortuni che hanno rischiato di spezzarle la carriera: schiena, tunnel carpale alla mano destra (con relativa operazione), polso sinistro fratturato malamente per colpa di una caduta. Un destino che l’accomuna a Karin Knapp – altra nordica trapiantata nel Lazio. Martina è una grande lavoratrice e una ragazza molto motivata – racconta Elia – Ha un buon rovescio, un dritto più costruito ma efficace. Il suo è un tennis potente, esplosivo e istintivo, le piace comandare lo scambio. Nel periodo in cui l’ho seguita era riuscita già a battere tre Top 150, a entrare fra le prime 300 (n. 268, ndr) e a giocarsela con la Goerges, che allora era 73 del mondo, al primo turno del torneo di Palermo (nel2 010, a 18 anni, il suo primo e unico match in un tabellone Wta, ndr). Senza carattere, del resto, non sarebbe riuscita a riprendersi dagli infortuni. Spero e le auguro che questa convocazione le dia ulteriore slancio». L’ultima apparizione a livello Wta risale alle qualificazioni, sempre a Palermo, disputate nel 2013. In tasca Martina ha 7 tornei Itf vinti in singolare e 8 in doppio, per diventare una risorsa ad alto livello le mancano soprattutto mobilità e continuità. «C’è stato un momento in cui ero demoralizzata – ha ammesso – Avevo pensato anche di smettere, ma la passione per il tennis alla fine mi ha sostenuta. Quest’anno l’obiettivo è tomare in tabellone nei tornei Wta, poi devo migliorare sia tecnicamente sia fisicamente». In inverno si è allenata al centro federale di Tirrenia, osservata speciale della ex azzurra e responsabile del settore Over 18 Tathiana Garbin, la presenza in Fed Cup è un’occasione importante. Da non sprecare. «Stare a contatto di giocatrici come Erravi, Schiavone, Giorgi, è fantastico. Per ora mi ero allenata solo una volta con la Schiavo, le altre le vedevo in tv. Pressione? No, loro sono un esempio, adesso sta a noi giovani seguire la strada che hanno tracciato».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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